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Le donne e la guerra
La Storia senza le revisioni ufficiali racconta le scelte dolorose delle donne, la paura, l’umiliazione, la tristezza, la vergogna della morte. La giornalista e scrittrice Ritanna Armeni incontra Irina Rakobolskaja, vice comandante del 558° reggimento che, durante la seconda guerra mondiale, con le sue compagne, ferma l’avanzata dei nazisti verso Mosca. La vegliarda ricorda e confida la storia di quel “gruppo di giovani che volevano a tutti i costi una parità che pareva impossibile, un’emancipazione che superava ogni limite e che alla fine ce l’avevano fatta” (p.35).
Irina ricorda la bruna cantante lirica Raskova che incontra e convince Stalin a costituire i reggimenti di sole aviatrici selezionate e addestrate per il bombardamento notturno. Seguendo i fatti, non considero “il piccolo padre” della nazione sovietica un conoscitore e, men che mai, un promotore dell’emancipazione delle donne. Marina e Joseph, l’una inconsapevolmente, l’altro per opportunismo, inaugurano i tre reggimenti delle streghe della notte.
Molte donne accorrono al grido: “Care sorelle, è arrivata l’ora di una dura ricompensa: entrare nei ranghi di guerrieri per la libertà”. Nel 1942, il reggimento delle stupidine, come viene apostrofato, decide non solo di difendere il Paese, ma anche di vendicare le compagne uccise e di bombardare il nemico tedesco.
Le donne devono spicciarsi, devono essere forti e perfette, devono mettercela tutta. Devono combattere contro uomini e come uomini, non confinate al ruolo di infermiere e di telefoniste. In molte occasioni sapientemente descritte, il dimostrare di essere più degli uomini diviene un gioco al massacro, un tiro alla fune. Leggo le vicende che in modo accurato e sensibile Armeni raccoglie come un passaggio obbligato nella via di liberazione del pensiero femminista.
Ne šagu nazad! Non un passo indietro. Il comando è resistere oltre la confusione, oltre il disorientamento, oltre le sconfitte, con azioni decise per rompere e per rivendicare. Figlie della Rivoluzione, partono per la guerra, vogliono salvare la Patria, attraverso l’ostilità, lo scetticismo, la diffidenza e lo scherno dei colleghi aviatori dell’Accademia Žukovskij. A convincersi assieme che Ženš?ina možetvsë, una donna può tutto.
Possibile siano donne? Così brave, abili, precise, spietate? Così incuranti del pericolo? Arrivano la notte all’improvviso, seminano il terrore e poi toccano di nuovo il cielo. Misteriose, sfuggenti, inafferrabili. Sembrano streghe. Nachthexen, streghe della notte. (p.12)
Mi spiace, ma riconosco che questo è stato il cammino dolorosamente obbligato delle donne che hanno consentito l’evoluzione. A loro è toccato di diventare complici della guerra per essere accettate come uguali – perché poi il dovere di essere uguali? – ed è toccato di darsi e dare morte per un pericoloso senso del patriottismo. La Storia che desidero approfondire è anche lo sguardo dei vinti, delle persone morte di paura, dei bambini, delle streghe.
Non era loro l’eguaglianza a scuola o sul lavoro promessa dalla patria socialista, non erano stati sufficienti i manifesti che sui muri delle città e dei paesi annunciavano che le donne potevano salire sui trattori, andare nei cantieri e sugli aerei. Avevano preteso anche la parità tragica e feroce delle bombe e della morte. ( p.18)
Mi chiedo se il cammino di autonomia di ogni donna deve naturalmente attraversare lo stadio della competizione con il maschio, per giungere, solo in seguito, alla scoperta di un territorio differente di sentimento, di pensiero e di comportamento rispetto alle regole di dominio, di prevaricazione e di uccisione. Oggi, siamo sicure che applicarci per somigliare agli uomini sia un guadagno? Siamo sicure di non perdere la nostra forza, l’energia vitale, contendendo il potere agli uomini? Come mai ancora ci importa di dimostrare che le donne possono tutto?
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