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Cantastorie della rivoluzione Cantastorie della rivoluzione

Cantastorie della rivoluzione

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Questo saggio vuole essere un omaggio a tre voci libere che il caso ha fatto incontrare nel turbinio degli eventi tragici del "secolo più terribile della storia occidentale" (Isaiah Berlin). Non ha la pretesa di arricchire di nuovi elementi vicende già appassionatamente narrate da altri (a cominciare da Joyce Lussu per finire con Barbara La Rosa), ma divulgarli in un esercizio di memoria. Il suo fine è principalmente quello di denunciare il silenzio critico calato in Italia su Nâzim Hikmet, già anticipato anni fa dalla Lussu, nonostante il favore continuo dei lettori, che con straordinaria assiduità acquistano le tante ristampe delle sue liriche d'amore. Ma Hikmet non è l'Ovidio dell'Ars amatoria, né il Catullo di Lesbia, e nemmeno un imitatore del d'Annunzio alcionico se mai lo ha letto.



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Cantastorie della rivoluzione 2008-04-28 05:36:10 ADA
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Opinione inserita da ADA    28 Aprile, 2008

Ha ragione l'autore

Non sono in accordo con la recensione di Montagnoli per quanto riguarda le motivazioni del "silenzio" su Hikmet. Credo abbia proprio ragione l'autore: non esiste nessun libro di critica poetica che parli anche solo delle poesie d'amore che sono un long-seller universale, figuriamoci quindi di quelle rivoluzionarie (adatte al contesto e all'epoca!) che sono state tradotte in piccolissima parte. Persino nei libri di storia letteraria della Turchia o nelle antologie dei più grandi poeti del '900 Hikmet letteralmente NON ESISTE. Se non è censura questa...

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LE SUE POCHE POESIE TRADOTTE
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Cantastorie della rivoluzione 2008-04-12 21:07:27 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    12 Aprile, 2008
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L'altra poesia di Hikmet

Nazim Hikmet è un poeta indubbiamente conosciuto in occidente per le sue stupende liriche d’amore, che ancor oggi mostrano una freschezza e una vitalità veramente sorprendenti.

Quello che meno si conosce di questo grande autore turco è il suo impegno rivoluzionario e la sua arte poetica connessa.

Ha provveduto alla bisogna Giacomo D’Angelo con un breve saggio (64 pagine) intitolato Cantastorie della rivoluzione, con il preciso fine di denunciare il silenzio critico calato in Italia su questo grande artista.

Ha così scritto una biografia dettagliata sulla sua vita avventurosa, sulla sua passione politica che lo costringerà all’esilio nella Russia sovietica, dove morirà per un attacco cardiaco.

In questa sorta di rivisitazione viene evidenziato il carattere politico dell’altra sua poesia, tanto per intenderci quella che da noi è meno nota.

La vicenda storica di Hikmet viene poi collegata a quelle di altri due poeti che ebbero rapporti con lui in qualità di traduttori e che stranamente sembrano essere caduti nell’oblio, Joyce Lussu e Velso Mucci.

E’ una lettura agevole, anche se devo dire che D’Angelo ha calcato un po’ troppo la mano sullo spirito rivoluzionario, quasi a sostenere la tesi che la trascuratezza dei critici e degli editori per la poesia di Hikmet debba dipendere esclusivamente dal suo credo marxista e dalla sua indole sovversiva, circostanza di cui francamente dubito; infatti, non si spiegherebbe allora perché continuino a essere pubblicate le sue splendide liriche d’amore.

D’altra parte il compito dei critici è quello di approfondire quei lavori del passato che abbiano ancora una valenza e francamente quelle poche poesie di impegno politico e rivoluzionario che ho avuto l’opportunità di leggere mi sono sembrate anacronistiche, perfino anomale come forma di protesta, del tutto superate dai tempi e dagli eventi.

Al contrario le sue liriche d’amore restano tuttora valide, vitali, riescono ancora a incantare e a stupire.

Nel complesso, comunque, il saggio ha il particolare pregio di svelarci aspetti della vita e dell’arte di Hikmet senz’altro poco noti e pertanto rappresenta un utile elemento di integrazione cognitiva per chiunque si appresti a esaminare con spirito critico la sua opera poetica.

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