Mimmo Rotella e la Galerie J
Saggistica
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Anni parigini
Due brevi saggi illustrano i rapporti esistenti, nella prima metà degli anni ’60, fra Mimmo Rotella e i coniugi Restany, titolari della celebre Galerie J, nella quale l’artista calabrese espose in più occasioni.
“Rotella conferisce alle affiches cinematografiche un valore quasi ossessivo, i personaggi perdono l’aura di divinità per diventare più reali del mito che rappresentano. La brillante patina di perfezione viene lacerata dall’artista per far emergere, attraverso la dinamicità dello strappo, una realtà d’immagini e di visioni che oltrepassa abitudini e convenzioni percettive ormai fissate.”
Un volume che vuol essere un atto d’ossequio dovuto ad un grande artista visivo ed un omaggio ad una piccola, ma assai rilevante galleria d’arte parigina e ai suoi due fondatori. Il saggio - pubblicato in italiano ed in francese - s’intitola Mimmo Rotella e la Galerie J, ed è stato redatto da Alice Berton e Raffaella Perna con un duplice scopo: da un lato ricostruire storicamente un’epoca vitale per la storia dell’arte contemporanea, il periodo che va dal 1961 (anno di nascita della Galleria J) al 1967 (quello della sua definitiva chiusura) e dall’altro rievocare un periodo rimarchevole per Mimmo Rotella (1918-2006), proprio grazie alle continue sollecitazioni intellettuali, ma anche tangibili, del critico d’arte Pierre Restany e della sua compagna Jeannine de Goldschmidt.
Il libro si compone pertanto di due brevi quanto interessanti saggi. Il primo, steso dalla Perna, affronta il tema Pierre Restany, Mimmo Rotella e la Galerie J, nel quale viene descritto il clima artistico/ideologico degli anni ’50 e ’60, mettendo a confronto le tematiche dell’Espressionismo astratto americano - affrontate con slancio dal suo più acuto interprete, Clement Grenberg, e condensate nella formula spirituale “autonomia, autodefinizione e purezza dell’arte” -, con quelle più materiali di numerosi gruppi che si confrontavano con la realtà quotidiana, impiegando prevalentemente oggetti di uso comune e di origine massmediatica, che vengono poi montati, assemblati e/o incollati su varie superfici, riallacciandosi così ai collage e ai cosiddetti Ready-made. Lo stesso tipo di ricerche affrontate allora da Rotella attraverso l’iniziale tecnica del décollage (1953-54), lo strappo cioè dai muri di alcuni cartelloni pubblicitari, che poi l’artista incolla su un diverso supporto, sperimentazioni estetiche messe in mostra principalmente a Roma, dove risiede, poi esposte negli anni successivi, nel continuo perfezionamento della propria tecnica, in numerose città europee. Fino al punto di destare l’interesse critico di Pierre Restany, il quale negli stessi anni mette assieme un gruppo ristretto di artisti internazionali, e che nel 1960 conierà la fortunata espressione Nouveau Réalisme nell’apposito manifesto, mantenendo così la tradizione delle prime avanguardie artistiche. Al fine di sostenere le sue idee, il critico parigino propaga il “verbo” del gruppo in Francia, ma soprattutto all’estero, ed in particolare in due città allora all’avanguardia: New York e Milano. Proprio nella metropoli meneghina, presso la Galleria Apollinaire di Guido Le Noci, Restany dà vita, nel maggio del 1960, alla prima collettiva dei Nouveaux Réalistes. Nella stessa Galleria, nel 1963 Rotella presenta la sua esposizione Dal décollage alla nuova immagine, a seguito della quale il critico francese elabora la prima monografia dell’artista. Rotella fa parte ormai da tempo del gruppo di Pierre Restany, che nel 1961, assieme alla moglie, fonda la Galleria J, in omaggio all’iniziale della sua compagna. Inaugura il nuovo spazio espositivo, il 17 maggio dello stesso anno, una “collettiva” intenzionalmente intitolata A 40° au dessus de Dada, a cui partecipa anche Rotella con le sue ultime opere. Questa mostra è importante poiché rappresenta la prima di una serie di “collettive” e “personali” di Rotella in questa Galleria, e con essa il teorico francese vuol di fatto superare il Dadaismo, e lo dichiara presentando il secondo manifesto del gruppo, proprio durante il Vernissage.
Con questa storica esposizione si apre l’importante saggio di Alice Berton, Mimmo Rotella e la Galerie J, che si occupa più specificamente dei rapporti che intercorrono tra Restany, Jeannine de Goldschmidt e Rotella, basati principalmente sulle rassegne di quest’ultimo presso la stessa Galleria. L’autrice, per ricreare il clima del rinomato spazio espositivo, si è basata principalmente sulla documentazione conservata presso l’archivio della “Fondazione Mimmo Rotella”, ed in particolare sulle fotografie relative alle singole opere esposte nelle varie mostre e contrassegnate dal timbro della galleria parigina, oltre che sui relativi cataloghi e articoli critici pubblicati su diverse riviste dell’epoca. La Berton riparte dalla fin troppo storicizzata quanto discussa esposizione A 40° au dessus de Dada, la prima a cui partecipa anche Rotella. Ma è l’anno successivo a catalizzare l’attenzione del pubblico e della critica nei confronti dell’artista italiano. Infatti tra il febbraio e il marzo del ’62 si inaugura la sua prima “personale” proprio presso questo spazio espositivo con la rassegna Cinecittà, un titolo emblematico che palesa l’interesse di Rotella per i cartelloni cinematografici che circolano in quegli anni a Roma. La mostra presenta una cernita dei manifesti selezionati e furtivamente strappati, che in seguito il maestro lacera e ricompone magistralmente per rivelarne il potenziale visivo. Nella Galleria, assieme a questi décollage, Rotella espone Petit monument à Rotella, una semplice lattina d’olio motore recante la scritta originaria “Rotella T Oil”, “collocata su un piccolo piedestallo e immessa nel sistema artistico secondo l’azione di ricontestualizzazione dell’oggetto comune del ready made duchampiano. Giocando con il proprio nome, l’artista ‘rotellizza’ gli objets trouvés, in un processo di autopromozione” e, oseremmo aggiungere, di autoironia, se non proprio di narcisismo. La mostra è un successo sia di critica che di pubblico. L’anno seguente Rotella inizia a studiare una nuova tipologia artistica basata sul riporto fotografico su tela emulsionata. Un lungo procedimento tecnico che consiste nella scelta delle immagini da fotografare, i cui negativi vengono poi proiettati su una tela resa sensibile all’impressione fotografica. Nel settembre del ’63 l’artista mostra al critico parigino questi primi risultati che battezza reportages, esposti in seguito in varie sedi l’anno successivo. In quel periodo Rotella riflette sull’allestimento della propria sala alla Biennale di Venezia del ’64, ma in seguito al suo improvviso arresto per possesso di droga e di materiale pornografico, deve affidare tale progetto a Restany e ai galleristi Plinio de Martiis e Gian Tomaso Liverani. Mentre il critico francese vorrebbe fargli esporre i suoi ultimi reportages, i due curatori italiani gli consigliano di presentare più prudentemente una serie di tredici décollages per non creare antagonismi con le serigrafie di Andy Warhol, da poco in mostra a Parigi. Pierre Restany e Jeannine de Goldschmidt si dimostrano invece assai interessati a questa nuova tecnica, che viene presentata nell’aprile del ’65 alla Galerie J, in occasione della personale di Rotella intitolata Vatican IV. L’artefice espone immagini relative a soggetti religiosi e particolare attenzione è rivolta al Concilio Vaticano II. Numerose sono le riproduzioni su tela emulsionata relative ai funerali di Giovanni XXIII e al suo successore Paolo VI. Vatican IV sanziona di fatto il passaggio dal cartellone (mai abbandonato totalmente) alla fotografia, dalla selezione del soggetto, ripreso soprattutto da varie riviste, fino alla sua definitiva impressione.
Questa esposizione non ottiene il successo ricercato presso il pubblico, che non riesce a comprendere la nuova tecnica. Al contrario, è molto apprezzata dai critici, schiudendo di fatto il successivo affermarsi della Mec Art. Nel maggio del ’65 la Galerie J ospita una piccola selezione delle opere di Rotella esposte alla Biennale, un doveroso riconoscimento all’artista che non ha potuto parteciparvi di persona. L’ottobre del ’65 vede per l’ultima volta Rotella in una “collettiva” denominata Hommage à Nicéphore Niépce, curata ancora da Restany, che stila per l’occasione il Manifesto della Mec Art, a cui aderiscono numerosi artisti, tra i quali Gianni Bertini. Rotella ricopre per l’occasione un ruolo di rilievo grazie ai suoi ultimi reportage, che vedono riprodotte sulle tele emulsionate alcune immagini relative all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. E’ questo il canto del cigno dell’artista, per lo meno per quanto riguarda la sua collaborazione con la Galerie J, la quale per mancanza di fondi è costretta a chiudere temporaneamente i battenti.
Un saggio, quello composto e ideato da Alice Berton e Raffaella Perna, breve nel numero di pagine, ma ricco di informazioni e di documentazioni sullo stretto connubio che ha legato le esistenze di Restany e della sua compagna Jeannine a Mimmo Rotella, soprattutto in rapporto con la Galerie J, vera fucina d’avanguardia degli anni ’60.