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Chi era Giovanni Piubello
Il quarto volume del cofanetto dedicato a Giovanni Piubello, dopo che era stato pubblicato nei primi tre ogni suo scritto, è una sua biografia, frutto di più mani e in grado, ancor di più della lettura delle sue opere, di far comprendere chi fosse prima di tutto l’uomo e poi l’artista. Si avvicendano così fonti di diversa natura, che vanno dalle testimonianze ai documenti, da alcune prose autobiografiche a fotografie, da un breve riepilogo della sua vita, più che altro anagrafico, a brevi interventi di chi l’ha conosciuto e ha inteso delineare il suo ritratto. Sono ben 353 pagine che per varietà, novità anche e qualità dei diversi autori sono in grado di far conoscere Giovanni anche a chi non ha mai avuto occasione di vederlo, oppure di chiarire la natura del personaggio a coloro, fra i quali il sottoscritto, che hanno avuto occasionalmente l’opportunità di scambiare due chiacchiere. Nel mio caso penso sia accaduto non più di un paio di volte, peraltro brevi, e avevo ritratto l’impressione di un uomo originale, non matto, ma comunque diverso dalla media, più interessato a parlare di letteratura che a vendere, tanto che mi chiesi all’epoca se quella bancarella non costituisse solo il passatempo di un uomo che viveva di rendita. E invece era la sua unica fonte di reddito, che non gli consentiva di certo voli pindarici. E’ molto bello leggere come ne parla chi l’ha conosciuto non di certo occasionalmente e i giudizi sull’uomo e sull’artista sono convergenti: Piubello era così, un poeta, anche se scriveva soprattutto la prosa, che viveva romanticamente per la sua arte, per le conversazioni letterarie con gli amici, per qualche riunione conviviale con fini sempre culturali; però era sostanzialmente solo, tranne la compagnia di qualche felino, perché era scapolo e non avrebbe potuto essere diversamente dato il tipo di vita scelto. Fra le testimonianze mi ha colpito una di Andreina Bergonzoni che ebbe modo di conoscerlo per puro caso mentre si aggirava per Mantova alla ricerca di notizie su Arturo Frizzi per la sua tesi di laurea. L’incontro non fu il solo e quindi il giudizio della Dr.ssa Bergonzoni non può essere considerato di primo acchito, ma ponderato. Scrive, fra l’altro: “Tornai con un bottino di notizie che mi avrebbero consentito di scrivere almeno tre capitoli della mia tesi, con uno strano libro di Gobbi ricevuto in dono e con una certezza in cuore: avevo incontrato un poeta, un uomo che aveva fatto della libertà la sua bandiera, dell’onestà intellettuale un credo, di quella bancarella una patria dell’anima.”. Sono dell’opinione che quelle poche parole dopo i due punti riescano a descrivere in modo impeccabile Giovanni Piubello, un uomo e un artista rari; entrambi avrebbero meritato maggior fortuna, ma come posso io pensare che le soddisfazioni economiche e materiali dovessero arridergli? Non ha mai cercato la notorietà e anche dopo la pubblicazione di Matti beati e la vincita del premio Duomo non ha fatto nulla per battere il ferro quando era caldo; no, a Gioàn non interessava leggere il suo nome a lettere cubitali sui giornali, né seguire la vendita delle sue opere, non era questo il suo mondo perché invece la bancarella era il rifugio sicuro in cui riusciva a stemperare, con gli incontri con la gente e lo scambio di parole, una tristezza di fondo che lo portava alla solitudine, un male intimo non raro nei poeti e non dimentichiamo che Gioàn scriveva anche poesie.
La lettura di questo libro è quindi sicuramente consigliata.