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Distruzione e ricostruzione
Il 28 dicembre 1908, alle ore 5:21, un terremoto che raggiunse i 7,2° gradi della scala Richter (11-12 della Mercalli), seguito da uno spaventoso maremoto, sconquassò le coste calabro-sicule. La scossa, della durata straordinaria di 37 secondi, e le ondate di più di 10 metri che travolsero le rive rasero quasi al suolo Messina, provocando anche gravissimi danni a Reggio Calabria e alle località circostanti le due città. Il numero delle vittime, mai esattamente quantificato, fu di oltre centomila.
Questo evento così catastrofico, i soccorsi alle popolazioni, le problematiche della ricostruzione sono i temi di questo interessante volume scritto da Eleonora Iannelli.
Il libro è diviso in tre parti: Dalle macerie le voci dei sopravvissuti, Il dopo terremoto. Un secolo di rinascita e ancora baracche nel 2008, Spigolando.
Lo stile giornalistico dell’autrice si riflette anche nella narrazione, con un’apprezzabile tendenza a raccontare l’accaduto senza inutili divagazioni od opinioni. Il fatto, insomma, e solo quello, perché la gente ricordi, soprattutto quelli che non ci furono. Sono state lunghe ricerche d’archivio, interviste a qualche sopravvissuto ancora in vita, articoli di giornali dell’epoca, un lavoro quasi archeologico che ha portato a un risultato di notevole interesse.
Non c’è spazio per sentimentalismi, se non nei racconti, fedeli, dei pochi superstiti che è riuscita a rintracciare: sono parole che feriscono, che portano a una naturale commozione, perché sono veritiere in esseri umani che, benché all’epoca infanti, hanno avuto la vita segnata dall’evento.
Meno frammentaria, direi più ricostruita è invece la seconda parte, in cui si parla delle carenze dei soccorsi, soprattutto da parte italiana, dello stato d’assedio che finì per intralciarli e di cui rimase vittima anche più di un sopravvissuto, della lenta sistemazione dei superstiti in baracche (gli ultimi trovarono finalmente ricovero in strutture in muratura nel 1940, grazie a un piano di edilizia popolare voluto e realizzato da Mussolini), dell’esistenza tuttora di una baraccopoli, edificata a seguito dei bombardamenti subiti dalla città di Messina durante la seconda guerra mondiale.
Non mancano critiche a un progetto di ricostruzione che, anziché recuperare il possibile, di fatto rase al suolo il poco ancora rimasto in piedi, per quanto lesionato.
Insomma, una vicenda tipicamente italiana, dove il provvisorio diventa spesso permanente e dove si intrecciano interessi vari, nella vicenda acuiti dalla presenza nell’isola della criminalità mafiosa.
La terza parte riporta stralci di articoli di giornali che parlarono del terremoto, notizie di vario genere, anche polemiche con la completa disorganizzazione nei soccorsi, nonché con la sparizione di parte degli aiuti in beni e denaro offerti da moltissime nazioni.
La Iannelli, poi, nella sua introduzione cerca di dare una spiegazione alla decadenza, seguita al terremoto, ma che era già in atto da tempo, della città di Messina, imputabile a una sorta di immobilismo che affliggerebbe i suoi abitanti.
Per questo si avvale di una teoria che ravviserebbe questo atteggiamento quiescente in una modifica del DNA provocata dalla ingente concentrazione di radon provocata dall’evento sismico. E’ un’ipotesi di un certo fascino, ma che per essere suffragata da dati concreti prevede la comparazione fra il codice genetico degli attuali abitanti e quello di un certo numero di cadaveri di vittime del terremoto, per i quali sarà necessaria ovviamente l’esumazione.
Il libro, corredato da numerose fotografie dell’epoca, si presta a una facile lettura e per l’interesse storico che riveste mi sento di consigliarlo vivamente.