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Padrone (non padre) dell’Europa
Carlo, detto Magno, nacque il 2 aprile 742 in una località imprecisata e morì ad Aquisgrana il 28 gennaio 814, vivendo quindi per circa 72 anni, un lasso di tempo che oggi ci pare alla portata di tutti, ma che all’epoca era privilegio di pochi. Figlio di Pipino il Breve divenne re dei Franchi nel 758, allorchè scomparve suo padre; ne continuò la politica, volta da un lato a continue conquiste e dall’altro a mantenere un rapporti privilegiato con i Papi. Sul piano militare estese sempre di più i confini del regno, conquistando addirittura quello longobardo e venendo così in soccorso al pontefice Leone III che ne temeva l’espansione, aiuto che fu talmente apprezzato tanto da incoronarlo imperatore a Roma in un soleggiato mattino del Natale dell’800. Certo, questa nuova corona non faceva che sancire gli straordinari risultati ottenuti in tanti anni dai Franchi, popolazione di origine germanica, ma assumeva un significato del tutto particolare, in quanto il territorio dominato era di tale ampiezza da far risorgere l’impero romano d’occidente, senza dimenticare il privilegio di tenere con lo scettro anche la qualifica di difensore della cristianità. Insomma, Carlo di strada ne aveva fatta e poteva ben dirsi soddisfatto, con un riconoscimento della sua potenza anche dal punto di vista della legittimità. Infatti, la corona postagli sul capo dal papa, rappresentante di Dio in terra, era il segno di una volontà non umana, ma divina, a che lui fosse considerato a tutti gli effetti il signore dell’Europa. E’ di questo personaggio che parla il bel saggio storico di Alessandro Barbero, di quest’uomo che aveva in verità una visione non solo di conquista, ma di riunificazione di tanti territori europei fino a ricostituire nuovamente il Sacro Romano Impero d’Occidente. Da lì a definirlo uno dei padri dell’Europa può anche sembrare un azzardo, ma in ciò lo storico piemontese è confortato dal fatto che nel 1957 Schuman, Adenauer e De Gasperi, nel gettare le basi della futura Unione Europea, scelsero come patrono di quella che sarebbe stata la nuova realtà proprio Carlo Magno. Senza voler contestare le teorie di Barbero, storico oculato e che di certo ne sa molto più di me, non sono del tutto d’accordo nel considerarlo uno dei padri dell’Europa; infatti la visione dell’imperatore dei Franchi non era tanto rivolta al futuro, bensì al passato, appunto a quel Sacro Romano Impero d’Occidente che di per sé sembra la negazione di una confederazione quale dovrebbe diventare il nostro continente; gli si possuo però attribuire i meriti di essere riuscito a pervenire a una fusione fra latini e germani, di aver avviato riforme, fra cui, importantissima, quella di un unico sistema monetario, una moneta argentea che può essere considerata un euro primitivo. Come al solito Barbero è capace di presentarci il personaggio in tutte le sue sfaccettature, durante la vita di ogni giorno, una giornata fitta di impegni e lunghissima, perché Carlo era sostanzialmente un accentratore, e delegava poco. I capitoli più belli sono quelli relativi alla guerra, al governo dell’impero, all’impulso dato all’economia, alla macchina militare franca. Fu certamente un grande sovrano, ma la sua figura è oggetto di tante leggende che lo hanno fatto diventare un mito, attribuendogli capacità e meriti di gran lunga superiori a quelli che effettivamente aveva. Il suo regno, comunque, costituì una sorta di piccolo rinascimento in un medioevo prima confuso e chiuso in se stesso. Fu però solo una parentesi e proprio per questo il merito è tutto suo.
Da leggere, ovviamente.