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La guerra di successione spagnola in Italia
Il 1° novembre del 1700 venne a mancare Carlo II di Spagna, senza lasciare eredi diretti, così che prima di spirare aveva disposto per testamento che a succedergli dovesse essere il duca Filippo d’Angiò, nipote del re di Francia Luigi XIV. Le grandi potenze europee già da tempo avevano brigato per poter mettere mani sull’immenso territorio europeo, africano e americano della Spagna, vantando tutti i reali di queste gradi di parentela con Carlo II. Se del testamento gioì Luigi XIV, il famoso “Re Sole”, non si può dire la stessa cosa per gli altri pretendenti che uniti in una Grande Alleanza che comprendeva l’Inghilterra, l’Austria e gli altri stati tedeschi del Sacro Romano Impero sostennero la candidatura di Carlo d’Austria. Si arrivò così a una guerra, iniziata nel 1701 e terminata nel 1714, che vide sul fronte opposto i sostenitori di Filippo d’Angiò, e cioè la Spagna, la Francia e la Baviera. Benchè il teatro principale di questo conflitto siano stati i Paesi Bassi, un altro scenario di furiose battaglie fu l’Italia settentrionale, in cui la Spagna era presente con il Ducato di Milano. Il libro di Alessandro Rati parla appunto della guerra che insanguinò il Piemonte, la Lombardia, parte dell’Emilia e del Trentino, con numerosi scontri, in cui il più importante fu quello di Luzzara, avvenuto il 15 agosto 1702. La vittoria fu reclamata da entrambe le parti, ma a ben guardare il mancato arretramento degli Imperiali dalle loro posizioni e il fallimento del tentativo di liberare Mantova, passata tradendo in campo nemico, dall’assedio degli imperiali stessi, ebbero conseguenze tali sul seguito sul conflitto che si può ragionevolmente dire che da allora i sostenitori dell’Angiò iniziarono una parabola discendente che li vide poi definitivamente perdenti. Infatti, le sorti generali della guerra arrisero alla Grande Alleanza e determinarono, nel mutamento generale degli equilibri, anche la scomparsa di antichi principati, fra i quali il Ducato di Mantova. In questa battaglia si fronteggiarono 36.000 uomini dell’Armata franco-spagnola, comandati dal duca di Vendome e dal re Filippo V di Spagna (era questo nome che assunse Filippo d’Angiò salendo al trono) e 25.000 imperiali condotti da quel genio militare che fu Eugenio di Savoia. Le perdite furono ingenti da entrambe le parti (2.500 i franco-spagnoli e 4.000 gli imperiali).
Armando Rati è particolarmente abile nel descrivere gli antefatti, le fasi, gli scontri di questa campagna d’Italia, e se ovviamente predominano gli eserciti e i loro comandanti, non viene tralasciata la descrizione delle conseguenze sulla popolazione civile, depredata delle poche cose che aveva, privata del cibo, che veniva requisito per l’alimentazione dei soldati di entrambe le parti. Ma, oltre a questo, c’erano i saccheggi, le violenze, soprattutto sulle donne, frutto di strutture militari, in cui i professionisti, cioè coloro che servivano solo la loro nazione erano relativamente pochi, mentre abbondavano i mercenari e i delinquenti, questi ultimi arruolatisi per sfuggire alle loro pene.
È una lettura facile e piacevole, tipica non dei saggi storici, ma dei romanzi storici, pur lasciando poco spazio alla creatività, che avrebbe nuociuto alla ricerca della verità.
Emerge così un grandioso quadro di un’Italia la cui frammentarietà degli stati componenti le impedisce di essere protagonista, ma la rende soggetto passivo, teatro di battaglie per interessi altrui, quasi una colonia dell’uno o dell’altro contendente, ma siamo solo nel XVIII secolo, e ancora non esiste la benché minima idea o aspirazione di giungere a una unificazione, che come noto avverrà molto più tardi, nella seconda metà del secolo successivo.
Il libro è corredato da alcune illustrazioni (si tratta di stampe dell’epoca) ove vengono riportate soprattutto le posizioni di entrambi gli schieramenti, prezioso aiuto per ancor meglio comprendere gli svolgimenti degli scontri e in particolare di quello di Luzzara.
Per quanto sopra la lettura è indubbiamente consigliata, ricordando ancora una volta come la stessa risulti particolarmente piacevole.