Dettagli Recensione
Didatta e scrittrice
Torey Hayden oltre a confermarsi come validissima didatta riesce anche, a differenza di altre colleghe, a trasportare sulla carta in modo efficace le sue esperienze con i bambini.
In particolare in questo libro si parla di un fatto sconvolgente: una bambina di sei anni con precedenti penali di una certa entità che viene temporaneamente iscritta alla classe speciale di Torey Hayden nell'attesa che si liberi un posto all'ospedale psichiatrico. Una bambina di sei anni ormai giudicata irrecuperabile, a cui nessuno dedica più tempo attenzioni o affetto. Solo Torey riesce a percepire l'intelligenza geniale che permette a Sheila di conoscere il significato di parole difficili e di risolvere quesiti complessi ma che le da anche il potere incredibile di cogliere perfettamente il punto debole dell'altro e di colpire con precisione.
Torey riesce a capire il trauma dell'abbandono profondo che ha già marchiato la vita di una bambina e che la induce ad assumere atteggiamenti ostili per evitare di provare di nuovo amore verso un'altra persona. Torey riuscirà a spiegare l'amicizia e l'amore alla piccola Sheila grazie all'eterna storia del piccolo principe ed è commovente notare la reazione quando Torey le affida una piantina da "addomesticare" e mostra tutto il bisogno di Sheila di dare e ricevere amore, di creare legami più forti della distanza che inevitabilmente dividerà il percorso di Torey e della bambina.
Come in tutti i libri di Torey è interessante notare l'istituzione ormai decaduta delle cosiddette classi chiuse all'interno delle quali i bambini con i disturbi più evidenti ricevevano assistenza specializzata e riuscivano a compiere piccoli progressi che dopo la chiusura di tali classi purtroppo si sono annullati a favore di un'integrazione che di fatto non è mai avvenuta.
In questo romanzo in particolare si nota il rapporto speciale che Torey crea con i suoi bambini e attraverso la sua testimonianza Torey ci svela che più che seguire un metodo sterile preconcetto, preferisce sperimentare seguendo l'istinto derivato dagli anni di pratica. Torey non affibbia un nome clinico ai suoi bambini ma va decisamente oltre il termine vuoto e impersonale della malattia tenendo in considerazione l'essere umano e l'unicità di ogni persona che la porta ad adottare molti metodi differenti.
Lo stile è tipicamente autobiografico, Torey è capace di restituirci le giornate trascorse con i bambini in maniera vivace senza essere prolissa ma cogliendo i momenti più importanti del suo anno scolastico e mostrandoci alcuni suoi metodi educativi che hanno chiaramente portato alla grande considerazione a livello didattico dei suoi libri.