Dettagli Recensione
Intelligenza politica
Leggere Giuseppe Fiori è una garanzia, certi il piacere della lettura, la completezza delle informazioni, il rigore documentaristico delle sue biografie; dopo quella dedicata a Gramsci è giunta la volta, per me, dell’altra pietra miliare della storia sarda: Emilio Lussu. E non vada oltre, con atteggiamento da snob, chi pensa si tratti di passione regionalistica; qui siamo di nuovo di fronte alla storia italiana, europea, a tratti extraeuropea, che ha caratterizzato il secolo scorso.
La vicenda umana di Emilio Lussu è racchiusa tra il 1890, anno della nascita ad Armungia, paese del Gerrei, sud Sardegna, e il 1975 anno della morte a Roma, in miseria a ottantacinque anni. Una vita intensa che abbraccia i natali presso una famiglia di alto rango, gli studi, la laurea all’alba dell’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale, la guerra con la gloriosa Brigata Sassari, il passaggio dall’interventismo alla condanna del conflitto, il disagio del reduce, le prime esperienze politiche, la nascita del Partito Sardo d’azione, il fascismo, l’antifascismo, il confino, l’evasione da Lipari, l’antifascismo all’estero, in perpetuo esilio e in perpetua fuga, l’amore di Joyce, la guerra civile, la Resistenza indipendente durante la seconda guerra mondiale, l’attività di scrittore, la ricostruzione dello stato postfascista, l’attività da parlamentare, la svolta socialista. Un raro esempio di rettitudine, coerenza, intelligenza politica che termina il suo percorso esistenziale proprio quando l’Italia ne avrebbe avuto ancora estremo bisogno.
La biografia è dunque densa di eventi e puntellata di importanti snodi ideologici che permettono di comprendere il pensiero politico di Lussu, le esigenze che lo animano, il contesto storico che lo nutre e lo respinge. Vengono citati, fra gli altri, i romanzi Un anno sull’altipiano e Marcia su Roma e dintorni, e il racconto Il cinghiale del diavolo ad arricchire l’aspetto biografico mentre i saggi chiariscono il pensiero e la sua evoluzione, rendendo il profilo dell’uomo ancora più elevato rispetto all’azione che non certo si risparmiò. In particolare “Tirannicidio e terrorismo”, con la ricusazione di ogni forma di violenza anche contro il tiranno, benché, al di là di ogni ipocrisia, l’impresa di uccidere un dittatore sia moralmente sentita come grande. La capacità di riflettere sul terrorismo come atto politico e di non scinderlo dal mero atto fuorilegge, da evitarsi dunque, oltre alla capacità di intuire la potenza inversamente proporzionale rispetto all’obiettivo primario, il prestigio del dittatore aumentando, rendono la dissertazione una lezione dall’alto valore civile e morale. Utile anche la riflessione contenuta nello scritto “La ricostruzione dello stato”, e la lucidità di pensiero che lo caratterizza teso al rinnovamento di tutta la classe politica all’insegna dello stato democratico e repubblicano. Emerge un pensatore dal grande pragmatismo, poco compreso dai contemporanei, capace di analizzare il fenomeno italiano del comunismo e di sorridere dell’“anticomunismo epilettico”, così lo definiva, che non permetteva aperture ideologiche ai socialisti. Il socialista più comunista che si sia mai visto, guai però a chiamarlo tale, arriva ad abbandonare il Psi, già aveva lasciato il Psdaz, non accettando la scelta di Nenni di collaborare con la Dc. Coerente fino alla tomba.
Ottima lettura, per tutti e per ogni tempo.
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