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Uomini contro
Dalla primavera del 1916 a quella dell’anno successivo la brigata ‘Sassari’ fu spostata dal Carso all’Altopiano di Asiago per contrastare la pressione esercitata dagli austriaci nel perenne tentativo di raggiungere la pianura veneta. Il tenente Lussu segue il suo reparto e, vent’anni dopo i fatti, ne ricostruisce le vicende limitandosi a cambiare i nomi e a romanzare qualche riferimento: ne esce un diario di guerra esemplare nel mostrare l’insensatezza del conflitto e la criminale crudeltà dei comandi. L’autore era stato fervente interventista ed era partito volontario, ma già l’esperienza nella Venezia Giulia ne aveva mutato profondamente il modo di pensare: sebbene il trasferimento ad Asiago fosse stato visto in un primo momento come un sollievo rispetto alle pietraie carsiche, ben presto si accorge che anche la guerra di montagna viveva delle ormai ben consolidate atrocità. Ecco allora gli assalti allo scoperto sotto il fuoco dei mitraglieri nemici, l’artiglieria che prima non c’è e poi bombarda le proprie linee, la tragica farsa delle corazze che corazze non sono, le conquiste pagate a carissimo prezzo e abbandonate dopo una manciata di ore: Lussu ne racconta con un tono volutamente misurato e quasi dimesso che ha lo scopo di far risaltare l’assurdità della situazione. Con altrettanta efficacia è disegnata l’esperienza di trincea, segnata dalla paura costante, ma che, tra un’assalto e l’altro, finisce per scorrere con il suo ripetitivo tran-tran (peraltro punteggiato con costanza da morti e feriti) perché la vita continua persino nelle situazioni estreme: è notevole il contrasto con i pochi momenti di rilassamento vero vissuti dalle retrovie da uomini che sapevano di poter morire da un giorno all’altro, come nella scena del soldato appartato con una ragazza in cui l’autore letteralmente inciampa o nella rivalità del protagonista e del tenente Avellini per una giovane di buona famiglia. I rischi condivisi impongono a Lussu e ai suoi parigrado di stare sempre dalla parte della truppa considerata carne da macello contro alti comandi che superano volentieri il limite del sadismo e che vengono incarnati dal generale Leone nonché dal più subdolo suo successore Piccolomini: nell’esercito si riflettono così le distinzioni di classe presenti nella società, fino a spingere il tenente Ottolenghi alla rabbiosa e sconsolata considerazione che il vero nemico sta alle spalle. Quando lo scrittore e i non numerosi compagni che sono sopravvissuti ripartono le condizioni non sono in pratica mutate dal loro arrivo: un ‘pareggio’ costato migliaia di cadaveri – inclusi molti degli amici più cari – e raccontato in un libro che, grazie alla sua prospettiva dal basso, restituisce come forse nessun altro gli orrori dimenticati di una guerra per troppo tempo permeata di retorica.
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