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Affinché chi non sa possa sapere
Questo libro ha una strana origine, in quanto nasce dai testi preparatori e dalle lezioni tenute presso l’Università di Torino comprese nel corso 1985 – 1986 di Storia contemporanea tenuto dal professor Giorgio Rochat, con il tema “L’Italia nella Seconda guerra mondiale”. In tale ambito, su invito del cattedratico, Nuto Revelli ha tenuto una serie di lezioni sulla base dell’esperienza acquisita e con lo scopo di far conoscere ai giovani studenti che cosa fosse il fascismo nel ventennio. E lo scrittore piemontese era più che qualificato per tenerle, con il suo passato di fascista, come erano tutti gli italiani senza sapere cosa fosse il fascismo. Nel discorso se ne inserisce un altro e cioè se la storia deve essere vista dall’alto, dal quadro generale, o se debba essere frutto del particolare, delle vicende di ognuno degli ignoti protagonisti. Revelli in questo è salomonico, nel senso che ritiene che di debba tener conto di entrambi i metodi, per quanto sia visceralmente portato al contatto umano, a quelle piccole storie che nel loro insieme fanno la grande storia.
Seguiamo così la sua personale storia, da fascista inconsapevole e anche orgoglioso di esserlo, come può essere un giovane cresciuto a libro e moschetto, alla tragica realtà della nostra avventura in Russia nel corso della seconda guerra mondiale che aprirà (meglio tardi che mai) gli occhi a moltissimi. Si svelano in quel tragico teatro bellico le menzogne del regime: il nostro esercito é il più organizzato del mondo (e invece la disorganizzazione era la regola), la nostra aviazione é la più forte di tutte (e invece faceva pena), il nostro armamento è insuperabile ( e si combatteva con fucili progettati nel 1891 e con la preda bellica della Grande Guerra). L’autore rivive i tragici giorni della ritirata, il ritorno in Italia, lo sconforto per chi non crede più in un sistema e non ha al momento alternative. Queste verranno, dopo il 25 luglio 1943 e, soprattutto, dopo l’8 settembre dello stesso anno. La ribellione, prima ancora che un atto politico, è un atto intimo, è la presa di coscienza che è indispensabile ripensare la propria vita. Ed è dura l’esistenza alla macchia, braccati dai fascisti e dai tedeschi, con poco cibo e il domani sempre incerto. Revelli non é uno spaccone e ci parla della sua esperienza partigiana senza mai esaltarsi, citando vittorie e sconfitte, anche se la sconfitta peggiore sarà il dopo, finita la guerra, con i fascisti che rialzano la testa e vogliono ritornare protagonisti di un paese che nelle sue istituzioni non li avversa, ma spesso li aiuta.
Scritto in modo semplice e immediato Le due guerre é un libro che tutti dovrebbero leggere, che dovrebbe rientrare nei programmi scolastici, perché chi per l’età non può sapere deve essere reso edotto di quale immane tragedia sia stato il fascismo.