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Sessantacinque anni dopo la sua fondazione, Israele deve ancora affrontare alcune questioni fondamentali riguardo alla sua esistenza e al suo futuro. Che cos'è Israele? Uno Stato anacronisticamente colonialista, che non è riuscito a integrare i cittadini arabi; una nazione ebraica minacciata dall'ostilità religiosa dei musulmani; un Paese moderno e democratico che vive in una condizione di guerra permanente. Israele è una realtà politica complessa e contraddittoria che si può tentare di spiegare solo ripercorrendo, senza visioni pregiudiziali, la sua storia. Ed è questo che fa Ari Shavit, seguendo l'epopea degli emigranti che, a partire dalla fine dell'Ottocento, si mossero da diverse parti dell'Europa verso la Terra Promessa. Nel suo lungo racconto, appassionante e rigoroso, si incontrano i pellegrini sionisti che nell'aprile del 1897 partono per la Giudea mossi dalla convinzione che solo nella madrepatria potranno ritrovare la loro identità e il loro Dio; il giovane agricoltore che nel 1920, piantando un aranceto, dà l'avvio al fiorente mercato degli agrumi; le famiglie palestinesi espulse dai loro villaggi nel 1948; i ferventi zeloti che negli anni Settanta danno vita al movimento dei coloni. Viaggiando attraverso il Paese, raccogliendo interviste, documenti storici, testimonianze dirette, Shavit si immerge nelle vicende della sua patria e nella tragedia che mette in pericolo la sua stessa sopravvivenza, realizzando un affresco che unisce la dimensione umana e quella storica.



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La mia terra promessa 2020-02-16 22:02:20 Marco Caggese
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Marco Caggese Opinione inserita da Marco Caggese    17 Febbraio, 2020
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L'ineluttabilità del Sionismo

Mentre io ho impiegato 3 mesi a leggere e studiare “La Mia Terra Promessa”, Ari Shavit ha investito 5 anni della sua vita nella stesura di questo libro.
Shavit, affermato giornalista Israeliano, convinto pacifista e vera voce libera nell’infinito dibattito sulla questione Mediorientale e sul conflitto Israelo-Palestinese, traccia un’appassionata ma disincantata storia della nascita del Sionismo, della fondazione dello stato d’Israele e di tutto ciò che di meraviglioso o di infinitamente tragico ne è scaturito.
Shavit è appassionato nell’esaltare il potere del sogno del popolo ebraico, la forza e la creatività con la quale è nato qualcosa di indescrivibilmente grande, ma è anche spietatamente crudele (ma obiettivo) nel condannare le colpe e gli errori commessi in Palestina.
Se da un lato si esce da questa lettura con la consapevolezza che il Sionismo non poteva che nascere in seno ad un popolo perennemente perseguitato in tutto il mondo, dall’altro non si può ignorare la “Catastrofe” caduta sul capo del popolo Palestinese.
Ari Shavit non si limita però ad osservare, non ha paura di puntare il dito sugli errori commessi dalla sua stessa patria ed avanza le ipotesi che, a suo avviso, potrebbero lentamente riavvicinare le parti.
“La Mia Terra Promessa” è uno splendido, tragico, doloroso e travolgente affresco della vicenda del più straordinario popolo del nostro pianeta.

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