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L'armata nel deserto
 
L'armata nel deserto 2016-07-15 03:50:25 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    15 Luglio, 2016
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Grazie, Ultra!

In una guerra ci sono sempre battaglie che, se non possono essere definite risolutive della stessa, rivestono però una particolare importanza, poiché segnano un’inversione di tendenza. Fino all’epico scontro di El Alamein nel corso della seconda guerra mondiale la vittoria aveva sempre arriso alle armate del Terzo Reich, ma la sconfitta subita in quel piccolo villaggio, che era talmente piccolo da costituire una semplice espressione geografica, segnò una svolta al corso degli eventi, perché in seguito l’asse Roma – Berlino vide sempre una progressiva riduzione dei territori in precedenza occupati e una lenta, ma inesorabile ritirata delle sue truppe, soprattutto dopo la batosta di Stalingrado. Di questa grande battaglia nel deserto, anche se in effetti gli scontri furono tre, di cui solo l’ultimo determinante, parla questo interessante saggio storico di Arrigo Petacco. In verità l’autore, per opportuna completezza, discetta dell’intera guerra tenutasi in territorio libico, allora nostra colonia, e parte proprio dalle primissime fasi del conflitto, segnate dal tragico incidente di cui fu vittima, con l’equipaggio del suo bombardiere, Italo Balbo e che rallentò, fino a quasi paralizzare, qualsiasi nostra azione volta a contrastare l’esercito inglese e a conquistare l’Egitto. Certo ci fu l’eccessiva prudenza del nuovo comandate in capo della nostra armata in Libia, il generale Rodolfo Graziani, ma è altrettanto vero che, oltre a non essere preparati come mezzi per una guerra moderna, i piani generali erano inconsistenti ed estremamente vaghi. Fu anche per tale ragione che l’esercito inglese, inferiore ampiamente di uomini al nostro, ma superiore come qualità dell’armamento, ci inflisse a fine 1940 una sconfitta di grandi proporzioni, a cui si pose rimedio solo accettando, finalmente, l’aiuto tedesco che inviò un apposito corpo di spedizione comandato dal generale Erwin Rommel, uomo dalla forte personalità che, benchè sulla carta subordinato al comando italiano, fece sempre di testa sua, dapprima ricacciando gli inglesi, e poi marciando direttamente verso il canale di Suez. Alla luce di ciò fra gli alleati italiani e tedeschi nacquero degli attriti, tanto più che le condizioni delle nostre truppe, pure encomiabili per dedizione e coraggio, erano deplorevoli. Per combattere però in un territorio vasto, inclemente e spopolato come il deserto erano indispensabili i rifornimenti, che potevano arrivare solo via mare dall’Italia, ma questi venivano in buona parte persi per l’affondamento delle navi che li trasportavano, silurate o dagli aerei, oppure dalle motovedette, che partivano da Malta, una vera e propria spina nel fianco e che, per un motivo o per l’altro, nonostante un piano predisposto per la sua invasione, non si riusci mai a rendere inoffensiva. C’è di più però, perché se è pur vero che quasi magicamente gli inglesi sapevano tutto di questi trasporti, è altrettanto vero che avevano la possibilità di leggere i piani dell’avversario. Nessuna magia, ma la presenza di Ultra, un prezioso decodificatore delle comunicazioni tedesche; il Comando Supremo tedesco avrebbe dovuto senz’altro insospettirsi, vista la straordinaria coincidenza fra gli orari, le velocità dei convogli e le rotte seguite con gli attacchi inglesi. ma lo stillicidio delle navi perse andò avanti, sia perché gli inglesi seppero mimetizzare Ultra, sia perché l’Intelligence Service fabbricò ad arte il sospetto che le informazioni fossero fornite da qualche alto ufficiale italiano traditore. Al riguardo, poiché i tedeschi non stimavano gli italiani, abboccarono e non pensarono nemmeno per un momento che i loro preziosi codici potessero essere decifrati. Però dare il merito solo a Ultra della vittoria inglese nella terza e decisiva battaglia di El Alamein (23 ottobre – 3 novembre 1942) è troppo riduttivo; certo, concorse e non poco, ma la sconfitta venne anche per altri motivi: la scarsità del carburante, il logoramento dei mezzi e degli uomini, che si batterono tuttavia eroicamente, sia tedeschi che italiani, la malattia che colpì Rommel, una vera e propria depressione provocata dalle prime serie difficoltà dopo tanti successi - ma che non gli impedì comunque di compiere una ritirata prodigiosa, con la quale salvò quasi tutta l’armata -, le forze nemiche più numerose, meglio armate e comandate dal generale Montgomery, che se non era altrettanto bravo del comandante tedesco, sapeva però il fatto suo.
Ma con questa sconfitta, benchè non tramutatasi in una rotta, se si era spezzato qualcosa nello spirito di Rommel, si spezzò ben altro nei destini della guerra, visto che, come ho sopra precisato, da allora non avvennero nuove conquiste, anzi, se pur lentamente, la Germania e l’Italia cominciarono a ripiegare e imboccarono la strada della definitiva sconfitta.
Da leggere, perchè è un’opera di sicuro interesse, avvincente peraltro come un romanzo.

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