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Una biografia stupenda
Si è abituati al fatto che normalmente i testi di storia sono ponderosi e comunque di non gradevolissima lettura. Questo è in generale, ma se il saggio è scritto da Alessandro Barbero tutto cambia e così, pur nel rigoroso rispetto delle tracce storiche, si innesta uno stile, non privo di una salutare ironia, con il quale personaggi, vicende politiche, fatti militari diventano piacevolissimi da leggere. E’ anche questo il caso di Federico il Grande, una stupenda biografia del Re di Prussia del XVIII secolo che gettò le bassi di quella che poi, un centinaio di anni dopo, sarebbe diventata la Germania. E’ indubbio che la politica espansiva di Federico II di Hohenzollern meritasse un’attenta analisi storica, se non altro perché, con il senno di poi, in tutto l’Otto-Novecento si sono confrontate due posizioni diverse, e cioè Federico che ha lasciato un’eredità avvelenata alla Germania con il suo completo assolutismo, il suo militarismo, il suo vero e proprio culto, fanatico, del dovere che sovrasta la questione morale; oppure, all’opposto, Federico è la leggenda intorno alla quale si è costruita l’identità tedesca. Ma al di là di queste posizioni antitetiche che, pur tuttavia, presentano anche dei punti comuni, non mi sembra che a Federico II si abbia da imputare la nascita del nazismo e del terzo Reich; in fondo di monarchi assoluti ce ne sono stati tanti, magari di minor spessore, ma non per questo hanno gettato i semi di quella che sarebbe stata la tragedia del XX secolo. Eventualmente, se di colpe si può parlare, queste dovrebbero essere attribuite al Kaiser Guglielmo, che non contento di aver riunificato i tedeschi in una grande Germania voleva anche espandere in grande i confini della stessa. Ci può essere solo una certa assonanza fra la politica di Federico e quella di Hitler in quella volontà di trovare un nuovo spazio vitale a Est, ma le coincidenze finiscono qui. Quello che è interessante in Federico il Grande è Federico stesso che ci viene mostrato da Barbero nel corso della sua esistenza dall’adolescenza alla morte, un adolescenza che lo vide contrapposto decisamente al padre, salvo poi subentrato lui sul trono adeguarsi a quanto pretendeva il genitore. Era un uomo di controsensi: filosofo, amante dell’illuminismo, ma sovrano assoluto, di un assolutezza completa e rigida, amava leggere e scrivere, era un buon suonatore di flauto e un buon compositore di musica classica, l’altro sesso gli interessava ben poco, ma ciò non significa che fosse un omosessuale, era un gran lavoratore, entrava in ogni questione amministrativa e infine era qualcosa che all’epoca e anche in seguito delineò la sua leggenda, cioè era un grande condottiero. Ma non vinceva sempre, perdeva anche, spesso per ingenuità, e quando vinceva invece rivelava un intuito incredibile. Insomma un personaggio così non può che interessare gli storici, ma anche incuriosire i profani, i lettori alla ricerca di una conoscenza del passato. Barbero, con questo saggio, è in grado di accontentare chiunque voglia sapere chi fosse Federico II, chiamato il Grande, un protagonista assoluto della sua epoca, ma il cui influsso, come ho accennato in precedenza, si è esteso anche ai secoli successivi.
Non mi resta che augurare buona lettura, certo che “buona” lo sarà senz’altro.
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Penso proprio di averlo letto, tempo fa. Anche il 'dispotismo illuminato' è stato un momento di transizione.
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