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Così uguali, così diversi
Nonostante tutti gli studi storici effettuati e le molteplici biografie, sia di sostenitori che di detrattori, ancor oggi il personaggio del conte Alessandro Cagliostro resta avvolto in un alone di mistero. Si tratta del truffatore Giuseppe Balsamo, oppure del nobile di origini portoghesi, grande umanista e autore del famoso motto “Liberté, Fraternité, Egalité”?
Questo saggio di Roberto Gervaso, pur senza affermare nulla, anzi procedendo con particolare cautela, tenderebbe a identificare in un’unica persona Giuseppe Balsamo e Alessandro Cagliostro, sulla base di argomentazioni non solo plausibili, ma anche condivisibili. Ma credo che sia opportuno procedere per gradi, perché altrimenti il responso di Gervaso potrebbe riuscire ancora più misterioso del personaggio stesso.
Giuseppe Balsamo nasce a Palermo il 2 giugno 1743, da umile, ma non misera famiglia, e fin da giovane si fa notare per essere uni scavezzacollo, propenso a delinquere per autentica vocazione. Sposa a Roma nel 1768 Lorenza Serafina Feliciani, analfabeta a differenza del marito che ha un’infarinatura culturale per alcuni anni di studi nell’Istituto San Rocco per gli orfani, e poi nel convento dei Fatebenefratelli di Caltagirone, dove era stato forzatamente rinchiuso onde cercare di raddrizzare quella sua indole ribelle e da sfaticato.
La coppia avvierà una vita errabonda, sostando poco in ogni località, proprio perché lui campa di espedienti truffaldini, così che è costretto a spostarsi di sovente, il che non impedisce che di tanto in tanto venga rinchiuso in qualche carcere. Pur innamorato della moglie, la utilizza spesso per i suoi scopi, prostituendola, circostanza che alla signora non riesce difficile, visto che è per indole di facili costumi. I due viaggiano in Italia e all’estero ed è qui che approdano in Inghilterra, ove lui si ingegna a campare con le sue truffe; scoperto, finisce in galera per insolvenza, ma in forza delle grazie della moglie riesce a uscire. Poi, nuovi viaggi sul continente, e infine il ritorno a Londra nel 1776, un anno che è fondamentale, perché avviene qualcosa di sorprendente in Giuseppe Balsamo, che si trasforma da mariuolo di bassa levatura in un autentico incredibile personaggio. Cosa accadde di tanto importante? Il 12 aprile 1776 Giuseppe è iniziato alla massoneria, diventando in breve, da semplice adepto, maestro e poi gran maestro, capace di un proselitismo senza precedenti e talmente compenetrato nella nuova posizione da creare una nuova loggia, con rito egizio. Alla massoneria, si sa, aderiscono uomini e donne importanti, gente che conta, quasi sempre molto danarosa, insomma il terreno di caccia ideale per un truffatore come lui, che per far dimenticare le sue origini, prende il cognome di alcuni parenti, Cagliostro, assume anche un nuovo nome e dato che un titolo costituisce sempre una buona presentazione, diventa conte, per la precisione il conte Alessandro Cagliostro. Grazie ai confratelli può muoversi in tutte le corti europee e stupisce con i suoi prodigi di guaritore, di alchimista e di vaticinatore. C’è bisogno di denaro? Semplice, basta rivolgersi a Cagliostro, farsi dare un numero della lotteria e questo immancabilmente esce; si soffre di un malanno che nessun medico è ancora riuscito a guarire? Su va da Cagliostro e il corpo torna sano. La pietra dell’anello di fidanzamento sembra troppo piccola? Ci si rivolge a Cagliostro e il diamante o lo zaffiro aumentano di caratura.
Pare incredibile che nel secolo dei lumi ci sia così tanta gente che crede a queste cose, e non si tratta solo del popolino, ma anche di nobili di alto lignaggio, come il cardinale di Rohan, che diventerà suo amico e che, involontariamente, lo trascinerà nella famosa truffa della collana della regina, da cui Cagliostro uscirà sì assolto, ma ormai irrimediabilmente compromesso.
Infatti, se l’esito del processo gli è favorevole, il suo prestigio viene spezzato e gli amici massoni prendono le distanze da lui, togliendo in pratica l’indispensabile appoggio. Tornato a Roma con la moglie é imprigionato dal Sant’Uffizio e condannato, oltre che per truffa, per eresia e finirà la sua vita in un’orrida cella nel carcere di San Leo.
Ci si chiede ora come abbia potuto trasformarsi il mariuolo Giuseppe Balsamo nel famoso e anche letterato conte Alessandro Cagliostro, un uomo che aveva l’immenso potere di suggestionare.
Secondo Gervaso, anni prima aveva contratto in Spagna la lue; nel periodo di incubazione della malattia (circa 10 anni) la spirocheta, agente dell’infezione, aveva irritato le sue cellule cerebrali, esaltandogli le facoltà psichiche e stimolando la creatività come una vera e propria droga, dall’effetto sorprendente e non temporaneo. Il decorso del morbo, poi, la sua manifestazione avevano fatto sì che le cellule del cervello piano piano morissero, così che il Cagliostro che tornò a Roma era un uomo in cui la demenza stava prendendo il sopravvento. Ci si chiede anche perché lo Stato della Chiesa ce l’avesse così a morte con lui e questo atteggiamento trova una spiegazione nel timore del papato di un avvento rivoluzionario, come stava accadendo in Francia, un moto che si diceva propugnato dalla massoneria. Il colpire lui che era così famoso significava impedire una possibile rivolta a Roma, costituendo un monito a chiunque desiderasse cambiare lo status quo. C’è dell’altro, però; la loggia da lui fondata con rito egizio era impregnata di misticismo, pur non essendo atea, ma divenendo così un pericoloso concorrente della Chiesa cattolica.
Resta la domanda se Giuseppe Balsamo e Andrea Cagliostro fossero la stessa persona. Il Cagliostro giudicato dall’Inquisizione, anche grazie alla testimonianza della moglie, risultava sposato in modo inoppugnabile con Lorenza Serafina Feliciani; inoltre, la somiglianza fra l’uno e l’altro era sorprendente. Quindi, è più che logico concludere che per quanto così uguali e così diversi fossero un’unica persona.
Il libro di Gervaso è molto bello e appassionante; corredato dall’indicazione delle fonti e da una cronologia cagliostrana, si fa apprezzare per lo stile fluido e non accademico, per la capacità di ricreare un’epoca (notevole il suo capitolo sullo Stato della Chiesa, il più assolutista e il più arretrato sul finire del XVIII secolo), per i chiarimenti indispensabili, come il capitolo sulla Massoneria, spiegata in modo semplice, ma esauriente, per quella vena di ironia che traspare in occasione dei miracoli di Cagliostro, ma anche per un sottofondo di pietà per l’uomo che langue e muore in una fetida cella.
Da leggere, senz’altro.
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amo le opere saggistiche-biografiche di Gervaso, tanto da averne inserite io le schede presenti sul portale.
Questo testo in particolare contiene alcuni tratti un po' impegnativi, ma la scrittura di Gervaso lo rende assolutamente appetibile.
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