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La presentazione e le recensioni di Slow Economy, saggio di Federico Rampini edito da Mondadori. "A Manhattan i primi apparvero anni fa, ma all'inizio erano solo una curiosità, una stravaganza, un esotismo per turisti. I rickshaw o risciò, le carrozzine trainate da un uomo a piedi o che pedala su una bicicletta, sono da due secoli un elemento fisso nel paesaggio urbano in Estremo Oriente, da Hanoi a Pechino. In Asia furono a lungo un simbolo di sfruttamento e oppressione. Ma a New York il loro numero cresce a vista d'occhio e non evocano certo sofferenza fisica: i guidatori di risciò americani sono giovanotti - e spesso anche ragazze - muscolosi e abbronzati. È un impiego part-time che attira gli studenti in un mercato del lavoro stremato dalla recessione. Nella bella stagione all'aria aperta stanno meglio loro dei poveri tassisti intrappolati nella lamiera. Quando iniziano le piogge e il traffico impazzisce, il conducente di risciò indossa impermeabile giallo e galosce, allarga il tettuccio di plastica, e trasforma il suo veicolo in un mezzo ancora più competitivo per chi ha fretta. Nella giungla d'asfalto il risciò supera le auto, s'infila in mezzo alle corsie, prende le scorciatoie. Emissioni di CO2: zero. Inquinamento acustico: zero, i risciò hanno un campanello da bicicletta, il rumore massimo che producono è l'ansimare del conducente che pedala. È un esempio fra tanti di "consumo frugale" che ci viene dall'Asia." Dopo la grande recessione che ha colpito il mondo intero, l'Occidente si trova a fare i conti con un modello di crescita rivelatosi fallimentare, centrato sulla corsa al consumo e sull'indebitamento, che ha precipitato i cittadini nel caos e nella paura. Ma se a vacillare è un intero modello di vita, l'Occidente può forse cogliere un'opportunità di salvezza guardando a Oriente: a Paesi tornati a essere interlocutori imprescindibili, in primo luogo Cina e India, ma non solo. È qui che entra in gioco la Slow Economy: la via a uno sviluppo diffuso e sostenibile. Volgendo sempre lo sguardo a una millenaria saggezza orientale fatta anche di risparmio e frugalità. Federico Rampini ripercorre i luoghi e le storie in cui Occidente e Oriente si sono lasciati contagiare reciprocamente, in un avvincente viaggio nella memoria e nel futuro. Un cammino intrapreso per avvicinarci a popoli e luoghi tanto remoti e allo stesso tempo un tentativo di trarre da loro qualche suggerimento che ci aiuti a trasformare l'uscita dalla crisi in una autentica rinascita. Come la preziosa lezione del Bhutan, piccolo Stato appollaiato sulle cime dell'Himalaya, che sembra aver trovato un misuratore di benessere "alternativo" rispetto al PIL, il FIL: la Felicità interna lorda.

Federico Rampini, corrispondente da Pechino della "Repubblica", ha esordito come giornalista nel 1979 scrivendo per "Rinascita". Già vicedirettore del "Sole 24 Ore" e capo della redazione milanese della "Repubblica", editorialista, inviato e corrispondente a Parigi, Bruxelles, San Francisco, ha insegnato alle università di Berkeley e Shangai. È autore di numerosi saggi, tra cui< i>Le paure dell'America (Laterza 2003), Tutti gli uomini del presidente. George W. Bush e la nuova destra americana (Carocci 2004) e San Francisco - Milano (Laterza 2004). Per Mondadori ha pubblicato Kosovo (1999, insieme a Massimo D'Alema), Il secolo cinese (2005), L'impero di Cindia (2006), L'ombra di Mao (2007), La speranza indiana (2008) e, con Carlo De Benedetti, Centomila punture di spillo (2008). Nel 2005 ha vinto il Premio Luigi Barzini per il giornalismo e il premio Saint Vincent (2006).



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Slow Economy 2010-04-17 09:05:30 Pietro
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Opinione inserita da Pietro    17 Aprile, 2010

slow economy: libro di economia o diario di viaggi

Slow Economy è un libro incoerente. Incoerente perchè da subito la copertina del libro è portavoce di contenuti che sono presenti solo marginalmente nel libro. Il ruolo principale è costituito dalle interviste che ha svolto l'autore nei paesi asiatici dove ha viaggiato, interessanti certamente, forse unico motivo per leggere questo libro, ma completamente irrilevanti al fine di sostenere l'argomentazione principale della slow economy. Argomentazione che nelle prime pagine (e solo) tratta temi economici con superficialità e approssimazione. Forse perchè è un libro divulgativo, purtroppo avendo studiato economia non sono riuscito a reggere questo miscuglio di nozioni errate e di aneddoti assolutamente irrilevanti. La slow economy non si capisce cosa sia, i consigli che possiamo trarre dall'oriente si riassumono in una pagina, e si concretizzano in ridicole prassi dettate dalla povertà in Cina. Il modello di crescita "Occidentale" che si è rilevato fallimentare altro non è che la crisi americana dettata dalla loro tendenza all'indebitamento, fenomeno NON europeo. Inoltre, ciò che si evince dalle interviste che spuntano qua e la durante la lettura, è che TUTTI i paesi asiatici di cui si parla stanno vivendo un capitalismo aggressivo che sta distruggendo l'ecosistema. Un capitalismo del secolo scorso, che si basa sulla massimizzazione dei profitti senza sottostare ad alcun vincolo ambientalistico. Sono queste le perle di saggezza che dovremmo prendere dall'Asia? Quale sarebbe quindi la slow economy?

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