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E' strano. Beppino Englaro chiede silenzio sulla vicenda Englaro però non rinuncia a pubblicare le sue sensazioni, emozioni ed esperienze a contatto con Eluana.
Vuole essere lui il direttore d'orchestra, decidere quando se ne deve parlare e quando tacere. Peccato però che l'episodio che ha visto protagonista sua figlia abbia dei risvolti sociali enormi. Si da il caso che sia stato introdotto nell'ordinamento italiano (speriamo non ancora nelle coscienze) un principio di disponibilità della vita e di ammissibilità dell'eutanasia che non era dato riscontrare nella legislazione. E lo si è fatto oltretutto in modo surrettizio, per vie traverse, mediante provvedimenti paramministrativi come quelli resi in sede di volontaria giurisdizione, fragili dal punto di vista della rilevanza ordinamentale e del contraddittorio.
Poi si pretende che solo il padre possa parlare di questo cas. E perchè mai? Eluana non era forse anche una cittadina? Non faceva parte di una comunità? Il modo di "risolvere" la sua situazione non ha forse delle conseguenze sul futuro di noi tutti e dei casi analoghi?
A me non piace l'epilogo della vicenda. quella solitudine apparentemente celebrativa della libertà individuale, quella sottoconsiderazione della vita malata e sofferente mi preoccupano. Quale principio si è affermato? L'autodeterminazione? A parte le perplessità sulla reale volontà espressa a suo tempo da Eluana e sulla persistenza nell'attualità, ma sin dove si deve spingere l'applicazione di questo "principio"? Badate che i principi, una volta posti, hanno una forza propria, esigono coerenza. Se una persona perfettamente sana dovesse stancarsi per qualsiasi motivo di questa vita e si recasse da un medico per chiedergli la morte, lo si dovrebbe accontentare? No? E sulla base di quale principio? Quello della "qualità della vita"? E l'auotodeteminazione sparisce?
Credo che la antinomie si superino solo tornando ad abbracciare un sano amore per la vita in tutte le sue manifestazioni, ne guadagneremmo tutti.