Donna Rosita nubile
Saggistica
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ROSITA MUTABILIS
A volte la vita realizza casualmente (casualmente?) delle coincidenze sorprendenti. A poche ore di distanza ho avuto infatti modo di assistere al film “Vincere” di Marco Bellocchio e alla commedia teatrale “Donna Rosita nubile” di Federico Garcia Lorca: due storie che, al di là dello spirito diverso (quasi espressionista, e di grande impegno politico e civile il primo, cechoviano, musicale e poetico il secondo), hanno in comune due figure di donna che, per rimanere fedeli al loro amore giovanile, sprecano entrambe la loro esistenza in attese estenuanti e illusioni destinate a rimanere irrealizzate. Se “Vincere” ha un deuteragonista maschile, il Duce, di titanica, seppur negativa, grandezza, “Donna Rosita nubile” è invece un’opera intimamente femminile: lo è perché i personaggi maschili (il cugino, lo zio, il maestro) sono figure meschine o imbelli o mediocri, mentre quelli femminili risaltano di molteplici sfaccettature drammatiche, ma lo è anche, e soprattutto, perché allarga il suo discorso poetico ben al di là della sua protagonista, per parlare della condizione della donna in un mondo fallocratico che la espone alle umiliazioni e sofferenze di una posizione sociale che è sempre subordinata all’essere moglie, madre o figlia di un uomo. Donna Rosita è una eroina emblematica di questa condizione, fin dalla simbolica similitudine con la “rosa mutabilis” che lo zio coltiva con maniacale passione, ed il cui colore passa da uno sgargiante rosso fuoco a un pallido bianco serale, fino a perdere i petali al sopraggiungere della notte. Il testo suggerisce che Rosita, apparentemente ignara dell’inganno del suo fidanzato e fiduciosamente in attesa del realizzarsi della promessa di matrimonio fattale in gioventù dal cugino, sia in realtà consapevole dell’inutilità delle sue speranze. Buttare via la propria giovinezza, sprecare la propria vita diventa allora l’unico atto di ribellione possibile per rimarcare la superiorità morale di un essere che non ha alcuna voce in capitolo, al di fuori di un matrimonio “onorevole”, per far valere i propri diritti, pur consapevole che la sua inesorabile trasformazione da “manola” a “zitella” la espone al ludibrio o alla pietà di chi la circonda. Insieme alle donne (memorabile il terzetto composto da Rosita, dalla zia e dalla governante), il protagonista è, come si può intuire, il tempo. Il trascorrere degli anni, che Garcia Lorca rende con ellittica eleganza, è il più ostinato avversario di Rosita, la quale ad un certo punto smette di uscire di casa per evitare di vedere, nel cambiamento delle persone intorno a lei, lo sgretolarsi crudele delle sue speranze. Eppure, nonostante l’innegabile tristezza dell’opera (accomunabile a quella di altri capolavori del teatro, come “Il giardino dei ciliegi”, “Zio Vanja” e “Tre sorelle” di Cechov, e “Zoo di vetro” di Tennessee Williams), “Donna Rosita nubile” è anche una commedia piena di brio, di musica, di danze e persino di notazioni umoristiche (ad esempio, la scena della visita delle zitelle, con quei ventagli che ossessivamente si aprono e si chiudono a mascherare disagi e imbarazzi), che diverte e commuove allo stesso tempo.