Pachidermi e pappagalli
Saggistica
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LA VERITÀ' FA MALE, MA ANCHE LE BUFALE
Un economista che cita un cantante: e già questa è una notizia. L'economista è Carlo Cottarelli, noto per aver presieduto la commissione per la revisione della spesa e per essere stato presidente del consiglio in pectore prima dell'accordo tra lega e 5 stelle. Indimenticabile il suo trolley in entrata e in uscita dal Quirinale e l’umile mitezza con cui passò la mano. Il cantante è Francesco Gabbani, con la sua "Pachidermi e pappagalli". Ma chi sono i pachidermi, chi i pappagalli? Sono rispettivamente coloro che conservano memoria storica e quelli che invece ripetono acriticamente slogan, frasi fatte, luoghi comuni e bufale. Solo che in questo saggio le fake news non sono il falso allunaggio degli americani, i marziani ritenuti i veri artefici delle piramidi o Elvis e Marilyn che, ancora vivi e vegeti, si sarebbero aperti un bar alle Hawaii, bensì la sfera economica. Sono perciò di minor impatto emotivo, ma certo di maggiore incidenza e interesse reale.
Ed eccoli i draghi di certo immaginario economico, affrontati con la logica stringente dei numeri, dei dati statistici e dei fatti, che, come si sa, “hanno la testa dura” ed ai quali è per questo difficile sottrarsi. Il cambio lira-euro fissato in una misura a noi sfavorevole? I "reprobi" che l’avrebbero contrattato e consentito? Il mandato troppo ristretto e inefficace alla Bce? L’Europa prona ai voleri di Francia e Germania? Le banche salvate per fare un favore ai banchieri da parte di una classe politica corrotta? I danni procurati dall'austerità e segnatamente dal governo Monti? Tutto questo armamentario di convinzioni che girano in rete, che sono la sostanza di tanti post, che pullulano nei talk politici, viene pezzo dopo pezzo smontato, salvo riconoscere, con onestà intellettuale, cosa ci sia di vero in queste “balle” e, ad esempio, quale fondamento reale abbia il malcontento nei confronti dell’Europa, cosa ci sia da cambiare per riavvicinarla alle aspirazioni e ai bisogni dei popoli che vi appartengono.
Cottarelli riconosce la parzialità manifestata dall'Unione nei confronti di Francia e Germania, allorquando nel 2003 violarono il tetto del 3% di deficit senza essere sanzionate; l’eccessivo avanzo commerciale della Germania; la scarsa volontà dei paesi membri di far prevalere l’interesse comune su quello nazionale; la conseguente debolezza dell’Europa nel mondo globalizzato, dominato da Usa e Cina; le limitate dimensioni del bilancio europeo; la mancanza di un vero sentimento europeo, che sottende tutto il resto.
Ma anche quando sembra tener conto non delle bufale, ma delle argomentazioni vere che le alimentano, l’autore insiste su quello che per lui è il vero nodo della questione, che non è l’Europa, ma il modo in cui noi italiani ci stiamo dentro e, segnatamente, la mancata soluzione dei nostri problemi strutturali. Primo fra tutti, il macigno che grava su di noi: quel debito pubblico che continua a crescere senza segnali di una inversione di tendenza. Ma non manca il riferimento agli altri gravi handicap del nostro paese, quali il peso eccessivo della burocrazia, i tempi troppo dilatati della giustizia civile che scoraggiano gli imprenditori, le tasse troppo elevate, la conseguente scarsa competitività delle nostre imprese.
C’è, nella ormai nutrita produzione saggistica di Cottarelli, l’eco delle “prediche inutili” di Luigi Einaudi o delle critiche di Ugo La Malfa alle cicale del suo tempo politico, antenate di quelle, ben più rumorose, che sarebbero subentrate in seguito. E, analogamente, si avverte il fastidio per l’approccio superficiale e la mancanza di competenze e di conoscenze con cui molti affrontano i temi economici. Un’analisi dei fatti, quella contenuta nel saggio, che contesta ogni cedimento demagogico e va dritto al cuore della verità, anche quando può apparire –ed è- sgradevole. Per questo, oltre a Gabbani, nel novero delle citazioni cottarelliane si ritaglia un suo spazio, nell'epigrafe all'introduzione, anche Caterina Caselli: “La verità mi fa male, lo so. La verità mi fa male, lo sai”.
Dopo “La lista della spesa”, legato all'esperienza della spending review, “Il macigno”, dedicato al debito pubblico, “I sette peccati dell’economia italiana”, volto ad individuare i principali freni alla produttività e allo sviluppo del nostro paese, “Pachidermi e pappagalli” sembra chiudere il cerchio e consegnare all'opinione pubblica (e all'elettorato) una linea di frontiera netta e precisa tra sovranismo populistico e riformismo lib-dem, tra antieuropeismo ed europeismo convinto, anche se non privo di spunti critici e mai dogmatico o saccente.
Questo è alla radice della chiarezza espositiva del testo. Cottarelli vuole farsi capire e raggiungere un numero elevato di destinatari, anche se a volte la specificità dei temi affrontati lo costringe ad un linguaggio più tecnico, che rischia di creare qualche problema ai meno agguerriti e attrezzati tra i lettori.
Ma nel complesso la lettura di questa sua ultima fatica è scorrevole, le difficoltà mai insormontabili. Sono utili a tal fine le osservazioni ironiche, il tono cordiale dell’esposizione, l’atteggiamento mai pedante e…”pachidermico”. Così, ad esempio, tra dati, numeri e problemi, fa capolino la figura di Pinocchio, dedicatario del saggio, che non diceva meno bugie degli odierni propalatori di bufale, ma almeno, a sua scusante, "era fatto di legno".
E tocca ancora a Gabbani fornire un’interpretazione più generale dello stato di malessere che sembra vivere la realtà dei fatti in questo tempo di post-verità:
“E a questa nostra nuova religione
Un giorno proveremo a dargli un nome
A questo immenso canto a luci spente
Dove tutto è eterno e dura poco più di niente”.
I diritti d'autore del libro verranno devoluti alla Fondazione Telethon. Anche questo andava segnalato.
Indicazioni utili
" " Il macigno, Feltrinelli
" " I sette peccati capitali dell'economia italiana, Feltrinelli