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Cara Céleste
Tutta la memoria di un'esistenza speciale è stata per anni custodita gelosamente da Céleste Albaret che solo prima della sua morte, a distanza di mezzo secolo dai fatti evocati, ha concesso una lunga intervista, settanta ore di conversazione, riversate poi da Georges Belmont in questa testimonianza apparsa per la prima volta nel 1973. Céleste è stata la custode dell'antico e tramontato mondo fissato nella sua decadente agonia, quello stesso universo aristocratico che l'opera di Proust ha voluto rappresentare. Céleste ha conosciuto tutto ciò che uno stuolo di ammiratori, di critici, di esegeti o, al contrario, di semplici curiosi avrebbe sempre voluto sapere. Era la sua governante e soprattutto una persona a lui molto cara, trascinata in un'esistenza eccezionale e fuori misura, bizzarra e perfino eccentrica, funzionale però al genio creativo che in Proust ha significato essenzialmente studio, osservazione, isolamento, recupero mnemonico, sarebbe più opportuno dire, in fin dei conti, Recherche. Céleste ha avuto il pudore necessario, quando si rispetta profondamente una persona, di tacere mentre tutti parlavano e costruivano il mito di Proust, fatto tutto accessorio del resto, vista la fama raggiunta in vita. La curiosità intorno alla sua esistenza ribaltata, secretata, centellinata a pochi intimi ha sicuramente contribuito ad alimentare false testimonianze, leggende e vere e proprie falsità ad opera di chi, dopo la sua morte ha voluto recuperare quel tenue filo che in vita lo aveva, in un modo o nell'altro, tenuto impercettibilmente legato a Proust. Questa testimonianza è nata quindi dall'esigenza di restituire un'immagine più veritiera del mito, più umana, più aderente alla realtà.
È una lettura incantevole per chi conosce l'opera proustiana, ma anche per chi vorrebbe approcciarla, anzi in questo caso sarebbe propedeutica più di qualsiasi guida alla lettura, capace com'è di testimoniare l'uomo Proust e lo scrittore, distinguendo bene le due entità senza correre il rischio di leggere il suo capolavoro come un mero recupero autobiografico. Proust è ricerca, Proust è anelito all'eternità, Proust è il tentativo di superare il concetto di tempo quale dimensione fisica per ristabilire il primato della percezione individuale delle categorie spazio temporali. Lo consiglio a tutti.
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