Dettagli Recensione
La forza del pensiero
Due grandi pensatori riuniti in un solo volume: Antonio Gramsci e Peppino Fiori.
Giuseppe Fiori è un dono della mia splendida terra:è stato giornalista, romanziere (Sonetaula) ma ancor prima biografo (Gramsci, Michele Schirru, Berlinguer, Lussu, i Fratelli Rosselli) e parlamentare. La sua vena biografica si è certamente e prevalentemente imbevuta di Sardegna e ciò gli fa onore perché la sua opera ha restituito ritratti a tutto tondo come solo un conterraneo può fare e non per vicinanza emotiva, ideologica, geografica ma per humus, quello che solo la terra di ciascuno di noi può instillarci.
Questa biografia fu la sua prima, venne pubblicata nel ’66 ed ebbe grande risonanza perché restituiva una lettura del grande pensatore sardo nutrita di fonti di prima mano, di lettere inedite, di testimonianze di amici e di parenti ma soprattutto perché rompeva vetusti schemi e ideologie “della vecchia ortodossia a quel tempo dominante nel Pci” (Fiori nell’avvertenza contenuta nella ripubblicazione per i tipi di Ilisso nel 1995). Osò insomma far emergere contraddizioni, dissidi, lacerazioni di cui mai si era apertamente parlato e che in realtà furono l’essenza dell’originalità del pensiero gramsciano.
Instillata la dovuta curiosità, non avrò l’ardire di addentrarmi ad analizzare il pensiero politico, mi propongo invece di attirare il maggior numero di lettori avvicinandoli ad un eccellente biografia.
Il primo obiettivo di Fiori è sicuramente quello di regalarci un ritratto a tutto tondo e fedele, inizia quindi con lo sfatare la credenza che vedeva Gramsci nascere da umile famiglia, in realtà il padre nato a Gaeta dirigeva l’ufficio del registro, possedeva licenza liceale, finì in carcere ingiustamente e solo questa sventura gettò la famiglia nella più assoluta povertà . Peppina Marcias, la sua cara mamma, sola, riuscì ad allevare la numerosa famiglia e nel contempo a garantire ai figli l’istruzione. Fin dall’infanzia il fisico minato da un’inspiegabile deformità permise al nostro di affinare la sua forza di volontà .Leggere di una noce sulla schiena, dei consulti medici e della terapia consistente nello stare appeso ad una trave del soffitto lascia uno sconcerto profondo. Tuttavia non si percepisce una figura mitizzata, basta la realtà dei fatti a investirlo di un' aura speciale. La sua prima infanzia viene contestualizzata con un’efficace quadro della situazione socio- politica dell’isola : le catastrofi bancarie, il collasso agricolo, l’assenza delle industrie, il riversarsi della forza lavoro nei bacini minerari del Sulcis e la nascita di una larvale lotta collettiva al sistema, superato l’atavico, mitico, oltreché individualista approccio che nutrì tanto banditismo. Fu il piemontese Cavallera ad alimentare la neonata congrega sindacale che sfociò nel famoso eccidio di Buggerru (tre morti del sottoproletariato minerario) il quale avviò il primo sciopero nazionale italiano. Nel 1908 Gramsci frequentò il liceo Dettori a Cagliari, sottoponendosi a numerose privazioni ( mangiò per otto mesi una sola volta al giorno) ma entrando anche in contatto con il professor Raffa Garzìa, trentatreenne direttore de “L’Unione Sarda”; sono gli anni in cui si sentirà maggiormente attratto dall’imperante “social sardismo eterodosso” che imponeva la lotta di classe contro i continentali ricchi. Seguirono gli anni dell’università a Torino resi possibili, ma a prezzo di enormi sacrifici non solo economici , grazie alla borsa di studio istituita dal Collegio Carlo Alberto a favore degli studenti poveri delle province dell’ex regno. Dalla Sardegna due candidati ottennero il beneficio: Palmiro Togliatti dal Liceo Azuni di Sassari ( secondo posto in graduatoria) e Antonio Gramsci (nono posto).
Rigidi inverni torinesi, fame, freddo, problemi di salute, sessioni di esami inevase, i primi scioperi (novantasei giorni di lotta), il diritto di voto esteso agli analfabeti che fece di Gramsci un socialista. Le lettere di questo periodo,inedite al tempo, testimoniano e raccontano la disperazione di un ragazzo studioso e volenteroso lacerato da seri problemi di salute e da estrema abnegazione oltre che da un intimo senso del dovere. Al quarto anno di Lettere l’orientamento filosofico era crociano, Fiori mette indubbio le testimonianze che tendono a retrodatare la formazione marxista secondo lo studioso da addebitarsi ad un’età più matura.
13 .04. 1914 : ultimo esame, tra la fine del ’15 e i primi del '16 “nasceva il rivoluzionario professionale”.La redazione de”L’Avanti”, la rubrica “Sotto la Mole”, il credere al metodo maieutico di educazione delle masse, il rifiuto dell’anticlericalismo, la Rivoluzione russa, l’ ”Ordine Nuovo”, il primo numero terminati gli anni bui del primo conflitto mondiale. I consigli di fabbrica, le divisione del PSI, i Congressi dell’Internazionale.
Profumo di storia.
Lenin che riconosce le tesi gramsciane, la frazione comunista, la nascita dell’omonimo partito avendo cercato prima di rinnovare al massimo il partito socialista. Gramsci escluso per accuse di interventismo, inaccettabili. Gramsci anticipatore della pericolosità del fascismo. Gramsci e l’amore. Il primo mandato d’arresto, l’illusione di poter sconfiggere il fascismo e dentro quell’illusione la speranza di un’Italia migliore, l’esperienza parlamentare e l’immunità, l’esperienza dell’Aventino e il tentativo, fallito, di lanciare il Primo sciopero generale politico. Gramsci antistanilista. Un cervello lucido anche nei periodi più difficili, un uomo solo, votato al sacrificio estremo, una sentenza a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni, un P.M. capace di sentenziare un tristissimo: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”.
Un cervello che nell’immobilismo carcerario non si fermò mai e vergò a mano 2484 pagine in trentadue quaderni: l’eredità per le nuove generazioni.
Una mamma morta alla quale scrive perché nessuno gli può comunicare una notizia così dolorosa, un padre a Ghilarza che ancora lo attende invano mentre giunge, impietosa, la nuova della sua morte e una casa si riempie di cordoglio. Un padre che va via due settimane dopo, trascorso il suo ultimo doloroso tempo a rileggere le righe di un figlio alla mamma che non sapeva morta:” La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini”.
Opera tradotta in dieci lingue, un successo letterario meritato e durevole nel tempo, uno scritto capace di istruire, sorprendere, commuovere. Fondamentale.
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Commenti
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ti faccio i complimenti per la recensione, nella quale sei riuscita a trasmettere tutti i punti di forza del testo e la ricchezza che trasmette al lettore
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