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Le guerre fasciste
Dal 3 ottobre 1935, data in cui iniziarono le operazioni militari contro l’Etiopia, al 2 maggio 1945 l’Italia fu sempre in guerra, un triste primato nella nostra storia e, quel che è peggio, non fu dovuto a un incolpevole coinvolgimento, perché si trattò di conflitti avviati da noi, con formali dichiarazioni di guerra in alcuni casi e in altri con improvvise aggressioni. I teatri operativi furono i più vari e gli esiti non sempre fortunati, per una nostra cronica deficienza di mezzi adeguati e per una perniciosa e costante impreparazione non solo sul campo, ma anche in sede progettuale. La guerra d’Etiopia, quella di Spagna, nel Mediterraneo, nei Balcani, in Africa settentrionale e in Russia furono volute da Mussolini, un uomo la cui vanità lo portò a sottovalutare gli altri e a sopravvalutare se stesso, la stessa vanità che lo indusse a costituire la Repubblica Sociale Italiana , con il risultato di avviare una sanguinosa e devastante guerra civile. Già ho scritto, in altre occasioni, che il capo del fascismo, oltre ad avere quasi nessuna qualità, era succube del suo stesso mito e, man mano che passavano gli anni, pur ridimensionando il suo ruolo, aveva un’ambizione mai soddisfatta w tale da offuscargli quel poco cervello che gli era proprio. Al riguardo basti pensare a quanto ebbe a dire orgogliosamente al suo segretario nel 1944, al ritorno da una visita in Germania all’amico e padrone Adolf Hitler:“ Una volta finita vittoriosamente questa guerra, tutta l’Italia settentrionale, fino al Po, sarà annessa al Reich. Il resto diventerà una colonia, di cui io sarò il viceré”. Da padrone del mondo a viceré, da padre ideologico di Hitler a succube dello stesso, una parabola discendente che si chiuse con la sua esecuzione. Di queste guerre, promosse esclusivamente dal duce, parla questo libro di Rochat, noto storico militare, e in effetti viene trattato proprio il loro aspetto strategico, dimostrando, senza ombra di dubbio, che lo sforzo massiccio in Etiopia e poi in Spagna depauperò il nostro esercito, rendendo di fatto impossibile, per almeno un decennio, la partecipazione ad altri conflitti, e invece Benito Mussolini, pur ben consapevole, non ne tenne conto, giocando d’azzardo, contando sulle vittorie degli alleati e su un po’ di fortuna, con conseguenze disastrose. Come il suo alter ego Hitler era convinto di essere un grande stratega e che avesse un senso la politica anche in campo militare; sbagliava e l’Italia conobbe i dolori e gli orrori della guerra. Mussolini non fu sfortunato, poiché nulla fece per preparare adeguatamente i suoi progetti di conquista, fu semplicemente un folle che ancor oggi trova un certo seguito in gente che non vuole vederlo per quello che era: incapace, feroce e pavido.
La trattazione di Rochat è molto puntuale, infarcita da innumerevoli dati sulla consistenza dei nostri mezzi e di quelli dei nostri avversari, sulla condotta delle campagne e sui loro esiti. Purtroppo questa sovrabbondanza di elementi di valutazione se da un lato si commenta da sé, dall’altro appesantisce non poco il discorso, rendendo poco gradevole la lettura. Non ho nulla da obiettare sulle capacità di Rochat, storico assai stimato, ma credo che se fosse riuscito a introdurre – e le occasioni non mancavano – qualche spunto di ironia la piacevolezza ne avrebbe beneficiato non poco. Lo stile invece è incolore, accademico, più da testo universitario che da libro di amena e istruttiva lettura.
Comunque, per chi volesse documentarsi sulle guerre italiane e di come nacquero e si svolsero il volume mi sembra di grande utilità e interesse, per cui la lettura è senz’altro consigliata.
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