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Il contabile delle battaglie
Che il massiccio del Pasubio costituisse per gli italiani l’ultimo baluardo prima della pianura veneta è un fatto arcinoto, così come appare evidente che la sua conquista da parte degli austriaci avrebbe consentito agli stessi di scendere senza impedimenti fino a Valdagno e a Schio e da lì dilagare con direttrici verso Vicenza e Treviso, aggirando le nostre armate attestate sull’Isonzo. Tuttavia, la sua importanza fu accertata solo dopo che la famosa Strafexpedition, o battaglia degli altipiani, combattuta fra il 15 maggio e il 27 giugno 1916, fu fermata per l’abnegazione e l’eroismo dei nostri soldati ad Asiago, quando pochissimo mancava alla discesa del nemico nell’ubertosa pianura veneta. Vi è anche da precisare che lo sforzo offensivo austriaco venne meno proprio nel momento cruciale, avendo dovuto l’esercito imperiale ritirare in fretta e furia diverse divisioni per trasferirle in Galizia, dove l’esercito russo aveva iniziato una grande offensiva, a seguito anche delle richieste urgenti di aiuto in tal senso avanzate dal governo italiano.
Restava quindi l’unica possibilità di espugnare il Pasubio, il che non richiedeva grandi forze e fu quello che tentarono da lì a poco gli austriaci, con una serie di attacchi, dai quali ottennero ben poco, tanto che ben presto vi si rinunciò e gli anni successivi 1917 e 1918 non ne videro altri, ma solo una costante e sanguinosa guerra di logoramento.
Di questo parla il libro di Viktor Schemfil, generale austriaco all’epoca impegnato in zona e a conflitto terminato dedito a scrivere saggi storici sulla Grande Guerra. Non manca l’obiettività e questo rende onore all’ex nemico, così come di tanto in tanto emerge una vena di pietà per gli opposti combattenti, i cui sacrifici furono veramente rilevanti. Purtroppo, Schemfil ha impostato il saggio su una struttura che pare la prima nota di un contabile, o anche il verbale degli accadimenti, un risultato monotono visto che ciò che appare più rilevante sono i numeri (tot perdite austriache, tot perdite italiane, guadagni o perdite in tema di terreno). Non manca in questo modo il rigore necessario per un saggio storico, ma questo è francamente eccessivo, perché il lettore non respira l’aria della battaglia, non è in grado di comprendere le obiettive difficoltà, né di avere almeno un’idea della tragica atmosfera che avvolgeva come un sudario il Pasubio. Insomma, un po’ di fantasia non avrebbe certo guastato, pur nel rispetto dei fatti, e invece, complice anche una traduzione dal tedesco non proprio encomiabile, dopo poche pagine l’unica sensazione che prova il lettore è il torpore che lo assale, insieme a una noia tremenda che induce a chiudere anzitempo il volume.
È un peccato, data l’importanza del tema trattato, purtroppo in modo inadeguato.
Francamente non mi sento di consigliarne la lettura, se non a chi soffre d’insonnia, perché, credetemi, l’effetto è quello di un valido sonnifero.
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L'argomento trattato è sicuramente interessante, ma se ci son troppi numeri certamente diventa noioso.
Conosco abbastanza bene il Pasubio e l'altipiano di Asiago, l'ultima volta ci son stata tre anni fa. Ho fatto una breve vacanza includendo anche le spettacolari 52 gallerie. Luoghi ricchissimi di storia e che dovrebbero essere una meta molto più frequentata dai giovani di oggi!