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Né saggio, né romanzo storico
Quando finisce una guerra, la relativa storia viene sempre scritta dai vincitori e pertanto è legittimo che sorgano dei dubbi sulla veridicità dei fatti. In seguito, anni dopo, placate le tensioni del conflitto, gli inevitabili asti, qualche storico si prende sempre la briga di scriverne un saggio, cercando di accertare scrupolosamente come andarono veramente le cose. Non mancano, inoltre, altri che finiscono con il contestare la storia ufficiale con argomenti e risultanze che, spesso inesatte, oppure del tutto inventate, mirano, anziché alla ricerca della verità, a sostenere le ragioni del perdente, un’operazione di revisionismo che diventa un’antistoria.
Ci sono argomenti e fatti che spesso il vincitore ignora e lo fa quasi sempre volutamente, episodi per nulla edificanti che compromettono la visione idilliaca degli eroi buoni e altruisti. Al riguardo la vicenda delle foibe è stata a lungo trascurata, ma per fortuna, da qualche anno, c’è un interesse e sono iniziati gli studi, ancora incompleti e contrastanti. Per chi non lo sapesse, la foiba è un grande inghiottitoio, cioè una caverna verticale, tipica del terreno carsico e dell’Istria. Le foibe sono tristemente famose per gli eccidi della popolazione italiana avvenuti nella Venezia Giulia e nella Dalmazia nel corso della seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra. Lì vi furono gettate le vittime, a volte ancora in vita, per nascondere il crimine e quindi gli assassini ben sapevano quel che stavano facendo. Vi è anche da precisare che la presenza del regime fascista in quei territori, da sempre terre di confine, fu assai oppressiva, macchiandosi di orribili delitti e in questo contesto vendette e contro vendette maturarono e prosperarono, colpendo spesso degli innocenti. Già dopo l’8 settembre 1943 i partigiani slavi del partito comunista provvidero a commettere delle vere e proprie stragi, prendendo però di mira elementi italiani di fede fascista, mentre nell’immediato dopoguerra i militi di Tito colpirono gli italiani in quanto tali, onde sradicarli da un territorio che volevano solo per loro.
Il libro di Sessi all’inizio provvede molto opportunamente a descrivere il contesto storico, anche se rimane in superficie, evitando di approfondire. E lo fa per spiegare il momento in cui avviene il martirio, perché così si può definire, di Norma Cossetto, imprigionata, più volte violentata e infine gettata ancora viva, insieme con altri, in una foiba. Il tutto avviene dopo l’armistizio proclamato da Badoglio, nei giorni immediatamente antecedenti l’occupazione nazista della zona. Norma, figlia di un possidente terriero, esponente fascista di spicco nell’Istria, fascista pure lei (ma non può essere considerato questa una colpa e, se anche lo fosse, mai e poi mai potrebbe giustificare il suo assassinio), studentessa iscritta all’Università di Padova, che poi, a guerra terminata, le conferirà, congiuntamente ad altri studenti vittime della ferocia nazi-fascista, la laurea honoris causa, è diventata suo malgrado il simbolo, l’emblema della tragedia delle foibe. Gli elementi che aveva Sessi per narrare la sua storia erano modestissimi e allora ha cercato di delineare il personaggio con due interviste: una a sua sorella, l’altra alla sua più cara amica. E qui cominciano i limiti dell’opera, perché è evidente che queste due fonti non possono essere imparziali e al riguardo una cade spesso in contraddizione, sia cambiando l’indicazione della materia oggetto della tesi di laurea che Norma aveva in corso di stesura, sia con un’affermazione che lascia stupefatti, quando la sorella dice che i contadini alle loro dipendenze amavano la sua famiglia, cambiando però bruscamente atteggiamento all’indomani dell’8 settembre 1943. È infatti evidente che è impossibile che tutti improvvisamente da amici possano diventare nemici. E come se non bastasse altri personaggi di famiglia inseriti nel racconto su Norma sono tutti buoni, bravi, di carattere mite, altruisti, insomma individui che era impossibile odiare. Queste caratteristiche dei personaggi sono tipiche delle operazioni di revisionismo, in cui i perdenti sono i migliori uomini del mondo, quando sappiamo per esperienza quanto rari siano gli esseri umani tutti pregi e niente difetti. Aggiungo che le poche testimonianze relative al ritrovamento, due mesi dopo la scomparsa, del corpo di Norma e di altri infoibati con lei sono incomplete e spesso contrastanti e che per giunta non venne effettuata l’autopsia.
Poiché la materia era poca e le fonti limitate e di scarsa attendibilità Sessi si è provato a implementare la sua opera inventandosi un ipotetico diario scritto da Norma, così che di colpo si passa da uno pseudo saggio a un romanzo storico. In questo modo, però, non rende giustizia alla ragazza, che di giustizia, quella vera, anche se morta da tempo, avrebbe un gran bisogno. Al termine del memoriale, però, a Sessi deve essere venuto il dubbio che tanta enfasi poco storica avrebbe potuto connotarlo come un sostenitore del fascismo, il che, preciso, non è assolutamente vero, ma a scanso di equivoci ha voluto aggiungere una personale postfazione in cui con dovizia di particolari e senza invenzioni cerca di giustificare il clima di conflitti intervenuto in quei territori a causa del feroce dominio italiano, che fece, fra le popolazioni slave, un numero di vittime ben superiore a quello degli infoibati.
Mi ha stupito questo improvviso cambiamento di impostazione, perché negli altri libri Sessi, pur concedendosi qualche riflessione personale, non è mai venuto meno al rigore a cui dovrebbe essere improntato il lavoro di uno storico scrupoloso. Insomma, anche questa volta il dramma delle foibe, anziché essere sviscerato, finisce con il presentare più ombre che luci, ed è un peccato, perché chi morì infoibato (un migliaio di persone), innocente o macchiatosi di vari reati, non meritava in ogni caso una fine così orribile, e fare chiarezza sui fatti avrebbe una valenza non solo per la memoria delle vittime, ma anche in funzione preventiva. Infatti, una ricerca attenta e rigorosa volta a portare allo scoperto il perché e il per come questo eccidio avvenne servirebbe a comprendere meglio il fenomeno, al fine di evitare un suo sempre possibile ripetersi, e allora in un certo senso questi poveri morti non sarebbero solo corpi martoriati, ma testimoni e protagonisti di una tragedia, un monito per gli uomini di oggi e di domani.
Pur con i limiti, e non sono pochi, di cui ho accennato non mi sento di sconsigliarne la lettura, perché in fin dei conti qualcosa di più, anche se assai poco, potrete sapere sull’eccidio delle foibe.