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Una morte ingiustificata ma non dimenticata
Dopo il “Cappotto blu” (Talos Edizioni, 2015) Anna Maria Balzano torna in libreria con “Il nostro tempo è breve. La resistenza civile di Caterina Martinelli”, un elaborato che non solo conferma la grande capacità narrativa dell’autrice ma che è anche intriso di un’unica forza empatica tanto da entrare sin dalle prime battute nel cuore del lettore.
Ma chi era Caterina Martinelli? Caterina Martinelli è stata una donna che ha subito la guerra, la carestia, la prepotenza del fascismo e dei nazisti; una donna che è perita per mano di un militare della PAI perché, insieme a molte altre mogli e madri, in uno sciagurato giorno di metà aprile appena dopo aver appena compiuto i quarant’anni nel giorno 16 dello stesso mese, nell’azione di conquistar uno sfilatino di pane per sfamare le sue sei figlie e garantire un minimo di cena anche al marito Giuseppe, spazzino con una paga di appena 400 mila lire e attivo nella resistenza mediante la diffusione del giornale de “L’Unità”, è entrata nella scia di un proiettile sparato ad altezza uomo per ripristinare un sovvertito ordine pubblico.
Ha inizio nel 1943 l’accurata ricostruzione della vita della protagonista attuata dalla Balzano. È una ricerca meticolosa, precisa, minuziosa in ogni piccolo dettaglio che nulla lascia al caso tanto dal punto di vista stilistico, elegante ed erudito, quanto visivo, essendo l’intero testo, avvalorato da foto e immagini atte a ricostruire nella mente del conoscitore quella dimensione ad oggi per molti lontana e/o dimenticata.
E non solo è ammirevole il gran lavoro di ricerca storica realizzato dalla scrittrice, altrettanto degna di nota è la sua capacità di trasmettere e rievocare i pensieri di questa donna, emblema della perfezione fascista ricercata, tuttavia con un animo, pensieri e opinioni assai distanti che non riuscivano ad essere espressi a parole.
«Ogni guerra, qualora fosse davvero necessaria e inevitabile, cosa assai discutibile, dovrebbe contenersi nei limiti del rispetto dei diritti umani delle popolazioni civili. Era ciò che Caterina sentiva, e non sapeva esprimere. Le mancavano i mezzi espressivi. Riusciva solo a ripetere: “Non è possibile, non è giusto, non è possibile. Sono bestie”.» p. 38
È una figura che a più riprese confessa di non interessarsi alla politica e al conflitto, di tenerli su un piano separato, di non essere sufficientemente “competente” ad occuparsene, eppure, significativo e fondamentale per rendersi conto dello spessore del personaggio nonché della realtà storica narrata, è quel mutare d’animo che giorno dopo giorno a fronte di un aumento indiscriminato e inarrestabile dei prezzi, con una borsa nera sempre per più pochi, con sempre meno denaro per sfamare la propria famiglia, e innanzi a rastrellamenti e fucilazioni ingiustificati è in un crescendo di indignazione affatto incline a continuare a calare il capo, a lasciar che le cose scorrano per quel che sono.
«Nel suo ruolo di madre costretta a sopravvivere nella miseria, non aveva né il tempo né i mezzi per partecipare a qualsivoglia forma di resistenza organizzata. Non le rimaneva che mostrare più apertamente e chiaramente di prima il proprio disprezzo nei confronti di un occupante spietato e feroce» p. 42
In conclusione, “Il nostro tempo è breve” è uno scritto che fa riflettere su quel che è stato e su quel che è il nostro paese, sul ruolo delle donne negli anni del Secondo Conflitto Mondiale, sui valori (oggi troppo spesso dimenticati), sulla famiglia, sui sentimenti, ma è anche un saggio che fa meditare sul senso della vita, sulla sua temporaneità e sull’importanza di quel che viviamo e lasciamo una volta che quella sabbia della nostra personale clessidra ha terminato di scorrere.
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