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LA VITA IMITA L'ARTE
Il libro di Stajano dedicato all’avvocato Giorgio Ambrosoli, ucciso dalla mafia su mandato di Michele Sindona, scritto nel ’91, inizia con un citazione de “I promessi sposi” : “Per tutto cenci e, più ributtanti dei cenci, fasce marciose , strame ammorbato, o lenzuoli buttati dalle finestre”. Se non l’avessimo letta fra i banchi di scuola la descrizione degli effetti materiali e morali della peste sul panorama urbano e extraurbano potremmo credere che le parole di Alessandro Manzoni fossero cronaca fedeli della nostra realtà. Già perché il capolavoro del grande scrittore lombardo è la carta d’identità dell’Italia unita e la fotografia del Paese lì contenuta ad ogni pagina non è affatto ingiallita con il passare dei decenni e con l’avvento delle varie trasformazioni imposte dal tempo. C’è infatti un filo conduttore che lega la storia di Renzo e Lucia, “Gomorra” di Saviano e “Romanzo Criminale” di Cataldo e i suoi epigoni: la malattia etica delle classi dirigenti corrotte e spesso colluse a vario titolo con le organizzazioni criminali che hanno reso cronica la peste in Italia. Il libro inchiesta di Stajano racconta la lotta impari per emergere dallo “strame ammorbato” di un’altra Italia, un’Italia periferica, schiva alla luce dei riflettori, animata certo da passione civile e figlia forse di una Milano illuminista ma senza grandi aspirazione se non quella di vivere in una società civile ed equa. Di questo paese ai margini è un simbolo Giorgio Ambrosoli, monarchico, di estrazione borghese, incaricato quasi casualmente di liquidare la banca di Michele Sindona finanziere con amicizie importanti, considerato dalla politica “salvatore della lira” L’ossimoro del titolo, eroe borghese, riassume il senso del dramma: la battaglia contro il male è epica e impone d’essere eroe a chi vorrebbe essere persona normale. Il libro illustra la quotidianità del professionista e di chi lo sostiene, ravvivata dal rigore morale e dal senso della stato e in parallelo attraverso i documenti le stanze del potere, politico e finanziario, popolate da un sottobosco di massoni e faccendieri e caratterizzate dalla certezza dell’impunità o dall’ambiguità complice. “Un borghese gentiluomo” ha tutto del poema epico o del romanzo tranne che nella conclusione: l’eroe muore davanti a un passo carraio e ai suoi funerali, il 14 Luglio 1979, lo Stato, assente, non innalza bandiere.
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Bellissimo anche il film, di Michele Placido, con un bravissimo Fabrizio Bentivoglio ad impersonare il commissario liquidatore della banca di Sindona. Una storia e metafora di profondo impegno civile.
Grande segnalazione da parte tua, Augusto.
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