Dettagli Recensione
Risultato ottenuto?
Un libro difficile. Difficile per chi lo scrive: per il figlio, costante e talvolta inopportuno (leggasi il capitolo "interludio") testimone del progressivo spegnersi del padre; per il padre che ogni giorno sente appunto che la sua morte è più vicina e ciò nonostante trova il coraggio di realizzare una interessante ed affascinante cronaca della propria vita e dei fatti storici avvenuti in quel periodo; e un libro difficile infine anche per chi lo legge: se non si ha una minima conoscenza di filosofia orientale e della storia della seconda metà del novecento molte considerazioni o intuizioni dell' autore risulteranno piuttosto ostiche. Certo viene spontaneo chiedersi perché qualcuno che non è interessato ad almeno uno degli argomenti sopracitati si metta a leggere questo libro (anche se le motivazioni possono essere tante: la fama dell’autore, il consiglio di un amico, o magari proprio la voglia di incominciare ad addentrarsi in questi argomenti), tuttavia anche il lettore addentro in questioni storico filosofiche, pur rimanendo appagato per quel che riguarda la sezione relativa all’aneddotica storico-biografica, noterà nascere in sé un conflitto sempre più acceso, vivo ed insopportabile, allorché si soffermerà a ragionare sulla parte filosofica. E questo conflitto interiore è in crescendo costante con il libro poiché la sua metà logica, quella del lettore (ammesso che di metà si voglia parlare), gli farà comprendere, se non addirittura approvare, la gioia e la curiosità con cui l'autore si appresta a dipartire da questo mondo, ma l’altra metà, quella governata dai sentimenti, lo farà soffrire per l'ineluttabile destino di un uomo che ha vissuto tanto e in maniera completa e che ormai è inesorabilmente condannato dalla malattia.
Non dovrebbe essere il contrario?
Se uno ha compreso l’ultimo messaggio di Terzani, se è vero quel che afferma, non dovrebbe sentire col cuore che ha ragione lui e con la logica della mente vedere invece che, al di là dei discorsi e della filosofia, lo scrittore è soltanto entrato nella fase dell'accettazione della morte?
In definitiva in questo libro uno dei principali intenti dell'autore è quello di farci intuire e vivere con gioia il giornaliero appropinquarsi della morte, del resto anche il titolo ce lo suggerisce, ma questo intento alla fine viene meno ed il suo messaggio è talmente poco convincente che (scusate la divagazione personale) ricordo che quando scrissi questa recensione mi sentii addirittura in colpa per aver criticato l'ultima opera di un uomo buono e gentile che ormai non era più… ma, ancora una volta, questo istintivo sentimento non è forse l'esatto opposto di quello che voleva ottenere Terzani, che capissimo cioè cos’è in realtà la morte (e dunque la vita), che imparassimo a non averne paura, a non soffrirne? “Paura della morte. Perché? Perché si sa di dover abbandonare tutto quello che conosciamo… Ma se ti ci avvicini prima, se impari a rinunciare…”
Probabilmente non è colpa sua, se il figlio dell'autore infatti avesse evitato di intercalare ai discorsi del padre le osservazioni sulla sua condizione fisica in progressivo peggioramento e se avesse invece diluito la narrazione in pensieri, ragionamenti, riflessioni e rivelazioni fino a far si che si perdesse la traccia dei tristi fatti nella cristallina purezza della mente del grande giornalista, forse, ispirati unicamente dalle sue parole, avremmo inteso meglio il suo messaggio e giungere alla conclusione del libro non sarebbe stato così doloroso. Ma così invece non è e purtroppo il risultato finale è quello di un libro solo parzialmente riuscito.