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Opinione inserita da Francesco    04 Aprile, 2008

vuoi star zitta....

Carver è Carver. Ed è indefinibile diversamente. Carver è uno spaccato disarmante di logica terrena, di equilibri instabili, di una mentalità esasperata, dalla normalità della vita. Ho scoperto Carver qualche anno fa, pubblicizzato fino alla nausea da un'amico. Provai a leggerlo, e me ne innamorai. Questo libro fece conoscere Carver al mondo intero. Ed è l'ultimo che ho letto. Ma Carver, tutto d'un fiato, può diventare pesante. E' ottimo a piccoli sorsi, perchè altrimenti rischi di ubriacarti, rischi di tagliarti con quell'ironia pungente, quell'essere cinici fino all'estremo, perchè ogni sorso è uno spiraglio di vita altrui. A me piace così, nelle sue descrizioni metropolitane, nella sua quotidianità che forse non ci appartiene come mentalita, nella sua innata e latente malinconia, nella descrizione, di un'umanità che fatica a vivere.

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da rileggere...oppure per cominciare a leggere Carver...
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Opinione inserita da sal    03 Aprile, 2008

da leggere

andate in libreria, cacciate la grana e leggetevi questo libro. ne vale la pena

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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    03 Aprile, 2008
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In armonia con la natura

Mario Rigoni Stern, classe 1921, è un uomo che scrive da sempre quel che ha vissuto, senza quindi inventarsi storie, ma cogliendo con rara abilità ogni sfumatura dell’esistenza, in una simbiosi perfetta con il mondo in cui vive.

Ne è un’ulteriore riprova questo volume, che parla di stagioni, sempre uguali nel loro avvicendarsi e pure sempre così diverse.

Ma non si tratta solo dei periodi dell’anno, bensì anche di quelli di una vita e in questi riemergono i ricordi dei predecessori che già vissero quelle stagioni.

Mario Rigoni Stern ci offre un’opera di sublime bellezza, frutto di esperienza di vita, di profondo rispetto e amore per la natura.

Le sue parole scendono sulla carta svolazzando come fiocchi di neve, le osservazioni, le memorie si accavallano, dando luogo a una narrazione in apparenza discontinua, ma che finisce con l’avvincere in modo inequivocabile. Arrivato alla fine, all’ultima pagina, è stata tanta la commozione che mi sono accorto di piangere, un gesto liberatorio per la gioia incontenibile che mi ha preso e che ora si è mitigata in una rilassante serenità.

Rigoni Stern comincia con l’inverno (Sono nato alle soglie dell’inverno, in montagna, e la neve ha accompagnato la mia vita) e la neve è lo sfondo di scenari che si avvicendano, fra il presente del bosco e il passato della drammatica campagna di Russia, emblemi della natura e della violenza dell’uomo.

Gli eventi del tempo trascorso sono giustamente mediati, quasi un intermezzo del presente, invece vivo, vitale, emergente dalle pagine con il profumo dell’aria, i richiami degli animali, lo scenario che prende corpo e che idealmente sembra che compaia di fronte agli occhi.

Ecco, questa capacità di trasmettere, di dare vita a immagini che toccano tutti i sensi è semplicemente sbalorditiva e suscita un’emozione che cresce pagina dopo pagina.

Dopo l’inverno viene la primavera ( Sensi e fantasia ti aiutano a scoprire la primavera del bosco, che è misteriosa, segreta, viva), con l’odore fresco dell’erba bagnata, con i trilli delle allodole, con il risveglio di tutta la natura, ma anche con il percorso nel bosco dello scampato al lager tedesco, l’inizio esaltante della ritrovata libertà; i ricordi in una stagione viva sono più numerosi e così si passa da una visita a Versailles durante il crepuscolo alla figura del nonno adorato, che fumava i sigari Virginia e che ora riposa con i suoi vecchi compagni “nati sotto Francesco Giuseppe e morti sotto Vittorio Emanuele”.

L’estate ha le sue caratteristiche (L’estate in montagna è sempre breve; anche la notte estiva è breve a rinfrescare l’aria; la luna calante e il crepuscolo dell’alba, con le due diverse tonalità, creano una luce sparsa sulle cime e nell’alta valle, ma dentro il bosco la notte ancora non si dissolve.), con le femmine del cervo che si appartano per dare alla luce i piccoli e con il taglio rituale del bosco, ma anche con memorie più estive, come la storia di Nello del Dosso o le vacanze nel Salento, o in Croazia.

E infine arriva l’autunno (Le foglie degli aceri montani hanno preso la luce dall’ambra e la brezza del mattino le stacca dai rami, adagiandole al suolo).

Il sottobosco è rigoglioso ed è la stagione buona per la caccia, magari per una battuta a Naturno, quasi un rito di origini antiche; ma è anche un’ultima stagione, con il toccante episodio dello zio Arrigo che, ormai molto anziano, si trascina faticosamente sull’altipiano a rivedere i luoghi dove ha combattuto durante la prima guerra mondiale, a rievocare e a risentire l’incombenza della morte, quasi il tentativo di esorcizzarla ora che per lui la vita volge al termine.

A questa stagione si accompagna una dolce malinconia e il libro si chiude, così com’era iniziato, con le avvisaglie di neve, un perpetuarsi di stagioni, di nascite e di morti, un infinito ciclo vitale.

Leggere questo libro è come scrutare dentro l’anima dell’autore, riscoprire con lui i valori di un’esistenza semplice, in perfetta sintonia con la natura.

Non c’è una pagina che sia inferiore all’altra e tutto è in perfetto equilibrio, come la vita di un uomo che è in pace con tutto e con se stesso.

E’ superfluo che aggiunga che raccomando vivamente la lettura di questo autentico capolavoro.

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Memorie di Adriano, di Marguerite Yourcenar;<br />
La messa dell'uomo disarmato, di Luisito Bianchi.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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Moth Opinione inserita da Moth    03 Aprile, 2008
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Il miglio verde

Chi apprezza la scrittura di King non può fare a meno di amarlo. Una lettura magica sulla vita e sull'ingiustizia, ricca di personaggi molto umani, interessanti e ben caratterizzati. La trama è intrecciata magistralmente e in modo complesso come solo pochi autori riescono a fare. Sconsigliato ovviamente a chi non tollera il suo particolare stile.

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Romanzi storici
 
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Opinione inserita da Raimondo Augello    02 Aprile, 2008

Affascinante

La storia incomincia male, va avanti meglio e finisce inaspettatamente. Tutto il libro è un susseguirsi di personaggi dal malcelato proposito d'impadronirsi del potere, approfittando della situazione e, anche se non sembra vero, lo scopo finale della spedizione non è quella che tutti immaginiamo.
Stile avvincente, con un ritmo incalzante e un savoir faire proprio d'un maestro.
Storia classica, ripetuta mille volte nei libri di storia, ma ripresa in modo magistrale da un vero Autore del classico.
Veramente, una must dei romanzi storici.

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Manfredi, Bevilacqua e i classici greci.
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Racconti
 
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    02 Aprile, 2008
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Il patrimonio di una vita

Questo racconto, vincitore del Premio Tabula Fati edizione 2006, si dipana sul filo del ricordo, con un io narrante, testimone all’epoca dei fatti, che fa riemergere dal passato un ricordo soffuso, ancora coperto dalla patina del tempo.

E’, più che una vicenda, una sorta di diario intimo scritto a posteriori e questo indubbiamente dà risalto a una storia abbastanza normale, almeno per i tempi in cui è stata ambientata (dagli anni 30 fino alla fine della seconda guerra mondiale).

E’ la gioventù di questo io narrante la protagonista della vicenda, con fatti visti a suo tempo con occhi inesperti, lentamente metabolizzati e poi restituiti alla dignità del ricordo, con un tono di distaccata malinconia.

E così troviamo un fratello aviatore, un suo compagno d’armi, non una, ma bensì due Ada, la guerra, due lettere erroneamente scambiate, il triste epilogo dei protagonisti.

Se la vicenda non è particolarmente originale, la sua trasposizione è frutto di un accurato lavoro volto a rappresentare, nella sua semplicità, un periodo di storia familiare che riaffiora negli anni della senilità, una sorta di testamento, prima a beneficio dell’autore e poi dei suoi posteri.

Non si creda, però, che il significato di questo racconto sia forzatamente limitato a una ristretta cerchia di interessati, perché in Musati è ben presente l’importanza del ricordo, la sua lenta assimilazione per giungere a un presente cosciente in cui, la consapevolezza che nulla è possibile per cambiare il destino, finisce con il costituire la base per affrontare il futuro.

E quelle immagini di un’epoca, quasi virate in seppia, non sono altro che il patrimonio di vita che un uomo si porta appresso.

E’ un racconto molto bello e quindi assolutamente da non perdere.

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Romanzi
 
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Mara Opinione inserita da Mara    01 Aprile, 2008
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Lettura dolce-amara

Il protagonista del libro è Roger, un imbonitore televisivo che vende pentole su una TV locale. La sua vita sarà stravolta da un amore impossibile e da un improvviso successo televisivo, che lo trasformerà in un divo del piccolo schermo. E' romanzo dolce-amaro, ricco di personaggi indimenticabili, dove spesso la comicità si confonde con il dramma. Diverte per l'arguzia dei dialoghi e l'ironia vagamente malinconica.
Buona lettura:)

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Opinione inserita da Franco Fucini    01 Aprile, 2008

Ma il giallo...

...il brivido latita in questo libro più misterioso che giallo, non eccelso nei meccanismi risolutivi, non sorprendente nelle sfaccettature della trama. Il giornalista indaga su un "cold case" che si presume essere stato dipanato in ogni sua piega. Non è così, ma le lacune dell'indagine remota appariranno colpevoli. Avere esaminato febbrilmente migliaia di foto finendo per trascurare le uniche importanti è un po' grottesco. La trama non è esente da acciacchi, ma l'esperienza della lettura è sobria.

Un'annotazione: ancora una volta il protagonista maschile colma il rapporto con le creature femminili circostanti nella maniera più biblica, andandoci a letto. E' una soluzione un po' usurata per conferire (e trasmettere) spessore e coinvolgimento emotivo alle relazioni tra i personaggi. Sempre più spesso i protagonisti maschili sembrano assolvere a un servizio sessuale più che rispondere a personali pulsioni. Basiti e passivi, obbediscono all'esigenza di una donna più volitiva di loro, piovutagli nel letto come dal cielo, che non avrebbero neppure supposto di cercare. Aspetti psicologici 'umani' a parte, è proprio l'elemento psicologico narrativo a farne le spese, ripetitivo, noioso.

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Racconti
 
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bomber85 Opinione inserita da bomber85    31 Marzo, 2008
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Geniale

Benni non si smentisce mai, e come il vino, più invecchia, più è bono! Tutti i racconti scorrono veloci, e non si riesce mai a smettere di staccare lo sguardo da queste pagine. Lo stile... è benniano, l'umorismo è forte. L'unica pecca (ma piccola piccola piccola) è che alcuni racconti non hanno un messaggio forte, chiaro ed evidente. Per il resto consiglio a tutti di dedicare 10 minuti al giorno a questo libro. in due settimane vi sarete arricchiti, davvero.

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Religione e spiritualità
 
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galloway Opinione inserita da galloway    31 Marzo, 2008
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Ecclesiaste vs Qoelet

Qoelet è un libro vecchio di oltre due millenni ma conserva intatta la sua modernità. E' senza dubbio uno dei pochi libri-sintesi nel senso che i suoi contenuti appartengono agli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze. E così sarà anche per l'avvenire. Chi vuole davvero andare alla ricerca del senso della vita, deve necessariamente leggere questo libro. Anzi, lo deve leggere e rileggere. Lo studio svolto da Ravasi in questa edizione è davvero straordinario: scava nelle storia delle parole, opera confronti, riporta fonti, insomma sviscera il testo e si resta ammirati per la profonda erudizione e per la semplicità della presentazione. Non so quante volte nel corso degli anni ho letto il testo, ogni volta che l'ho riletto vi ho scoperto qualcosa di nuovo e di diverso. Ora con il lavoro di Gianfranco Ravasi il lettore ha la possibilità di andare addirittura oltre le parole di chi scrive. Si ha quasi l'impressione di raggiungere la vera Parola, quella di Dio. Perchè, in fondo e dopo tutto, Qoelet a questo mira: affermare su tutto la Parola del Creatore.

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Le porte del peccato
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Gialli, Thriller, Horror
 
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Mara Opinione inserita da Mara    30 Marzo, 2008
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Paure

La trama prende spunto da una delle più grandi paure di una madre: il rapimento o la scomparsa di un figlio. La trama inizialmente è originale e fuori dai soliti schemi. Poi, a poco a poco, perde di credibilità, soprattutto quando vengono descritte le reazioni della protagonista, nei confronti degli atteggiamenti sadici del marito.

Molte questioni aperte, non avranno nessuna spiegazione e il finale è decisamente frettoloso. L'autrice scrive bene e in maniera chiara, ma sinceramente, faccio fatica a comprendere le 150.000 copie vendute in un solo mese. Buona lettura:)

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Se decidete di leggerlo, prendetelo in biblioteca, 18,60 Euro sono decisamente troppi;)
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Scienza e tecnica
 
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Opinione inserita da antobruss    29 Marzo, 2008

ottimo e molto scientifico

un libro che non solo immagina uno scenario da fantasy misto a realtà,ma che spiega nel profondo, tutte le materie che produciamo nelle sue strutture chimiche, ed i possibili vari scenari ai quali andremo incontro nel futuro, a chi piace il genere, consigliato al 100%!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Opinione inserita da Michele Caldarelli    28 Marzo, 2008

L'arte della diplomazia in un film

Già nel precedenze lavoro "Joia" Alberto Anzani ci aveva introdotto ad una ambientazione sudamericana e ad una narrazione di storie che scorrevano parallele. Nel caso di "L'ambasciata chiude" la successione degli avvenimenti diventa veramente complessa in un gioco di storie speculari, che a tratti sembrano incontrarsi e transitare tra realtà e finzione. Durante un piano di evacuazione un uomo viene trovato cadavere nel parco dell'ambasciata francese di Maputo; la stessa scena si ripete all'Opéra di Parigi dove va in scena "L'ambasciata chiude" e ancora sul set di un film che tra mille difficoltà viene girato tra Francia e Mozambico. Sarà l'inizio di un intrigo internazionale con continui colpi di scena che ingannano il lettore. Molti i personaggi coinvolti, ma sono quelli femminili a fare la differenza, a capovolgere le carte, nella realtà e nella finzione, cambiando registro e adattandosi silenziosamente ma attivamente alle situazioni, anche in modo inaspettato, perché è l'unica soluzione possibile. In tutti questi intrecci, per confondere maggiormente le carte, agisce anche un giovane cooperatore internazionale impegnato nel monitoraggio e controllo di progetti umanitari, cui Anzani affida la propria immagine e reale esperienza sul campo in un Io narrante disincantato, pungente, a volte ironico, velato di un rammarico doloroso di chi ama profondamente l'Africa e conosce la cruda realtà di un paese dal fascino straordinario in balia di un destino assoggettato agli interessi internazionali. Se un'ambasciata chiude significa che un paese sta precipitando nel caos e che anche l'ultimo estremo tentativo diplomatico non ha condotto a nulla. Se un'ambasciata chiude è il fallimento di tutte le speranze di cooperazione. Se un'ambasciata chiude il villaggio globale non può avere futuro. (R.M.)



"Quello di Anzani è un romanzo che parla di politica dalle viscere, che ambisce ad una comprensione più piena rispetto ai dati e alle cifre dello sfregio umano che è quella parte di globo stanca di essere terza o quarta rispetto all'avanguardia del mondo. L'Africa all'inizio del terzo millennio è ancora terra di profonda meraviglia e sgomento, dove sono invocati continuamente i diritti umani e si consumano inosservate le guerre più laceranti. La cinepresa allora illumina il mondo diplomatico che allaccia le relazioni tra i governi, che interfaccia l'agenda politica mondiale, che vive un'incredibile paralisi nelle supreme organizzazioni internazionali e s'isola nell'istituzionalizzazione dei problemi del pianeta. La lingua pungente , quella di Anzani, che ricompone in spazi privati la complessa realtà di chi amministra il potere negli affari internazionali discostandosi da una sorta di arroccamento corporativo desueto, per invocare il rispetto di difficili scelte di campo, la strada invisibile che persino i missionari chiamano "dell'amore". Scelte che vengono non dalle guidelance dei vertici delle Nazioni Unite o dei G8, né da nuovi slogan come coordination by facilitation, ma dalla società civile, dalla cultura degli umili e prima ancora del senso comune di umanità. Tutto questo in un giallo, un noir, come va di moda chiamarlo in questi anni, stretto tra azione e riflessione, mimica e sentimento, dove l'amore si insinua silenzioso per incastrare il reale e farlo vivere".

(Testo tratto dalla presentazione di Alex Ghega)

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sul confine
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Opinione inserita da Maristella    28 Marzo, 2008

Follia o creatività?

E’ certamente molto particolare, questa figura di nonna,raccontata da Milena Agus nel suo ultimo libro “Mal di pietre”. Una nonna, la cui vita, colorata soltanto dal desiderio inestinguibile, dall’immaginazione piu’intensa e da un’esagerata creatività interiore, scambiata per pura follia, si snoda in piani paralleli tra passato e presente, tra sogno fortemente agognato e realtà concretamente vissuta. La nipote, io narrante del romanzo, ricevendone le memorie segrete dalle mani del caso, decide di raccontarne le vicende, trasponendo sulla carta, non solo la storia di una donna, ma di intere generazioni di donne, colpite da un’incompletezza esistenziale che si nutre di insopprimibili fantasie che assecondano lo scorrere dei giorni, rendendo sopportabile la mancanza di amore e passione,la mancanza della “cosa principale”,l’unica e sola che puo’ muovere il mondo e rendere più lieve il passo del vivere. Veniamo così affascinati dall’immagine di questa donna che ci incanta, con i lunghi capelli neri che non si arrendono al tempo, i seni floridi, il corpo voluttuoso, una spiccata sessualità, con la testa “pren’e bentu”,un vento che confonde la mente,allontanando dall’anima ogni concretezza e risucchiando, dentro ogni fibra aneliti di fantasia fino a riempirla di un’ardente immaginazione che sfiora la dissennatezza.Un mal d’amore, un mal di vivere, assimilabile al “Mal di pietre”, una visione onirica che viene solamente lambita dalla realtà storica circostante, che pur entra prepotentemente in essa, a riprova che gli eventi esterni possono riuscire a mutare gli eventi intimi, fino a lasciare tracce profonde capaci di interrompere le idee piu’ immaginifiche. Ma, è anche vero il contrario, che l’inventiva può essere d’aiuto nell’attraversare la storia e la vita stessa, portando colore e luce laddove non esisterebbe che un grigiore uniforme e creando un contrasto tra fantasia e realtà che può essere immensamente salvifico o considerevolmente limitante.In uno scenario,che dipinge abilmente non solo Cagliari, ma anche città come Milano, Genova e una parte di Sardegna, in accurate e veritiere descrizioni che materializzano nella mente,non solo la visione, ma anche il profumo ed il sapore di quei luoghi, riaffiora un’evanescente sentimento di nostalgia, quella “ cosa triste ma anche un po’ felice” che,come una musica,accompagna questa donna la cui esistenza fu un attimo di estasi ma poi fu “tante altre cose”. E pagò per tutti, col proprio disordine interiore, non lasciandolo in eredità a nessuno, ma assumendolo completamente in sé, perché “in ogni famiglia c’è sempre uno che paga il proprio contributo perché l’equilibrio fra ordine e disordine sia rispettato e il mondo non si fermi”.

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Quando dorme il pescecane
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Opinione inserita da Ylenia    28 Marzo, 2008

Dalla penna al cuore

Un libro che arriva diretto al cuore. Un'opera che ci trasporta in un mondo in cui essere nate donne è quasi una colpa. Hosseini ci mette di fronte ai nostri fantasmi, a una realtà che credevamo lontana, impossibile forse, ma che è invece molto più vicina e reale di quanto avremmo mai pensato.

Chi ha letto questo libro e incontrerà per strada una donna col velo, non la guarderà più allo stesso modo, garantito.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Opinione inserita da GIULIA    28 Marzo, 2008

spider

VERAMENTE un libro STRAORDINARIO!

le descrizioni sono favolose...mentre leggo..riesco perfettamete a immaginare la scena con tt i dettagli ke Morley ci fornisce!!

adrenalina allo stato puro...

veramente fantastico!!

nn riesco a trovargli alcun difetto!!

LEGGETELO!

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cooonsigliatisssssiiiimoooooo!!!
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Opinione inserita da Gra    28 Marzo, 2008

Pensavate che Virgilio fosse morto?

Ottimo è l'esordio del 29enne napoletano Massimiliano Virgilio. "Più male che altro" (ed. Rizzoli pag 275) è un romanzo che intreccia storie e personaggi e per questo credo sia riduttivo e superficiale descriverlo come ho letto qui e là in molte recensioni un libro sulla famiglia. Sì, la famiglia c'è ma in realtà c'è il mondo di quelli sposati,dei single, dei traditori, degli anziani e dei bambini, dei lavoratori. Insomma in questa storia siamo tutti un po' "costretti" a ritrovarci. Lo sfondo è Napoli bella e complessa come le persone che la vivono dove un cassonetto dell'immondizia può essere dato alle fiamme ma anche no. Della scrittura di questo giovane autore mi ha colpito la sua incredibile capacità di descrivere cose semplici, posti e situazioni con un’emozione e una capacità visiva quasi cinematografica. Entri nella vita di questi personaggi e non puoi fare a meno di provare quello che loro stessi provano, di vivere un pezzo del loro dramma esistenziale e della loro quotidianità. Il libro pur essendo lungo si legge davvero in pochi giorni proprio per la sua bella scrittura e la sua storia mai banale.
Lo consiglio a tutti

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Storia e biografie
 
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Opinione inserita da Filippo    26 Marzo, 2008

Straordinario

Bello, scritto bene, intelligente. 30 anni dopo è il magistrato che più di ogni altro ha condotto l'inchiesta sul caso Moro, assieme ad un giornalista molto noto, a tornare sulla vicenda. L'ottica è totalemente diversa: non tanto i misteri, quanto il dietro le quinte del potere che davvero ha ucciso Moro. Cossiga e la sua polizia segreta (l'Ucigos), il covo che non si doveva trovare, la prigione che doveva restare segreta, i depistaggi del Lago della Duchessa, la sceneggiata del Comitato di crisi. Moro ucciso perché sapeva troppo. E altro ancora.



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I libri di Sergio Flamigni sul Caso Moro e le Brigate rosse
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Opinione inserita da Ylenia    26 Marzo, 2008

Quando la letteratura incontra l'arte

Un libro meraviglioso, da assaporare lentamente, come se si dovessero osservare le singole pennellate che Auguste Renoir tratteggia sulla tela.

Una storia rilassante, bellissima e vera, su come è nato uno dei più grandi capolavori della pittura moderna, "La colazione dei canottieri". I personaggi, gli amici di Renoir e il pittore stesso, riprendono vita in una serie di divertenti e allegre domeniche passate a posare, restituendoci uno scorcio della vita nella Francia del XIX secolo, tra innovazione e tradizione.

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Opinione inserita da Alceres    26 Marzo, 2008

imperdibile

E' il libro più conosciuto dell'autore giapponese, benché differisca notevolmente dai suoi romanzi basati soprattutto sul mistero della quotidianeità, fra realtà e sogno.

Non manca pero' l'onnipresente critica lucida nei confronti della società giapponese e dei suoi paradossi.

Qui ci troviamo dinanzi alle confessioni improvvise del protagonista che, all'ascoltare per caso una canzone durante un viaggio in aereo, si trova a rivivere nel ricordo il percorso compiuto in adolescenza : l'amore, il destino, la malattia, la maturità dei sentimenti.

Una storia molto delicata nei suoi contenuti, malgrado la volontà di raccontarli schiettamente. Un libro profondo, divertente, bello e struggente. Murakami sa come portare per mano il lettore lungo le pagine dei suoi romanzi.

Consigliato vivamente a chi vuole saperne un po' di più del Giappone e dei suoi abitanti.

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Difficile fare paragoni. specie per questa sua opera. Per chi ama gli autori che sanno scavare nell'introspezione dei personaggi
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Opinione inserita da Silvia    26 Marzo, 2008

Battisti e Mogol come in un film

In questo libro-documentario-film Lucio Battisti e Mogol diventano quasi due personaggi di un romanzo. Lucio e Giulio sono due ragazzi che incrociano le loro vite negli anni Sessanta. E grazie alla loro musica la incrociano con noi. Alla narrazione si alternano come in un montaggio cinematografico le testimonianze di chi li ha conosciuti.

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Opinione inserita da Katia Guido    25 Marzo, 2008

UN Tempo Chiamato Vita

Semplicemente una descrizione sotto forma di poesie e pensieri di quello che è la vita secondo Silvana e (fidatevi) anche secondo noi!
Silvana ci dice che la vita è un treno, si ferma in tanti posti dove fotografiamo con il cuore le cose belle e dove invece c'è l'autoscatto per quelle brutte. La vita è essere figli e poi genitori, in entrambi casi non è per nulla facile. La vita è fatta di figli, che non ci appartengono, ma che sono parte di noi e del nostro cuore. Essa è fatta di genitori, che abbiamo ancora la fortuna di avere vicino a noi e che un giorno forse ci mancheranno anche per i “no” giusti che ci hanno saputo dire.
E' fatta di amicizie, che sentono i nostri silenzi e capiscono il nostro dolore e sentono le lacrime del nostro cuore, senza bisogno di dirglielo; o che molto più semplicemente sono delle grosse fregature.
La vita è per metà destino e l'altra metà la possiamo forse cambiare, ma con tanta fortuna.
La vita è amore, che a volte è vero e a volte invece lo si confonde con il nostro bisogno d'amore, perché noi (uomini e donne) non siamo fatti per stare da soli e se lo siamo è perché non amiamo o non siamo amati.
La vita è fatta di Dio oppure di eternità vissuta per chi non crede e ha diritto a non credere anche se non perderebbe nulla credendo, ma non facendolo rende la propria vita forse solo un po' più difficile.
La vita è fatta di rispetto e di speranza nella pace.
La vita (e mi scuso con Silvana se mi sono dimenticata di qualcos'altro che ha scritto, ma queste sono le cose con cui lei mi ha colpito al cuore) è fatta anche di morte, perché la vita non esisterebbe senza la morte, e la morte non esisterebbe senza la vita. Una morte odiata perché essa vuole noi, ma noi non vogliamo lei.
Ho usato le parole di Silvana per esprimere quello che questo libro mi ha tatuato nel cuore. Perché non ce n'erano altre. Lei ha già detto tutto!

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Opinione inserita da gianni priano    25 Marzo, 2008

NERINA GAROFALO, POETA NUOVA

I poeti bravi e bravini sono tantissimi. Si trovano sempre più spesso poesie intelligenti, smaliziate, maliziose, di buona fattura. In controtendenza con questa generale bravura Nerina Garofalo non scrive "belle poesie". Scrive poesie vere, di carne e di ossa. Poesie terribilmente vere e, quasi sempre, indigeste. Non ci intrattiene, la Garofalo. Semmai ci trattiene e proprio nel momento in cui, marcati dal disagio di una prima lettura di qualche suo incipit, vorremmo darcela a gambe.

Ci lega a sè, la Garofalo. E non ci perdona più nulla. Però, alla fine, ci salva. La sua poesia martoriata diventa, passando e ripassando nel catrame, acqua limpida. In fondo. Alla foce. Quando ci viene addosso, dolce e casta: a noi. Che in questo pezzetto di teatro facciamo la parte del lettore -leone. Del lettore che attende, pieno di onde. La parte del mare.



Gianni Priano

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Mara Opinione inserita da Mara    25 Marzo, 2008
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Lontano dai luoghi comuni

La trama del romanzo si sviluppa in modo piuttosto semplice, si aprono dei flashback sui vari personaggi, sugli amori perduti, su storie di persone e sulla malattia che affligge uno dei protagonisti. E' un libro di ampio respiro, globalizzato, non si parla solo della Sardegna dei pastori, dei rapimenti e dei banditi. Offre spunti di riflessione sulla religione, l'amore e la talessemia, usando un linguaggio fresco, senza cadere nell'uso dello slang giovanile. I complimenti anche per la bella copertina, che riproduce un nuraghe in perfetto stile pop art.

Buona lettura:)

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Opinione inserita da ROMOLO    25 Marzo, 2008

CONSIGLIATO

AVVENTURA PIACEVOLE E SCORREVOLE CON UN TOCCO IRONICO, PROBABILMENTE TIPICO DEGLI INGLESI....

MI PIACE L'EVOLVERSI DEGLI EVENTI E SOPRATTUTTO IL CONNUBIO TRA MODERNO E ANTICO....

CONSIGLIATISSIMO AGLI AMANTI DEL GENERE...

BELLISSIMA IDEA QUELLA DI RIVISITARE QUESTI CLASSICI UOMINI LUPO CON I NOSTRI GIORNI...

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Mara Opinione inserita da Mara    20 Marzo, 2008
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Romanzo degli equivoci

E' un romanzo rosa degli equivoci in salsa modaiola, una trendy storiella senza grande mordente. Il finale si fa attandere per ben 400 pagine ed è degno dei migliori libri Harmony.

Il plot nel complesso è decisamente meno potente ed esilarante del più famoso "Il diavolo veste Prada", comunque è un libto ottimo per trascore qualche ora in autentico relax.

Buona lettura:)

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Opinione inserita da paolo ottaviani    20 Marzo, 2008

Le stanze celesti di Paolo Ruffilli

Le stanze celesti di Paolo Ruffilli



La poesia di Ruffilli ha il celeste privilegio di muoversi simultaneamente nel microcosmo delle quotidiane vicende degli uomini, delle loro fin troppo visibili miserie e nel macrocosmo delle grandi, invisibili leggi che governano l’infinità dell’universo. Il mistero di questa felice ubiquità si esplicita attraverso una sorta di assenza della parola o, meglio, attraverso una parola scarna e sfibrata che rimanda, anche attraverso la magia della sua sottile e disarticolata musicalità, alla essenzialità del vuoto, alla necessità semantica del non-essere. In poesia può avvenire ciò che la logica costituzionalmente nega: la sincronica identità dei contrari. “Le parole vere suonano al contrario” suggerisce un’antichissima massima del Tao. E Ruffilli tiene in gran conto La Regola Celeste, quell’antica ricerca filosofica orientale che ha postulato la necessità e la concreta contemporaneità dell’Essere e del Non-Essere, in una prospettiva unitaria e dinamica delle realtà visibili ed invisibili in gran parte sconosciuta in Occidente. Ne deriva per il singolo individuo la possibilità di una partecipazione a tutti gli accadimenti umani caratterizzata da un distacco al tempo stesso non imperturbabile e non eccessivamente commosso. Una distanza frapposta tra il sé e il mondo non tanto per meglio comprendere e penetrare l’esterno, quanto per riservarsi la possibilità di tendere alla maggior conoscenza possibile di sé.”Senza uscire dalla porta / si conosce il mondo. / Senza affacciarsi alla finestra / si vede la Via del cielo. / Più lontano si va e meno si sa. / Perciò l’uomo saggio / conosce senza viaggiare, / comprende senza guardare / e agisce senza fare.” (Cap. 47 de Il Libro del Tao) E’ dentro questa concezione filosofica, teorica e pratica a un tempo, che la poesia di Ruffilli sboccia spontaneamente alla visibilità dell’essere. Le scelte metriche sembrano assecondare convenientemente questa vocazione misteriosamente binaria e unitaria della poesia: il verso breve, talvolta persino disillabo, si snoda come una immaginaria sequenza nucleica – si può pensare alla catena del DNA – che ci fornisce informazioni genetiche sul dicibile e sull’ineffabile. Le parole isolate, che Ruffilli ama immaginare come “oggetti vaganti”, sonori e filamentosi che rimandano incessantemente, per l’accavallarsi di echi musicali e semantici, ad una “realtà di lontananza” testimoniano di una contraddizione a un tempo umana e celeste, intima, personale ed universale. Una contraddizione naturale che attraverso la musicale levità del pensiero poetante può ricomporsi in una naturale unità. La sostanziale gratuità – e quindi grazia – dell’esistere, dell’esserci e del non-esserci, impone la scelta della leggerezza, di una sapiente, ironica vacuità. “Io sottoscrivo – ha detto Ruffilli – l’elogio necessario della frivolezza, che è sempre stata la virtù degli ingegni”. Di qui anche le sue preferenze estetiche e le sue ascendenze letterarie. Se la tradizione orientale non ha mai separato poesia, filosofia e musica qualcosa di simile è accaduto anche in Occidente. Il libretto d’opera infatti può essere visto come “la soluzione dei contrasti intorno ai generi perché, per esigenze di copione, l’opera dev’essere insieme una commedia, una serie di dialoghi, una successione di descrizioni, una successione di affondi lirici e di parti cantabili che devono suscitare una serie di riscontri emozionali, devono realizzare degli echi più sotterranei”. Un’ariosa cantabilità mozartiana o rossiniana che per liberarsi deve però essere scesa nel ventre della terra a captare gli echi più sotterranei. Una dolorosa discesa agli inferi speculare alla trasparente, gioiosa vitalità dei versi. E’ esattamente quello che accade in quest’ultimo libro di Ruffilli Le stanze del cielo, già nel titolo uno e binario, oscuro e luminoso, dolente e felice. E’ stato già detto che la poesia di Ruffilli avrebbe i caratteri della narrazione, una sorta di asciutto “romanzo familiare” come scrisse Raboni per Camera oscura e come ci ricorda Alfredo Giuliani nella sua prefazione a Le stanze del cielo. Sarei tentato di dire che si tratta di narrazioni senza fatti perché la materialità della storia si fa tutta processo interiore e, contemporaneamente, l’intelligenza, l’energia spirituale, si materializza nel suono significante della parola. I fatti di Le stanze del cielo sono quelli dolorosi e disperanti dell’universo carcerario: Grate e cancelli da ogni / parte, intorno, tetri cortili / dalle altissime mura. E già si sente che queste mura altissime sono divenute barriere dell’anima. Eppure le parole della tradizione giudaico-cristiana – perdono, salvezza, redenzione, speranza ecc. – non sono pronunciate. Infatti è solo la coscienza minuziosa di se stessi e del mondo a muovere e guidare / i passi ignoti. Vita tagliata, la lirica che apre l’ultima sezione del libro che porta il titolo La sete, il desiderio è una sorta di altissimo testamento spirituale nella lacerante affermazione della corrispondenza del sé con il mondo: Il mondo ed io, / corrispondenze esatte: / pietra senza labbro / e labbra senza verbo, / per quanto inseguo / e cerco. Certo l’immagine del taglio – ho guardato in faccia, / tagliata, la mia vita – sembra contraddire la metafora per eccellenza proposta dal Taoismo per significare l’eterno fluire della vita universale ed individuale: l’acqua, che non può essere tagliata e nella quale “si ritrova un modello di quella imparzialità che costituisce la bontà superiore, cioè quella forza che non si sforza e che consente a ogni essere di seguire per intero la propria natura”

Paolo Ottaviani

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Opinione inserita da antonio rossi14    20 Marzo, 2008

il solito pessimo GRISHAM

Un libro abominevole e insensato..sulla copertina troviamo scritto "una storia di coraggio e di amicizia"...ma de ke!!? preferirei il manuale di ricette di antonella clerici o di suor Germana..superficialissimo,noiosissimo,x niente caratterizzato,personaggi ke sembrano manichini (gli eroi tragici di eschilo sono molto più "umani")e vicenda scialacquata alla massima potenza. JOHN GRISHAM dovrebbe assolutamente ritirarsi...anzi mi chiedo come possa essere diventato uno dei romanzieri più letti al mondo! Non è mai stato abile nello scrivere..neanche ai tempi dei prissimi successi! (l'unico libro che sfiora la sufficienza è quello del suo debutto nel 1989, IL MOMENTO DI UCCIDERE) SCONSIGLIATISSIMO!!!!

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L'ALLENATORE...e tutti gli ultimi pessimi di GRISHAM
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Opinione inserita da sabina    19 Marzo, 2008

Deludente

Adoro Alicia Gimenez Bartlett per la sua ironia e la maestria con cui sa intrattenere il lettore. Eppure quest'ultimo romanzo, che esula dalla celeberrima saga di pedra Delicado, è una vera delulione. Piatto. A tratti viene fuori la vecchia Alicia, ma se devo dirla tutta non è una lettura entusiasmante e coinvolgente. Noioso e un po' pretenzioso.

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Opinione inserita da Ermenegilda    19 Marzo, 2008

il volto di gesù

Grande saggio scritto da flavio caroli che narra con estrema cura la vita di nostro signore gesù, raffigurato in vari modi nelle diverse epocfe, da giovane apollo a umo maturo.

Uno splendido tributo alla vita del figlio di Dio.

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murialdog Opinione inserita da murialdog    19 Marzo, 2008
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Lo scafandro e la farfalla

Dopo averlo letto non saremo più quelli di prima.
Al di là dei problemi etici che vengono proposti rimane la consapevolezza che l'uomo è il suo pensiero e che, anche quando il corpo ci ha fisicamente abbandonato, la sola mente è sufficente a mantenere l'integrità della nostra personalità.
Bello e fedele al libro anche il film omonimo.

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murialdog Opinione inserita da murialdog    19 Marzo, 2008
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Molto divertente

Alternare la lettura dei romanzi di Andrea Vitali a quelli di Philip Roth è fondamentale per sopravvivere.

La vitalità di Vitali (nomen omen) fa da contrappeso al nihilismo di Roth.

Siccome non possiamo fare a meno di entrambi li mettiamo vicini vicini in libreria e .....che se le diano!

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Mara Opinione inserita da Mara    18 Marzo, 2008
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Passione ed equivoci

La partenza del romanzo è lenta, quasi incerta, poi tutto ad un tratto, un rapido capovolgimento di fronte e il ritmo cambia in maniera sensazionale, fino ad arrivare ad un grandioso finale.

E' un libro che racconta abilmente le conseguenze dei fraintendimenti amorosi. I protagonisti sono in balia dei loro sentimenti, amore, gelosia, passione...e come in tutte le lotte titaniche a soccombere sarà il più debole, in queso caso Sara. Buona lettura:)

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Opinione inserita da nicola    18 Marzo, 2008

nonostante i miei genitori

Bellissimo libro, l'ho letto in un fiato.

A me personalmente ha ecocato ricordi bellissimi e lontani, ad un certo capitolo ho anche pianto.

Brava Rossella

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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    18 Marzo, 2008
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Un albero magico

Le leggende, frutto di secoli di trasmissioni per lo più orali, mi hanno sempre interessato, perché, anche se spesso non hanno nemmeno un fondo di verità, però rappresentano la cultura letteraria popolare di zone ben determinate.

Donato Altomare, prendendo spunto da una leggenda marinara fiorita a Molfetta sulla Scogliera delle Monacelle, ha costruito, con la consueta abilità che gli è propria, un avvincente romanzo fantastico.

Eppure è rimasto fedele a certi aspetti che danno una credibilità alla vicenda, sia ambientandola in un’epoca di scorrerie saracene, sia mantenendo fede agli elementi tipici di quel tempo, e quindi senza incorrere in errori, sovente grossolani, che finiscono con il disorientare il lettore.

Di questo suo minuzioso lavoro di ricerca storica Altomare ci parla, a romanzo terminato, nelle ultime pagine, una sorta di resoconto di ciò che è stato necessario per la stesura dell’opera.

Quindi, pur nello sviluppo fantastico, restano fermi dei punti ben consolidati e che con la loro realtà costituiscono le fondamenta dell’intera struttura.

Non sto a raccontarvi la storia, ben articolata, con dei personaggi che destano una naturale simpatia, per non togliervi il piacere di leggerla.

Alle prime pagine ho avuto l’impressione di trovarmi fra le mani una fiaba, ma poi le caratteristiche favolistiche sono progressivamente venute meno, per dar spazio a una fantasia che non può lasciare indifferenti tutti i lettori, dai ragazzini a quelli meno giovani come me.

Infatti l’abilità nel descrivere certe scene, soprattutto quelle di battaglia, fa sì che l’intero percorso narrativo si snodi figurativamente come in una pellicola cinematografica, con una tensione e un mistero legati non solo al mostro (la Malombra d’Acqua), ma anche ai protagonisti.

La fine, come si conviene, è quel che ci si aspetta, ma una volta tanto fa piacere pensare che due giovani possano vivere felici e contenti, nonostante le miserie e gli orrori del mondo che li circonda.

E’ un messaggio di speranza, per loro, ma anche, soprattutto, per noi.

Concludo raccomandandone la lettura.

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Poesia italiana
 
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    18 Marzo, 2008
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Che cos'è la felicità?

Sono dell’idea che Ivan Fedeli abbia anche nella vita di tutti i giorni il senso di autoironia che caratterizza questa silloge, composta in realtà da cinque brevi raccolte, più una poesia finale.

Quel mondo che è fatto di ripetitività, di gestualità banali, quel condurre l’esistenza secondo un canone prefissato sono il tema della poetica di Ivan Fedeli, osservatore disincantato della realtà che ci circonda, pronto a coglierne anche le più sottili sfumature in una rassegnata ironia, che pur tuttavia si riflette in una profonda malinconia, una sorta di precoce consapevolezza della nullità del nostro normale essere (…Un mondo di indirizzi e mezzi incroci / da scegliere per nuove prospettive, / intanto si rimbalza a senso alterno, / e forte è l’onda opposta di chi vive. / E’ meta poi raggiungere un inverno / sapere quanto attenti alla deriva / rimangono quei giorni senza perno / lasciati a latitudine festiva.).

E nulla sfugge ai suoi occhi, perfino il rito obbligatorio della vacanza (Vacanza a tutto andare se si può: / ciascuno e la sua rimini, il suo monte, / il mare più esclusivo che si vende. /…).

Il tutto in un tono quasi scanzonato, una sorta di apodittica commiserazione, che raggiunge anche vertici di suggestivo sarcasmo (E quindi uscimmo a riveder le stelle / ma solo come viaggio d’occasione / tra treni e voli charter già scontati, e tutto a mordi e fuggi senza nome. /…).

Ma dov’è mai questa felicità e che cosa sono questi esercizi per raggiungerla?

Secondo la mia opinione, il poeta ha da un lato inteso descrivere a chiare lettere ciò che significa felicità per una società che si inventa tutto, anche appunto la felicità, e dall’altro, invece, è quanto non è conforme alle regole, nella convinzione che, in ogni caso, la felicità sia una chimera (…/ Resisto stando a galla finché posso / pensando a quando cambia la stagione. /…) e comunque un’illusione (Togliamoci di dosso l’uniforme / che bastano gli occhiali a mascherare, / qui servono altri tempi non deformi / a vendere anche il pepe con il sale. /…).

Sono rasoiate che incidono e non è che il tono e l’armonia quasi da canzoniere possano lenire il dolore di una verità che inconsciamente ci è propria, ma che non vogliamo ammettere, perché l’unica alternativa al vivere comune è rappresentato dall’appartarsi, dal chiuderci in noi stessi, recitando consapevolmente all’esterno la commedia di tutti i giorni, ma negandola continuamente al nostro interno.

E’ un dualismo, quindi, che solo un poeta si può permettere, e Ivan Fedeli è un poeta, non solo, ma anche uno di quelli sicuro valore.

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Romanzi
 
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Opinione inserita da Daniela Boniolo    17 Marzo, 2008

Altrove

Se il discrimine per stabilire se un romanzo è riuscito è la fretta del lettore di trovare un momento di tranquillità per proseguire la lettura, questo è un romanzo riuscito. Se l'indicatore che segnala un romanzo intrigante è il continuo interrogarsi del lettore su ciò che sta per avvenire, questo è un romanzo intrigante. Credo che l'atmosfera, gli odori, gli umori di Palermo, che non conosco, siano talmente ben resi che non sarà per me del tutto una sorpresa la città quando, finalmente, la visiterò.

Mi è mancato qualche tratto di plausibilità nei comportamenti dei due uomini (ma sono fimmina, io...) e l'appagamento conseguente a tutti i tasselli di una storia che vanno al loro posto.

Ciò nonostante, merita i miei complimenti l'autore. Leggetelo!

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Romanzi storici
 
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Opinione inserita da Maristella    16 Marzo, 2008

Un popolo che vibra e palpita

Nella Barcellona del XIV secolo, nell’epoca di massimo fervore commerciale e bellico della Catalogna impegnata nel dominio del Mediterraneo, nel cuore del quartiere nascente della Ribera, viene innalzato uno degli edifici più belli della città, massima espressione del gotico catalano: la chiesa di Santa Maria del Mar, fortemente desiderata dal popolo che partecipò con ogni mezzo ( i più ricchi con donazioni in denaro e i più poveri con il loro lavoro) alla sua costruzione, in contrapposizione alla cattedrale in contemporanea fase di edificazione, sede episcopale ufficiale, riservata principalmente all’alto clero ed alla nobiltà. All’ombra di Santa Maria del Mar, si snodano le vicende di Arnau, il personaggio principale del romanzo, la cui vita si intreccia alla Storia nel periodo che va dal 1320 al 1384. In quest’epoca di forti contrasti, in cui si assiste alla grande crisi del feudalesimo e all’inevitabile avvento della nuova borghesia legata ai traffici commerciali, assistiamo alle alterne vicissitudini del protagonista, tra rischiose fughe, fiere battaglie, drammatiche pestilenze, conquiste e rovesci sociali, violenze e soprusi, orrende torture, ipocrisie e perfidie ma anche amicizia e lealtà, amore e passione.

Una implacabile lotta tra un bene ed un male ad alta definizione, rappresentati senza sfumatura alcuna in un mondo dove il cattivo, bieco e corrotto, è veramente cattivo e dove il buono, incessantemente probo e perseguitato, lo è in ogni sua piu’ intima fibra. Un libro sicuramente di diversione ed intrattenimento, volutamente poco riflessivo nell’addentrarsi in profondità nella psicologia dei personaggi ma che ha il grande pregio, adottando come fonte documentativa le “ Cronache di Pietro III il Cerimonioso”, di ricostruire attendibilmente in un veritiero spaccato di vita medioevale, l’animo di un popolo orgoglioso e fiero come il popolo catalano.

Nel suggestivo contesto di una città da sempre feconda in libertà ed accoglienza, ricca di ammaliante fascino, la struttura narrativa semplice e scorrevole e i continui colpi di scena, l’espediente di capitoli che sovente si chiudono in punti nodali dell’azione, gli straordinari personaggi che circondano il protagonista insieme a tutto un popolo che vibra e palpita con sorprendente calore e colore, in una esplosiva miscela di realtà storica e fantasia, ci induce ad attraversare un dedalo di turbinosi avvenimenti che apre la via ad una inevitabile partecipazione.

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Racconti
 
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Opinione inserita da Luca    16 Marzo, 2008

Racconti di donne cubane

Ho letto numerose opere della letteratura cubana, restando quasi sempre affascinato dalla capacità degli autori di trasmettere concretamente sensazioni, speranze, delusioni di chi vive nell'isola caraibica. Purtroppo però in questo caso sono rimasto piuttosto deluso, i racconti (ognuno dei quali è dedicato ad una donna cubana) sono lenti, poco avvincenti, trasmettono veramente poco. peccato.

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Romanzi
 
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Opinione inserita da Serena    16 Marzo, 2008

Remo Bassini

Un libro appassionante, un giallo con sprazzi noir che si incontrano in una storia d'amore incompiuta che non lascia indifferenti; la protagonista, Anna è una donna reale, genuina, a volte politicamente scorretta che lotta per l'uomo che ama e non guarda in faccia nessuno. Menzione speciale per la donna che parla con i morti, una figura straordinaria e riuscita che pur non comparendo mai fisicamente nel romanzo, ma aleggia per tutta la storia come testimone di avvenimenti che non si possono spiegare ma accadono.

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Mara Opinione inserita da Mara    16 Marzo, 2008
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"Primi gemelli"

I numeri primi sono divisibili solo per se stessi e per uno. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari che gli studiosi hanno definito “primi gemelli”: sono due numeri primi separati da un unico numero come ad esempio il 17 e il 19 o il 41 e il 43. Mattia ed Alice, i protagonisti di questo romanzo, sono così, due "primi gemelli", che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai. Sono due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di superare il baratro della solitudine e dell'inadeguatezza che caratterizza la loro esistenza. Questo è un libro delicato e terribile allo stesso tempo, al posto degli adolescenti belli e perfetti, emergono due protagonisti imperfetti e marginali. Buona lettura:)

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Opinione inserita da DirtyDavide    16 Marzo, 2008

Benevnga la recessione(anche ideologica)

Dopo avere letto una buona parte dei libri di Singer ed essermi cimentato (storiograficamente) con le gesta erotiche di M.Sanger nonché (ma qui siamo ad un livello meno sofisticato) con le insensatezze del simpatico e benestante Veronesi(professor)non posso non dirmi neoconservatore senza ozio e senza negozio. La rossa del libro è simpatica e utile ma non carismatica nella sua scrittura. Quanto a voi neodarwinisti( tanto neo e poco Darwin) farete la solita fine di tanti vostri predecessori .Apparentemente vincenti ma di fatto già sconfitti dalla storia.Comunque la guerra dei due mondi è ricominciata e ovviamente vinceremo noi.Su questo non ci piove!!!

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Per la causa è meglio Roger Scruton:ma la rossa è simpatica e molto donna da loft
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acky19 Opinione inserita da acky19    15 Marzo, 2008
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un libro avvincente

cito solo la trama, di questo libro. penso che possa bastare:

C’è una protagonista che racconta, Anna, giovane commessa anarchica, e c’è una protagonista nell’ombra, che però domina la scena: Marta, la donna che parla con i morti. Sono le sponde opposte di un fiume dove scorre la vita di quattri ventenni che… si son conosciuti al bar negli anni Ottanta a Genova. Diventeranno: uno scrittore, un giornalista aspirante scrittore, un poliziotto, un camorrista.

Quattro amici.

Più Anna.

Più Marta.

Sei personaggi che usano internet ma che si ritroveranno legati al passato: a una maledizione lontana, negli anni in cui i tedeschi si ritiravano e c’erano spari e morti ammazzati dappertutto. E un casolare dove viveva, reclusa, una specie di santa, che però aveva peccato.



Questi, a grandi linee, sono i fili in cui si dipana La donna che parlava con i morti



aggiungo questo: il libro a tratti non è piacevole, perché non vuole esserlo

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Izzo, Sinti, Carlotto
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acky19 Opinione inserita da acky19    15 Marzo, 2008
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l'ironia come arma

Ha un ruolo storico questo libro: perché è scritto, con un linguaggio moderno, secco e senza fronzoli, da una precaria che invece di far l'intellettuale e della sociologia si sofferma a raccontare, testimoniando. Ci sarebbe da piangere e c'è da piangere: Saradisperata è talmente disperata che preferisce ridere e faro sorridere (un po' come a Cuba che se passa un poliziotto loro ridono, e poi magari si fanno un rum). Ma, ripeto, il libro, apparentemente "leggero", è, inrealtà un'accusa, precisa a questo particolare momento storico che vede nel precariato una piaga quanto mai dolorosa.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Mara Opinione inserita da Mara    15 Marzo, 2008
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Elogio del nulla

Qualcuno ha scritto "L'elogio della follia", qualcun altro "L'elogio della lentezza" e poi ancora "L'elogio della guerra"...e finalmente arriva Buttafuoco e ci propone "L'elogio del nulla". Mi chiedo se l'autore, mentre scriveva il romanzo, era sotto l'effetto di qualche malvagio sortilegio voodo, solo così si possono spiegare le pagine che hanno vituperato la lingua italiana e straziato gli occhi di noi poveri lettori.

Buona lettura? Mhmmmmm...ne dubito:)

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Mara Opinione inserita da Mara    15 Marzo, 2008
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Kinsella sottotono

Sicuramente il nuovo lavoro della Kinsella è destino ad entrare nella top ten dei libri più venduti. E' un romanzo leggero e frivolo. Di certo una lettura non impegnativa e senza tante pretese. Un libro però, a mio avviso, meno esaltante degli altri, poca ironia, umorismo un pò sottotono e appannato. Per i curiosi, sul sito della Mondadori è disponibile il primo capitolo in versione “sfoglialibro”. Buona lettura:)

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A chi ama la Kinsella
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Mara Opinione inserita da Mara    13 Marzo, 2008
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Dark lady

E' un romanzo noir, la protagonista è una splendida femme fatale che ama indossare un castigato tailleur grigio. Un vestito che per lei ha un profondo significato simbolico. Un significato che sarebbe stato molto meglio non conoscere mai! Questo libro è il dramma di un uomo tradito, un uomo che desidera una dark lady o meglio una "donna-deserto", tanto incantevole da amare nella finzione quanto pericolosa da incontrare nella realtà. Buona lettura:)

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Opinione inserita da kayblack    13 Marzo, 2008

Memoria delle mie puttane tristi

Romanzo sulla vecchiaia, vista attraverso gli occhi di un uomo che sembra ancora vivo,vitale...ha ancora un lavoro da giornalista, la salute...insomma cos'altro potrebbe mai desiderare un uomo alla sua età?e tutto gira attorno a questa frase, perchè essere vivi significa avere ancora dei desideri. Ed il suo, dapprima inspiegabile, si rivelerà pagina per pagina, quella ragazza vergine desiderata, quell'amore che oserei definire "sfiorato" (l'uomo l'accarezza e la sfiora soltanto)ma che dentro gli regala vita.
Non meno protagoniste, pagine di confidenze sulla sua condizione di "sopravvissuto alla guerra contro il tempo" che ne fanno un racconto schietto che a tratti fa sorridere sull'invecchiare, senza mezzi termini nè piagnucolamenti, Gabriel Garcia Marquez sa scuotere i nostri sentimenti senza stupidi trucchetti.

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"L'amore ai tempi del colera"
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