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Il progetto irrealizzato di Cavour
Certo é che fra la storia che insegnano a scuola e quella che si apprende leggendo saggi di illustri autori c’é una bella differenza. Ricordo a tal proposito che l’insegnante ci spiegò che arrivammo all’unità d’Italia grazie all’abilità e alla perseveranza di Camillo Benso conte di Cavour, a cui sembrava proprio calzante l’appellativo di “Grande tessitore”. In verità, già allora mi era sorto qualche dubbio, anzi dubitare é sempre bene, perché è l’unico modo, poi, per avvicinarsi, se non proprio a raggiungerla, alla verità. Ora questo saggio di Petacco sembrerebbe provare che le cose non andarono proprio così, che il ministro piemontese aveva scopi ben diversi e che, operando esclusivamente nell’interesse dei Savoia, avesse delle idee che con l’unità nazionale nulla avevano a che fare. Diciamolo francamente: se si sostiene un onere corposo, quale quello di una o più guerre, deve essere più che compensato da tangibili risultati economici e l’idea di sottomettere al regno sabaudo l’Italia settentrionale con la ricca Lombardia e il non povero Veneto finì con l’essere il fine a cui il Cavour mirava intessendo le sue trame di ragno paziente. Fu in tal senso che, durante un abboccamento diretto con colui che avrebbe dovuto diventare il principale alleato nella guerra contro l’Austria, vale a dire Napoleone III, gli fu prospettato – e l’interlocutore si dichiarò d’accordo – un piano per dare un assetto all’Italia, a quel territorio che non a caso il Mtetternich ebbe a definire una pura espressione geografica. In buona sostanza il progetto si articolava così:
1) piemontesizzazione dell’Italia settentrionale, nel senso che il Regno di Sardegna si sarebbe annesso la Lombardia, il Veneto, fino all’Istria e alla Dalmazia;
2) un regno dell’Italia centrale con capitale Firenze comprendente l’Emilia, la Toscana;
3) un regno del Sud, comprendente, oltre a quello delle due Sicilie, l’Umbria e le Marche, sottratte allo Stato Pontificio;
4) Una federazione di questi tre stati con presidente, a titolo onorario, del Pontefice, quest’ultima idea piuttosto bislacca, poiché il Papa, contro una perdita consistente del suo territorio, avrebbe avuto solo un incarico simbolico.
Vista l’approvazione del futuro alleato Napoleone III, sembrava cosa già fatta, ma i guai cominciarono quando i Borboni di Napoli, bigotti e papalini, si accorsero che il vantaggio che a loro ne veniva (annessione di Umbria e Marche) derivava da un esproprio dello stato pontificio e ovviamente non aderirono.
Cavour tuttavia non demordeva, brigando ancora per la realizzazione del suo progetto che, a mio parere, se concretizzato avrebbe avuto vita breve, ma poi sappiamo che il colpo decisivo, il definitivo impedimento venne con la spedizione dei Mille, autorizzata in segreto dal re, caldeggiata dalla massoneria e dagli inglesi e avversata appunto da Cavour.
Quindi, addio stato federale e anzi inizio di un nuovo organismo unitario, basato su un forte e anti autonomista potere centrale.
E’ un pezzo importante della nostra storia, poco conosciuto, in quanto volutamente ignorato nell’insegnamento scolastico, e quindi direi che la lettura di Il Regno del Nord è quanto mai utile e opportuna.
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