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Una vita a colori
Claire Berest in un libro a metà strada tra romanzo e biografia, racconta l’amore totalizzante tra Frida Kahlo (“indossa gonne i cui orli racchiudono messaggi erotici ricamati da lei stessa….si acconcia secondo un rituale prezioso e con la stessa attenzione che mette nel dipingere”) e Diego Rivera (“una figura scenografica, mezzo pachiderma mezzo piovra….Diego Rivera magnetizza le donne senza che queste ne siano del tutto coscienti”). Una passione vissuta tra ispirazioni artistiche, tradimenti e conflitti coniugali di questi due grandi “pintores messicani”, rappresentata ricorrendo ad un azzeccatissimo espediente narrativo: la divisione in macro capitoli avviene sulla base dei principali colori. Attraverso il colore infatti il pittore veicola il messaggio che intende comunicare agli spettatori della sua opera, e così diventa ugualmente possibile veicolare al lettore il contenuto delle vite di questi due grandissimi artisti.
Si comincia con il blu che descrive la prima giovinezza di Frida, il terribile incidente che subisce -lo scontro tra il bus su cui viaggiava ed un tram- che la condizionerà fisicamente e psicologicamente per il resto dei suoi giorni. Ma è proprio a seguito di questo evento che Frida inizia a dipingere, come necessità per trascorrere il tempo durante il periodo di degenza (“Dipingere le dà sollievo. Dipinge perché è inchiodata al letto”) e proprio in questi anni avrà l’occasione di conoscere Diego.
Si prosegue quindi con il rosso, colore della passione, del sangue, dell’amore viscerale che lega Frida a Diego, croce e delizia della sua vita a causa dei continui tradimenti coniugali, della sfacciataggine con cui compiva le sue scappatelle mentre Frida sopportava e piangeva in silenzio (“Sai perché piango? Perché nella mia vita sono stata vittima di due incidenti orribili, Diego, il primo è stato il tram. L’altro quando ti ho incontrato”). Il rosso definisce anche il periodo artistico forse più rappresentativo e prolifico per Diego che assieme a Frida si sposta negli Stati Uniti per diverse commesse artistiche tra San Francisco, Detroit e New York.
A seguire il giallo, colore che rappresenta invece il momento della maturità artistica per Frida. Questa volta infatti sarà lei a soggiornare per lungo tempo negli Stati Uniti dove il suo talento espressivo trova pieno riconoscimento. Ma la lontananza da Diego si fa sentire, i pensieri che gli rivolge, le lettere che gli scrive ne sono un esempio (“è per te che io dipingo, perché tu possa guardare quello che c’è dentro la mia testa”). La lontananza tuttavia anziché sanare vecchie ferite acuisce un senso di disagio nella coppia, in particolare in Diego.
Infine il nero, colore che apparentemente evoca oscurità, negatività un epilogo nefasto. Ma riprendendo il titolo del libro nulla è nero e nulla può scalfire un legame realmente indissolubile come questo. Perché nonostante tutto anche l’amore di Diego nei confronti di Frida è indissolubile e niente potrà mai separare questa coppia che continua a vivere ai nostri giorni, e che continuerà nell’eternità, come risulta facilmente intuibile dalle parole di Frida:
“Tutto quello che i miei occhi vedono e che il mio io tocca, quale che sia la distanza che ci separa, è Diego. Diego, il colore del colore”.
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Commenti
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Considero la protagonista di buon livello, ma niente più. Non comprendo tutto il mito che le gira intorno o che lei stessa ha costruito per sé. Penso che qualche 'rituale' pittoresco che hai citato non sia bastante a mettere su tanto interesse (o tanto polverone ? ).
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