Dettagli Recensione
Una grande lezione per taluni scontata.
Nel 2010 una mia carissima amica, conoscendo la mia passione per la lettura, decise di regalarmi un libro per il giorno della mia nascita. Inutile dire quanto gongolassi dalla felicità al sol pensiero di potermi dilettare con lo scorrere delle pagine di un nuovo romanzo. “L’ultima lezione. La vita spiegata da un uomo che muore” fu la sua scelta.
La trama è chiara, la vita non è stata clemente col professor Randy Pausch: la sua malattia ha raggiunto il punto di non ritorno. Ha una famiglia e fare i conti con il dover lasciare la moglie e i suoi 3 giovani figli non è facile; soprattutto lo attanaglia il pensiero dei più piccoli. Mentre il più grande di 5 anni avrà qualche ricordo, labile ma esistente, a cosa potranno mai fare appiglio i più piccoli di due e un anno? Come far percepire a quelle 3 piccole anime che nonostante la morte sia sopraggiunta troppo presto loro un padre lo hanno avuto e lo avranno sempre?
Siamo a Pittsburgh alla facoltà Carnegie Mellon sono riunite 400 persone e Randy è pronto. Decide di partire prendendo a prestito una metafora dal football americano; il suo discorso può definirsi una duplice finta di game dove la prima è al servizio di colleghi e studenti mentre la seconda è a beneficio dei figli. E se per i colleghi e gli studenti apre il suo cuore in un inno alla vita, alla bellezza di viverla in ogni suo momento senza mai perdere ciò che questa ci offre accettando e sfruttando il tempo che decide di concederci, ai figli riserva la possibilità di ricordarsi di loro padre, di quanto li ha amati e di quanto non avrebbe voluto lasciarli.
Un insieme di racconti per ripercorrere una vita, nella salute e nella malattia, per riflettere sul valore delle cose che spesso snobbiamo o sottovalutiamo per poi comprendere solo quando le abbiamo perse. Una riflessione ad alta voce sugli aspetti più significativi del percorso umano, sull’importanza della tenacia e della caparbietà per perseguire i propri obiettivi. Non solo, Randy si interroga sulla sua professione affermando che ha sempre concepito il lavoro di insegnante come un modo per aiutare i suoi studenti a valutarsi con obiettività. Ha sempre concepito il suo ruolo in senso lato e mai in modo univoco. Un lavoro se fatto con amore porta benefici ad una pluralità di persone e prima ancora a noi stessi che lo svolgiamo perché non c’è cosa migliore che far le cose con passione. Attenta anche la descrizione dell’avanzare inarrestabile e strategico della malattia.
Ebbene nonostante siano passati 4 anni, ho un vivido ricordo di questa opera. E’ un libro che lascia inevitabilmente il segno, un romanzo ironico oltre che riflessivo da non considerare misticista e da non giudicare per il tema centrale su cui si basa. Adatto a cinici e non.
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Spesso ci presenti libri toccanti, che ci fanno riflettere. Grazie.