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Un Tirolo da fiaba
Di Lilli Gruber ho sempre apprezzato le qualità di giornalista e di conduttrice televisiva, ma mi era sconosciuta come narratrice. Incuriosito dall’argomento trattato, ho preso in mano Eredità, che nelle intenzioni dell’autrice è una storia della sua famiglia. Se dopo aver letto le prime 25-30 pagine mi sono entusiasmato, poi proseguendo mi sono emersi dei dubbi, che hanno reso necessarie alcune riflessioni che mi hanno portato a capovolgere l’iniziale giudizio positivo.
Infatti, l’immagine che si ritrae del Sud Tirolo, soprattutto quello agli inizi del secolo scorso, è quasi fiabesca, da cartolina illustrata, un paese compatto, fatto di brave persone, felice, insomma quasi un Shangri-La, non incastonato nel Tibet, ma nelle nostre Dolomiti. L’impressione che si ricava è quella di una narratrice, cresciuta in una famiglia facoltosa e di stretta osservanza cattolica, che non intende vedere più in là di quelle che sono le pareti del suo nido dorato, nido in cui i personaggi suoi ascendenti sono tutti esseri buoni, bravi, intelligenti, insomma quella che si potrebbe definire una stirpe di “Eletti”.
Se mi è lecito dubitare di tutta questa gente così ricca, oltre chi denaro, anche di pregi, ma senza difetti, non mi è possibile credere a un Tirolo Felix, dove tutti sono contenti, stanno economicamente bene, amano il loro imperatore come fossero suoi figli. In effetti le cose non stavano proprio così e le famiglie, almeno buona parte di esse, tiravano avanti come potevano, se non proprio in miseria, comunque senza agi. Basta leggere qualche saggio storico serio per capire come la maggior parte dei tirolesi non vivesse proprio nel migliore dei modi e che lo splendore e l’oro sono solo negli occhi della Gruber. Quanto alla sua famiglia, non posso esprimermi, perché mai ho avuto l’occasione di conoscerne qualche componente; però, è pur lecito dubitare di così tante qualità, anche consentendo all’autrice l’innegabile diritto di amplificarne le doti.
Mi è poi venuto istintivo accostare queste pagine a quelle dei libri scritti da una grande narratrice trentina, Isabella Bossi Fedrigotti, che ci ha fatto conoscere la sua genealogia familiare, ma con ben altri toni, più dimessi, magari cercando di smussare qualche aspetto negativo, senza tuttavia celarlo, e in ogni caso mai assumendo i toni trionfalistici propri dell’autocompiacimento.
Eppure si tratta dello stesso Tirolo, e anche l’epoca è pressoché analoga, e inoltre la famiglia Fedrigotti è pure lei nobile e proprietaria terriera, magari non così facoltosa; resta comunque il fatto che lì c’è una maggiore aderenza alla realtà e anche il tono è compassato, proprio di chi sa vedere oltre le mura del proprio nido.
Quindi, per quanto Eredità sia scritto in un italiano ineccepibile, cosa che ignorano non pochi affermati odierni autori di madrelingua italiana, sono i contenuti che mancano e là dove si pretende che ci siano c’è solo una visione patinata di un mondo che non è mai esistito.
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