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Storia della bruttezza Storia della bruttezza

Storia della bruttezza

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Apparentemente bellezza e bruttezza sono concetti che si implicano l'uno con l'altro, e di solito s'intende la bruttezza come l'opposto della bellezza, tanto che basterebbe definire la prima per sapere cosa sia l'altra. Ma le varie manifestazioni del brutto attraverso i secoli sono più ricche e imprevedibili di quanto comunemente si pensi. Ed ecco che sia i brani antologici che le straordinarie illustrazioni di questo libro ci fanno percorrere un itinerario sorprendente tra incubi, terrori e amori di quasi tremila anni, dove gli atti di ripulsa vanno di pari passo con toccanti moti di compassione, e al rifiuto della deformità si accompagnano estasi decadenti per le più seducenti violazioni di ogni canone classico.



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Storia della bruttezza 2015-06-30 21:01:22 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    30 Giugno, 2015
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Il fascino del brutto

Con “Storia della Bruttezza” si conclude il ciclo iniziato con “Storia della Bellezza”.
La Bruttezza è un argomento molto interessante, che spesso viene solo considerata come l’antitesi della Bellezza, ma in realtà dietro c’è molto di più.

Eco (con la sua solita maestria) è un narratore eccezionale, che non stanca, ma anzi che ti incuriosisce e ti porta ad approfondire ulteriormente l’argomento (ho annotato vari titoli presi da lui come riferimenti). Anche perché non si limita solo ad “un’arte”, ma ne fa interagire più di una.
Letteratura, arte, fotografia e cinema ci raccontano come il brutto è cambiato nei secoli, dal mondo classico fino ai giorni nostri.

Una Bruttezza che cambia in continuazione, mutevole, che viene influenzata dalla società, dai tempi, dalla cultura e che in ognuno di noi, scatena qualcosa di difficilmente spiegabile. Quello che era brutto ieri può diventare il bello di domani.

Quello che è sicuro, è che ci colpisce dal punto di vista psicologico:

“ciò che è triste, terribile, perfino orrendo ci attira con un fascino irresistibile e che da “scene di dolore e di terrore noi ci sentiamo respinti e con pari forza riattratti”, per cui divoriamo con avidità vicende di spettri capaci di farci rizzare i capelli.”

“Per esempio nelle arti delle memoria, sin dall’antichità, per poter ricordare parole e concetti, si consigliava di associarle a diverse stanza di un palazzo o a diversi luoghi di una città dove apparivano statue orripilanti, difficili da dimenticare.”

Con una carrellata di immagini e di riferimenti bibliografici, il concetto di Bruttezza assume contorni più delineati. Anche questo volume, come l’altro, si presenta come una piccola enciclopedia. Il linguaggio è molto ricercato, curato e colto, non semplicissimo ma fattibile anche per chi non è esperto o appassionato di arte.

Rispetto all’altro, alcune immagini sono molto forti e “dure” da digerire, ma basta voltare pagina velocemente che il resto merita tutto.

Anch’io ho ceduto al fascino del brutto, fin dagli studi delle scuole medie, durante le lezioni di mitologia, quelli che mi ricordavo meglio e che mi affascinavano di più era i mostri (medusa, minotauro, arpie e centauri) che ricordo tuttora.

Una piccola chicca, una pagina del volume è completamente dedicata a: per loro erano brutti (pag 393). Vi lascio qualche curiosità di questa stupenda pagina:

“Quel ragazzo non ha il minimo talento (Manet a Monet su Renoir)”;

“Non sa recitare, non sa cantare ed è calvo. Se la cava un po’ con la danza (dirigente della Metro dopo un provino di Fred Astaire, 1928)”

“Moby Dick è un libro triste, squallido, piatto, addirittura ridicolo..Quel capitano pazzo, poi, è di una noi mortale (The Southern Quarterly Review, 1851)”

C’è speranza per tutti allora..

Lo consiglio, è una lettura che arricchisce.

Buona lettura!

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