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"La memoria, il futuro"
Diciamo subito che questo libro su Sciascia è molto interessante, ma non raggiunge la qualità della biografia di Pirandello, dello stesso biografo Matteo Collura, intitolata "Il gioco delle parti".
Ciò, secondo me, perché sono state qui usate quasi esclusivamente fonti pubbliche, in quanto Sciascia non ha lasciato dietro di sé scritti privati, appunti, diari. Tant'è che l'intera esistenza dello Scrittore ci pare vissuta sotto l'insegna della Ragione, usata come orientamento e forse come riparo.
Fanno eccezione le testimonianze sugli ultimi giorni di vita : davanti allo spettro della morte, la ragione non vuol sentire ragioni.
Se l'aver intaccato la riservatezza di un'agonia ci mette a disagio, occorre però riconoscere che in questo modo ci viene restituita un'immagine umanissima di questo Autore, di cui conosciamo essenzialmente il distacco, almeno apparente, che lo caratterizzava.
In fondo, "la scrittura non è che il trasferimento in letteratura di un modo di essere, di un modo di concepire e vivere la vita". E Sciascia poneva l'impegno civile fra le priorità. Anche per questo ammirava tanto Manzoni : "la scrittura come impegno morale", la profonda conoscenza della Storia, forse il senso religioso non asservito al potere; dimensione, quella religiosa, che il letterato siciliano sempre visse in un ambito interiore e privato.
"I promessi sposi", sosteneva, è un libro che "contiene già tutto quanto noi conosciamo: la mafia, (...) l'ingiustizia, l'emigrazione...". La mafia, appunto. "Questo è un paese di mafia più di atteggiamenti che di fatti; benché i fatti (...) non si può dire che manchino"; e confida: "quando denuncio la mafia, nello stesso tempo soffro poiché in me (...) continuano a essere presenti (...) i residui del sentire mafioso".
Con l'avanzare dell'età e per quanto vedeva intorno, Sciascia diventa sempre più pessimista: "vent'anni fa credevo possibile che il mondo potesse cambiare; oggi non più". Come notava Moravia, i racconti polizieschi del nostro Autore partono spesso dalla chiarezza, ma finiscono nel mistero.
In questo pessimismo, come già avvenne per G. Verga, si fa strada la pietà come valore insostituibile.
Negli ultimi scampoli di vita, emerge uno scrittore che vuole dare un orientamento diverso alla sua produzione: voleva scrivere una storia che fosse un messaggio di speranza, "un atto estremo di ottimismo che dia senso alla sua vita e alla letteratura", dice il biografo. Raccoglieva documenti su una vicenda realmente accaduta nel '45, in cui due uomini di opposta ideologia politica fanno prevalere il sentimento della solidarietà. Il libro che non ci è giunto: non fece in tempo a scriverlo.
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Commenti
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Spesso è come dici tu.
Effettivamente è un libro parecchio interessante. L'inferiorità rispetto a quello su Pirandello, secondo me, deriva non tanto dal biografo, quanto dalla disponibilità delle fonti, che qui sono quasi interamente 'pubbliche', quindi già conosciute da chi segue Sciascia. Su Pirandello invece c'è una valanga di corrispondenza privata, ai figli..., per non parlare dell'epistolario a Marta Abba: ne esce un uomo che vive dolorosamente ed estremamente condizionato dall'emotività.
Su Pirandello sono stato molto sorpreso dalle fonti che non conoscevo: quante lacrime ha versato quell'uomo!
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