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L’assenza è una presenza costante
“Mi sa che fuori è primavera” di Concita De Gregorio ripropone il caso di Livia e Alessia (“Alessia e Livia sono nate il 7 ottobre, come la nonna Mayme, quella di cui porto il nome e della cui madre rivivo la sorte”), figliolette di Irina Lucidi e Mathias, rapite dal padre – morto suicida – e mai più ritrovate.
Dopo la separazione, intervenuta per scelta di Irina, che intende reagire a un marito “psicorigido”, che soffre di “ansia da controllo”, e a un ambiente familiare troppo formale e ipocrita, senza avvisaglie preventive Mathias rapisce le due figliolette e si dà la morte. Livia e Alessia non saranno mai più ritrovate.
Nell’opera viene scolpita la disperazione di una donna che si chiede come ha potuto non premonire la tragedia, se ha il diritto di amare ancora, e se ha titolo per nutrire qualche speranza di ritrovare in vita le figlie.
L’analisi psicologica, la rivisitazione dell’iter delle indagini (“Queste indagini che non hanno indagato nulla se non la tua colpa di aver scelto di separarti da Mathias”), le lettere scritte a familiari e non, tracciano in drammatica sequenza un percorso che ha condotto Irina sino all’impegno sociale di “Missing Children Switzerland”.
La narrazione è ibrida: cronachistica, epistolare, intimistica (“Un amico è quella persona per cui anche se è cambiato tutto non è cambiato nulla”), spesso affidata al flusso delle libere associazioni come negli elenchi che la protagonista redige: cose che mi irritano, cose che mi piacciono, cose che non devo dimenticare (Todo quadra).
Giudizio finale: sconcertante per la vicenda narrata, terapeutico nella disperata proposta esistenziale e d’impegno sociale.
Bruno Elpis
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Complimenti per la recensione.
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Ferruccio