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La strada senza ritorno
“La strada è coperta di sabbia bianca, e i primi della fila – a mani alzate – distinguono sulla rena smossa le tracce recenti di altri piedi scalzi: piccoli – piedi di donna, ancora più piccoli – piedi di bambino, e orme profonde di anziani. Quelle tracce incerte sono tutto ciò che resta delle migliaia di persone che hanno percorso lo stesso tratto di strada, come stanno facendo queste altre quattromila e come, dopo di loro, di lì a un paio d’ore, faranno le altre migliaia che aspettano il proprio turno sul binario nel bosco. Oggi come ieri e come dieci giorni prima, oggi come domani e tra quindici giorni, oggi come per tutti i tredici mesi in cui esistette l’inferno di Treblinka. I tedeschi la chiamavano “la strada senza ritorno”.
Un’altra testimonianza dell’Olocausto che ho letto quest’anno, lasciata da una penna eccelsa, Vasilij Grossman, e che si associa a “Stalingrado”, per l’esaltazione e la celebrazione della storica battaglia in cui l’Armata Rossa sconfisse una volta per tutte l’esercito tedesco.
Sono libri che vanno letti e riletti anche se urtano la nostra sensibilità, perché parlano dell’essere umano quando di umano non ha più nulla e sto parlando sia delle vittime che dei carnefici. Una terribile ferita nella nostra storia occidentale che non bisogna coprire e ignorare, ma tenere sempre viva e presente.
Lo scrittore riporta testimonianze dirette ed indirette e ogni volta è un pugno nello stomaco, nonostante io abbia letto molte storie riguardanti questi terribili eventi, però colpiscono le riflessioni di Grossman sulla sofferenza degli uomini e delle donne che da un giorno all’altro si sono visti caricati su un treno come bestie e portati a Treblinka, in Polonia: all’inferno sotto ogni aspetto.
“È stupefacente come quelle bestie riutilizzassero ogni cosa – cuoio, carta, stoffa, tutto ciò che era servito agli esseri umani serviva, tornava utile anche alle bestie. Solo la cosa più preziosa al mondo – la vita – veniva calpestata. Intelletti generosi e robusti, anime pure, occhi innocenti di bambino, cari volti di anziani, belle teste altere di ragazza che la natura aveva faticato secoli e secoli a creare, scivolarono come un fiume silenzioso e infinito nell’abisso del nulla. Bastano pochi secondi per distruggere ciò che il mondo e la natura hanno creato nella gestazione lunga ed estenuante della vita”.
Il disprezzo e anche una certa ironica ammirazione verso i tedeschi che, come si fa coi maiali, non buttavano via nulla delle loro vittime (esseri umani!!!), finanche i capelli che venivano usati per cordami e parrucche per i più ricchi. Se l’Armata Rossa non fosse arrivata in tempo, Hitler l’avrebbe fatta franca e nessuno avrebbe potuto conoscere gli orrori dei campi di sterminio.
A noi lettori il dovere di ricordare
“tenerlo a mente ogni giorno, e con grande rigore, chiunque abbia cari l’onore, la libertà, la vita di ogni popolo e dell’umanità intera”.
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