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Il feroce (?) Saladino
C’è stato un tempo, all’incirca verso la fine degli anni ‘30, che il Saladino, o meglio il feroce Saladino è stato a lungo ricercato, perché tutti lo volevano per completare la raccolta delle figurine Panini; chissà in quell’occasione se almeno qualcuno dei collezionisti si sia chiesto chi fosse mai questo Saladino e perché quell’aggiunta di feroce che sembrava farne uno spauracchio. In passato, ma anche in epoche meno lontane, si è sempre teso a demonizzare figure che potevano rappresentare un pericolo per un ordine costituito, per esempio, ad Alessandro VI, il papa Rodrigo Borgia, si è sempre accomunata l’immagine di una belva assetata di sangue per il semplice motivo che nei suoi scopi vi erano anche quelli di riunire tutta l’Italia in un unico stato sotto la guida del figlio Cesare; non era un uomo magnanimo, ma quanto a efferatezze non era peggio degli altri potenti dell’epoca che sul suo conto misero in giro voci quasi sempre infondate. Nel caso del Saladino piuttosto il problema fu un altro, perché questo principe dell’aristocrazia militare curda fu quello che riuscì a strappare per sempre il Santo Sepolcro ai cavalieri cristiani e al loro comandante Riccardo Cuor di Leone. Per il resto, Salah al-Din, questo era il suo nome, poi volgarizzato in Saladino, se non era un esempio di bontà, non era però dissimile dai suoi stessi nemici. L’onta però fu tale che i Cristiani che, non dimentichiamolo, strapparono ai mussulmani una Gerusalemme a cui tutti prima potevano accedere, anche per giustificare lo smacco pensarono bene di attribuirgli crudeltà e nefandezze di ogni genere, in larga parte inventate, che lo fecero diventare il feroce Saldino. Tanto per dare un’idea di come un epiteto possa prendere forza, da allora quando le madri dovevano riprendere i figli per qualche marachella li minacciavano di far intervenire il feroce Saladino.
Certo, ogni epoca ha le sue violenze e anche nel XII secolo non si scherzava, si era ancora nel medioevo, un periodo però non così buio come i precedenti, visto che cominciò a riprendersi lentamente l’economia e le genti riacquistarono un po’ di quella voglia di vivere che l’ossessivo “memento mori” più volte ripetuto dai monaci negli anni più oscuri aveva quasi cancellato.
Franco Cardini, nel parlarci di questo grande personaggio, che perfino Dante stimò al punto da inserirlo nella Divina Commedia nel limbo (non era battezzato) anziché sbatterlo, come si sarebbe potuto ipotizzare, all’inferno, in effetti ci porta a conoscere un’epoca., con le idee dominanti, gli usi, i costumi, cercando anche di evidenziare quelle connessioni sempre esistite fra mondo cristiano e mondo mussulmano. Ne scaturisce un grande affresco in cui la figura del Saladino, pur senza essere sminuita, assume le caratteristiche di un pretesto, di un pretesto per parlare dei nostri legami con l’Islam, più che due religioni con non pochi punti di contatto, due culture, non diametralmente opposte come si potrebbe pensare. L’epoca in questione poi vedeva addirittura un predominio intellettuale dei cosiddetti arabi, che già due secoli prima avevano avuto un medico, filosofo e matematico del calibro di Avicenna e che contemporaneo del Saladino e di Riccardo Cuor di Leone potevano presentare una stella di prima grandezza come il medico, filosofo e astronomo Averroè.
Quindi, la lettura è senz’altro consigliata.
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