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La ricerca della verità
Il 10 giugno 1940, dal balcone di Palazzo Venezia, Benito Mussolini annunciò all’Italia che le dichiarazioni di guerra erano state consegnate agli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna; dalla folla che gremiva l’immensa piazza si levò un unanime urlo di consenso. Certo, nella moltitudine moltissimi erano i fascisti di provata fede, ma è anche vero che alla luce delle impressionanti vittorie dell’alleato tedesco si era convinti che il conflitto potesse avere brevissima durata e con esito a noi ampiamente favorevole. Lo stesso Duce aveva questa convinzione, benchè sapesse della nostra impreparazione; quindi giocò d’azzardo e, come sappiamo, perse e con lui persero tutti gli italiani, gravati da una guerra disastrosa e terrificante. Quindi Mussolini, nel mentire al popolo sulle nostra capacità belliche, mentì anche a se stesso e del resto, come ebbe a dire Churchill, in tempo di guerra la verità è così preziosa che bisogna nasconderla dietro una cortina di bugie.
In tutti i conflitti, anche quelli in corso, questa massima è puntualmente rispettata, ma se ce fu uno in cui divenne pratica comune fu proprio quello del 1940 – 1945. In un regime che viveva di menzogne queste, a maggior ragione, erano continue durante la guerra, ma sarebbe un errore attribuire le colpe unicamente al Duce, che pure restano e sono gravissime, in quanto ampie responsabilità sono attribuibili alle classi politiche, militari, economiche e anche intellettuali, animate da una fiducia incondizionata in Mussolini, trasformata in occulta e anche palpabile avversione quando le cose cominciarono ad andare male. Insomma, senza voler troppo polemizzare, il ventennio e la guerra ci sono stati perché hanno trovato il terreno di coltura idoneo in un popolo ben poco socialmente unito, con ampi strati volti a coltivare illusioni, salvo poi, quando si rivelano tali, scaricare tutte le colpe su chi le ha propinate.
Arrigo Petacco, con la sua scrittura semplice, ma efficace, scrive la storia di questi cinque anni di guerra con un ritmo incalzante, senza ricorsi alla retorica e cercando di far luce sulle tante menzogne dell’epoca; certo, parlare a posteriori di questo tragico evento può sembrar facile, anche per i numerosi studi effettuati nel dopo guerra; quello che è difficile é l’essere imparziale nei giudizi e mi sembra che l’autore lo sia stato, volto a togliere ogni mito, perfino quello della Resistenza, pur attribuendole un valore rilevantissimo. La realtà è ciò che vediamo, la verità è quello che spesso non riusciamo a scorgere; Petacco non ha la pretesa di portare agli occhi del lettore la verità assoluta, ma solo quella di fare un po’ più di chiarezza, perché capire ciò è effettivamente accaduto è l’unico modo, poi, per mettere in pratica tutto quanto necessario affinché non si ripeta.
Il libro é appassionante, e spesso si legge come un romanzo, con un palcoscenico su cui trovano posto tutti i grandi dell’epoca, ma anche i popoli e gli eserciti, in un dramma intenso e che coinvolge emotivamente fino al suo epilogo.
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