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Gli impiegati del male
“Hannah Arendt (1906-1975), filosofa tedesca, allieva di Heidegger e Jaspers, emigrata nel 1933 dalla Germania in Francia a causa delle persecuzioni contro gli ebrei, dal 1941 ha insegnato nelle più prestigiose università degli Stati Uniti”.
E’ questa l’introduzione alla biografia dell’autrice riportata sul retro di questo piccolo libro. La banalità del male è la storia vera del processo a Eichmann, uomo del Reich, fuggito dopo la guerra, catturato a Buenos Aires e giudicato dal Tribunale di Gesuralemme per aver commesso “in concorso con altri” crimini contro gli ebrei.
“La banalità del male” presenta già nel titolo il suo senso. Eichmann si è macchiato di crimini orrendi eppure non è il mostro che ci si potrebbe aspettare. L’uomo è un essere mediocre, banale, un mero esecutore di ordini.
Sono questi gli uomini malvagi che hanno decretato la fine di migliaia e migliaia di ebrei? Esseri apparentemente non in grado di discutere un ordine, di distinguere il bene dal male?
Un libro da leggere per capire quanto siano simili a noi i carnefici di questo secolo.
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