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Missione # 16
In ogni guerra si disallineano i piatti della bilancia, l’uno che si inabissa nella morte piu’ atroce e l’altro che brinda alla vittoria. Così, dopo le molte letture di fonte giapponese sulla tragedia di Hiroshima mi sembrava corretto approfondire anche il fronte opposto, quello vittorioso americano. Magari spingendomi qualche giorno oltre il primo olocausto atomico , su Nagasaki, su una spedizione militare meno dibattuta ma altrettanto micidiale, che vide anche un giovane italo-americano tra i suoi protagonisti.
Federico Giovanni Olivi detto Fred nacque negli Stati Uniti , figlio di prima generazione di due migranti italiani . Il 9 agosto 1945 , come copilota, egli era a bordo del B29 – il Bockscar - che sgancio’ la bomba atomica su Nagasaki. Una missione che trovo’ non poche difficolta’ in volo e che , a causa del cielo nuvoloso, manco’ il primo obiettivo sulla citta’ di Kokura , sfiorando piu’ volte il fallimento.
“Nagasaki per scelta o per forza” e’ la pubblicazione italiana dei diari di Olivi, un documento di ampio spettro. Indietreggiano infatti le pagine al 1890 , quando lo zio di Fred approdo’ a Chicago in cerca di fortuna, lontano dai begli ulivi nei pressi di Viareggio. Fotografia del sogno americano, di un bambinetto agghindato da cow boy che, da adulto, nel pieno della seconda guerra mondiale, decise di rispondere ai dispacci affissi ai muri e coronare il sogno di volare, arruolandosi come volontario nell’esercito. Quindi l’addestramento , l’approdo sull’isola di Kinian - base del Pacifico da cui decollo’ anche il B29 Enola Gay verso Hiroshima - e la destinazione ad una operazione segreta che cambio’ la storia.
La pubblicazione rappresenta una testimonianza importante, scritta in prima persona dal pilota e corredata da numerosissime fotografie e documenti ufficiali.
Penna colloquiale ma gradevole, il demerito va al morbo del punto esclamativo che ha colpito la mano di Olivi, conferendo al testo un tono troppo leggero anche nelle situazioni piu’ serie. Non credo si tratti della frivolezza dell’uomo, quanto piuttosto alla poca attitudine alla composizione letteraria dello scrittore e alla mancanza di editing della casa editrice, cui concedo l’attenuante di avere riportato una testimonianza senza alterarne la fonte.
Imperdonabile invece nelle numerose e utili note di riepilogo che la medesima sbagli la cronologia oraria dello sgancio di Little Boy, inserendo alle 9,15 la deflagrazione quando tutti gli orologi di Hiroshima smisero di ticchettare alle 8,15. In saggistica non sono dettagli, sono errori clamorosi.
E ancora non si capisce il perche’ del proclama sull’ anteprima mondiale in Italia dell’inedito nel 2006, quando l’edizione in lingua inglese ando’ in stampa col titolo di “ Decision at Nagasaki, the mission that almost failed” nel 1999.
Per concludere, se cercate il dibattito oppure l’attimo in cui l’uomo vacilla, se auspicate nell’imparzialita’ critica o nel barlume di un minuscolo rimorso, virate lontano dal rapporto di Olivi.
Era un militare volontario, patriota, orgoglioso di partecipare a un evento decisivo sebbene inconscio della reale potenza dell’ordigno trasportato. E nemmeno decenni dopo lo scoppio, quando effettivamente divennero di pubblico dominio le informazioni sulla catastrofe atomica, egli fu sfiorato da un piccolo dubbio.
Depurato il testo dagli inconvenienti elencati, direi che e’ un lavoro molto interessante per chi vuole approfondire l’argomento. Buona lettura.
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Non tollero i punti escalamativi.
Pero' e' un punto di vista interessante e lo rileggerei sicuramente.
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