Saggistica Arte e Spettacolo Erano tutti miei figli
 

Erano tutti miei figli Erano tutti miei figli

Erano tutti miei figli

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Erano tutti miei figli fu iniziato diversi anni dopo che il Group Theater aveva cessato di esistere, ma oggi posso dire che si trattò di un'opera destinata a un teatro dell'avvenire. Mi rendo conto di quanto sia vaga quest'espressione, ma non riesco troppo bene a definire ciò che intendo. Forse significa un teatro, un'opera destinata a diventar parte della vita dei suoi spettatori - un'opera seriamente destinata alla gente comune, e importante sia per la sua vita domestica che per il suo lavoro quotidiano - e insieme un'esperienza che allarga la sua consapevolezza dei legami che si collegano al passato e all'avvenire, e che si celano nella 'vita'.



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Erano tutti miei figli 2020-02-11 12:39:07 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    11 Febbraio, 2020
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UN TEATRO CIVILE

Arthur Miller sembra tornato di moda negli ultimi anni (penso ad esempio al recente film di Asghar Farhadi, “Il cliente”, ispirato niente meno che a “Morte di un commesso viaggiatore”), e rileggerlo è a mio avviso quanto mai opportuno e necessario, dal momento che le problematiche etiche del vivere civile e dell’agire politico ed economico, che sono al centro di tutta l’opera del drammaturgo americano, sono di scottante attualità. Pur non essendo il suo testo più popolare, “Erano tutti miei figli”, datato 1947, è ormai diventato un classico del teatro moderno, costruito com’è in maniera tesa e avvincente, senza cadute di ritmo e con una progressione drammaturgica esemplare. Il didascalismo tipico di Miller è ben presente nella tesi che l’uomo ha una responsabilità collettiva che non può ignorare e che va ben al di là del suo angusto ed egoistico interesse individuale e di quello della sua famiglia; ma tale didascalismo non è mai una palla al piede per la commedia, al contrario si incarna in personaggi estremamente autentici e credibili, oltreché ammantati di una notevole ambiguità psicologica, che l'arrivo di un nuovo personaggio nel secondo atto e il colpo di scena della lettera nel terzo fa deflagrare con esiti tragici. Per esempio, il commovente personaggio della madre di Larry, che attende con stolida e testarda ostinazione il ritorno del figlio dato per disperso tre anni prima in guerra, è in realtà connivente con il segreto delitto del marito (che ha venduto all’aeronautica militare pezzi di ricambio difettosi causando la morte di ventuno giovani piloti), e la sua assurda sicurezza materna è in realtà un modo implicito per assolverlo (“perché Dio non può permettere che un padre uccida suo figlio”). Lo stesso padre è convinto in cuor suo di essersi comportato in maniera naturale e non censurabile (e la comunità che lo riaccoglie nel suo seno dopo il processo sembra dargli ragione), dal momento che suo figlio non volava sugli aerei che utilizzavano i pezzi difettosi usciti dalla sua fabbrica, e solo la scoperta che Larry si è suicidato, sconvolto dal delitto del padre, lo richiama alle proprie responsabilità. Perfino Chris, l’idealista fratello di Larry, non è esente da colpe morali, giacché la sua fiducia nell’innocenza paterna può essere in realtà vista come incapacità di voler vedere al di là della superficie del perbenismo borghese del genitore. La responsabilità dell’uomo per il suo prossimo è quindi il messaggio etico di Miller, che si conferma autore di profondissimo impegno civile. Se le vecchie generazioni sono in gran parte compromesse, spetta ai giovani (soprattutto Chris, che è il vero protagonista, amleticamente incerto su dove stia la verità ma ancora in possesso di valori autentici in cui credere, oltre alla ex fidanzata di Larry, ora promessa sposa di Chris, e a suo fratello George) cambiare mentalità e affrontare il futuro con spirito rinnovato, anche a costo di andar contro ai propri interessi materiali e di sconvolgere i consolidati equilibri familiari.

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