Slow Economy
Saggistica
Editore
Federico Rampini, corrispondente da Pechino della "Repubblica", ha esordito come giornalista nel 1979 scrivendo per "Rinascita". Già vicedirettore del "Sole 24 Ore" e capo della redazione milanese della "Repubblica", editorialista, inviato e corrispondente a Parigi, Bruxelles, San Francisco, ha insegnato alle università di Berkeley e Shangai. È autore di numerosi saggi, tra cui< i>Le paure dell'America (Laterza 2003), Tutti gli uomini del presidente. George W. Bush e la nuova destra americana (Carocci 2004) e San Francisco - Milano (Laterza 2004). Per Mondadori ha pubblicato Kosovo (1999, insieme a Massimo D'Alema), Il secolo cinese (2005), L'impero di Cindia (2006), L'ombra di Mao (2007), La speranza indiana (2008) e, con Carlo De Benedetti, Centomila punture di spillo (2008). Nel 2005 ha vinto il Premio Luigi Barzini per il giornalismo e il premio Saint Vincent (2006).
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slow economy: libro di economia o diario di viaggi
Slow Economy è un libro incoerente. Incoerente perchè da subito la copertina del libro è portavoce di contenuti che sono presenti solo marginalmente nel libro. Il ruolo principale è costituito dalle interviste che ha svolto l'autore nei paesi asiatici dove ha viaggiato, interessanti certamente, forse unico motivo per leggere questo libro, ma completamente irrilevanti al fine di sostenere l'argomentazione principale della slow economy. Argomentazione che nelle prime pagine (e solo) tratta temi economici con superficialità e approssimazione. Forse perchè è un libro divulgativo, purtroppo avendo studiato economia non sono riuscito a reggere questo miscuglio di nozioni errate e di aneddoti assolutamente irrilevanti. La slow economy non si capisce cosa sia, i consigli che possiamo trarre dall'oriente si riassumono in una pagina, e si concretizzano in ridicole prassi dettate dalla povertà in Cina. Il modello di crescita "Occidentale" che si è rilevato fallimentare altro non è che la crisi americana dettata dalla loro tendenza all'indebitamento, fenomeno NON europeo. Inoltre, ciò che si evince dalle interviste che spuntano qua e la durante la lettura, è che TUTTI i paesi asiatici di cui si parla stanno vivendo un capitalismo aggressivo che sta distruggendo l'ecosistema. Un capitalismo del secolo scorso, che si basa sulla massimizzazione dei profitti senza sottostare ad alcun vincolo ambientalistico. Sono queste le perle di saggezza che dovremmo prendere dall'Asia? Quale sarebbe quindi la slow economy?