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Ipazia, un volto da ricostruire
Alessandria d'Egitto, quarto secolo dopo Cristo, brulica ancora di filosofi neoplatonici, matematici e astronomi, ultimi baluardi pagani all'avanzata del cristianesimo.
Prende le mosse in maniera prorompente il predominio del culto cristiano, relegando nel buio ogni corrente di pensiero non conforme e in opposizione, scatenando violenze, distruzioni e morti.
I maestosi templi pagani, luoghi votati alla conservazione di testi e all'insegnamento, vengono dati alle fiamme cancellando per sempre un passato detestabile al nuovo sentire.
Tra le vittime mietute dalla cieca ragione dell'intolleranza, una donna divenuta un simbolo: il suo nome è Ipazia. Figlia di un filosofo alessandrino, fin da giovane si nutre di cultura e di scienza, fuggendo le occupazioni tipiche del mondo femminile e sostituendosi all'anziano padre presso le scuole alessandrine.
Una vita spezzata di cui le fonti narrano con efferata violenza forse per dissuadere gli ultimi resilienti pagani.
Per chiunque si accinga a riportare alla luce la vita di Ipazia, la difficoltà è data dalla distruzione di tutte le fonti dirette, come i testi da lei scritti, dovendo pertanto ricorrere a notizie riportate di cui occorre soppesare con cautela il grado di veridicità, sgrossando eventuale patina di enfasi o di invenzione.
Il breve saggio scritto dall'accademica Silvia Ronchey prende vita da un'analisi approfondita di tutto il materiale documentale che ad oggi è giunto a noi; un lavoro complesso e certosino di cui le oltre cento pagine di note esplicative poste a chiusura del piccolo tomo ne sono la prova.
Una lettura di approfondimento piuttosto agevole, il cui fine ultimo non è la pretesa di aver trovato la verità assoluta sulla vita e la fine di Ipazia, ma di fornire al lettore tutti gli strumenti per poter maturare un'idea propria, sfrondando parte della mitizzazione che nei secoli è sorta intorno alla figura di questa eroina.
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