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Mi sa che fuori è primavera
 
Mi sa che fuori è primavera 2015-07-31 14:30:36 SARY
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4.0
Contenuti 
 
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4.0
SARY Opinione inserita da SARY    31 Luglio, 2015
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L'assedio dell'assenza

La scomparsa delle gemelle Schepp.
La mamma Irina si mette a nudo, con grande coraggio e lucidità ripercorre tappe, estrapola emozioni, analizza fatti, elogia, critica, riflette.
Le indagini sono ad un punto morto, l’unica certezza è la morte suicida del marito, il padre che ha fatto sparire Alessia e Livia alla tenera età di sei anni, probabilmente un atto vendicativo nei confronti della ex moglie.
Ma come è possibile. Abbracciare il proprio figlio, salutarlo sulla porta di casa nel fine settimana destinato all’altro genitore, baciarlo quasi mangiandolo, sentirlo al telefono e assicurargli ancora una volta il proprio fedelissimo affetto. Poi recarsi da lui per riprenderselo e non trovarlo. Non ci sarà più. Il nulla. Deve essere un dolore così grande, così tremendo, da non poter essere tradotto a parole. Bisognerebbe inventare un nuovo vocabolo specifico per questa circostanza. Uno shock che resetta la mente. Al posto del cuore un buco, ma continuerà ad allargarsi, o come ci lascia intendere eroicamente mamma Irina, si sopravvive, si restringe e si riempie ancora di cose buone, come l’amore nei confronti di un’altra persona?
Con l’aiuto della giornalista Concita, la mamma scrive alla nonna, al papà, alla maestra, alla psicologa, al Giudice, all’amica, alla polizia, al fratello, ad alcuni vanno i suoi ringraziamenti, ad altri la sua disapprovazione. Impressionano le lacune nelle indagini svolte dalle autorità, un’inchiesta imbastita ma mai perfezionata.
Il tutto è scritto benissimo, con garbo, cura, precisione, è una penna dolce e amara allo stesso tempo, non ha il tono freddo e asciutto dei fatti di cronaca, non è semplicemente l’ennesima tragedia familiare messa nero su bianco, è molto di più, è speranza, è ricerca, è divulgazione della verità, è conforto per chi ha vissuto simile situazioni, è ricordare, sempre. Tra le pagine emergono prepotentemente la voglia d’amore e il bisogno d’ascolto.
Inoltre, il libro sostiene l’associazione Missing Children Switzerland.
Concludendo, una lettura, per me, straziante per l’argomento trattato ma è alleggerita dalla personalità estremamente positiva di Irina, assolutamente da leggere, per porre attenzione a chi ci circonda, nel bene e nel male.

“Il dolore da solo non uccide e io sono viva. Dunque devo vivere, perché finché ci sono ci sarà il ricordo di chi non è più con noi. Niente si dimentica ma tutto, a momenti, si deve poter prendere e mettere in un posto. Come potremmo vivere senza placare la memoria, che non vuol dire arrendersi, o dimenticare, ma lasciare che ogni cosa si trasformi e nasca un inizio da ogni fine. Ogni minuto della vita gira attorno a qualcosa che non c’è più perché qualcos’altro possa accadere. C’è bisogno di essere felici per tener testa a questo dolore inconcepibile. C’è bisogno di avere paura per avere coraggio. É l’assenza la vera misura della presenza. Il calibro del suo valore e del suore potere.”

“ La vita è molto semplice. Per essere felici non ci vuole molto. Per essere felici non ci vuole quasi niente. Niente, comunque, che non sia già dentro di noi.”

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Commenti

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Commento bellissimo Sary; come tu dici è una storia straziante e aggiungo allucinante, tale da rendere folle chi subisce un'azione di questo genere assurdo. Il cinismo, la crudeltà e la vendetta, oltre a un odio penetrante, inducono l'essere umano a simili terrificanti brutture. Spero sempre venga trovata una soluzione a questo incubo. Ciao.
Ferruccio
In risposta ad un precedente commento
SARY
31 Luglio, 2015
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Condivido Ferruccio, allucinante, perché colpire gli innocenti? Più ci penso, più rabbrividisco.
Hai fatto bene a mettere in evidenza le storture dell'indagine svizzera, mi aveva molto colpita la loro superficialità e incompetenza che solitamente è nell'immaginario collettivo europeo prerogativa tutta italiana. Il punto di vista di Irina è poi quello di un'italiana che risente in terra svizzera di certi stereotipi culturali che fanno altrettanta paura.
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