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Un socialista particolare
Soprattutto dopo aver letto questa interessante biografia sono più che mai convinto che certi personaggi possano nascere solo in Italia. Perché? Basta leggere la vita di Nicola Bombacci, romagnolo purosangue, amico fraterno di Mussolini, prima fervente socialista, poi fondatore del partito comunista italiano, da cui fu espulso per il suo non allineamento alle direttive della segreteria, non perseguitato durante il ventennio e che addirittura, all’indomani della liberazione di Mussolini dalla sua prigione sul Gran Sasso e successiva fondazione della Repubblica Sociale Italiana, si fiondò a Gargnano, dove dimorava il duce e si mise a sua disposizione. Credo che una vita così avventurosa e anche piena di controsensi sia pressoché unica, vita che come sappiamo si conclude il 28 aprile 1945 sul lungolago di Dongo con la morte per fucilazione, unitamente ad altri gerarchi fascisti, fra i quali Pavolini. Il libro di Petacco è ben scritto e ben documentato, finisce inoltre con il ripercorrere la storia del partito socialista italiano dagli anni antecedenti la Grande guerra fino a quello in cui si conclude la seconda guerra mondiale. Non c’è la pretesa di dire tutto e di parlare di tutto, resta però il fatto che con un personaggio come il mite Bombacci è impossibile esaurire il tema in poche pagine, perché ci troviamo di fronte a un uomo che, oltre a provocare la famosa scissione di Livorno nel partito socialista con la fondazione del partito comunista, è stato un testimone d’eccezione dei primi anni anni della Russia sovietica, frequentando a Mosca Lenin e costituendo un ponte ideale fra la rivoluzione russa e quella fascista, in ciò stimolato dalla dirigenza del Comintern e con il compiaciuto assenso di Mussolini. Oratore di indubbie capacità (i suoi comizi erano sempre un successo e lo furono anche nel breve periodo della Repubblica Sociale Italiana), un po’ narcisista, era uomo politico più teorico che pratico e ciò lo si nota anche negli articoli della Carta di Verona, le cui basi, strutture e indirizzi furono senz’altro sue e approvate da Mussolini; questo manifesto della RSI è sostanzialmente socialista, ma, se gli intenti sono ottimi, le modalità per raggiungere uno stato che vedesse paritetici capitale e lavoro nel comune interesse sono alquanto fumose e di difficile realizzazione, soprattutto in un periodo come quello, con l’Italia invasa e la guerra civile in corso. Prima di cadere sotto i colpi del plotone di esecuzione pare abbia gridato “Viva Mussolini! Viva il socialismo!” e c’è da credere che sia vero, perché l’uomo, pur non avendo dei concetti ben precisi di quello che dovrebbe essere una democrazia socialista, tuttavia intimamente apprezzava e desiderava un mondo in cui il lavoro e i lavoratori potessero trovare dignità di protagonisti non subordinati. Il suo corpo, come quelli degli altri fascisti giustiziati a Dongo e di Mussolini e della Petacci, eliminati a Giulino di Mezzegra, finì appeso a Milano a Piazzale Loreto e nel documento che attestava la fucilazione sotto il suo nome c’era scritto “Supertraditore”, perché tale era considerato dai suoi ex compagni comunisti.
Da leggere.
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Questo libro a me è piaciuto molto : mi ha fatto scoprire un personaggio politicamente piuttosto particolare ; mi ha sorpreso soprattutto il ruolo che ha avuto nella Repubblica di Salò.