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Il vento divino
Chi erano i kamikaze? A questa domanda risponde questo interessante libro apparso di recente nelle librerie. Non si tratta né di un manuale di storia né di un tipico testo di saggistica incentrato sull’argomento della seconda guerra mondale.
Il testo in questione è una testimonianza diretta ovvero un racconto scritto da un pilota giapponese addestrato a diventare un kamikaze che però a causa di alcune circostanze ( condizioni atmosferiche ed fine del conflitto )non si era schiantato con il suo aereo bamba su una nave da guerra americana.
In sostanza si tratta di un racconto in prima persona, di chi ha partecipato al conflitto come aviatore per poi diventare un kamikaze.
Il libro si divide in parti temporali che abbracciano il percorso formativo del pilota giapponese.
Prima parte: dalla scuola al treno verso l’ignoto
Seconda parte: mentre le labbra dicono ‘arrivederci’ e gli occhi dicono ‘addio’
Terza parte: il cielo attorno a me era sereno, come se nulla fose accaduto....
Quarta parte: cari genitori, alle 7 lascerò questo mondo.....
Alla fine nel testo viene riportata la statistica dei risultati ottenuti dei piloti giapponesi ovvero il lettore viene posto di fronte a una sfilza di numeri che rendono l’idea dell’orre della guerra combattuta nell’Estremo oriente.
Il lettore che sceglie di leggere questa autobiografia scopre la psicologia, la mentalità, l’opinione personale del pilota giapponese e dei suoi commilitoni sugli eventi bellici, sugli alleati europei del Giappone, Germania nazista e Italia fascista, sul nemico americano e britannico. Dalle pagine del libro risalta l’assoluta devozione verso la figura dell’imperatore, considerato un essere divino, verso la sacralità del suolo della patria che non doveva essere violato dal nemico. L’idea della sconfitta considerata da ogni soldato, marinaio o pilota o istruttore giapponese impossibile per la loro patria cominciava a materializzarsi giorno per giorno con l’avanzata americana lungo le isole dell’oceano Pacifico. Questo atteggiamento di rifiuto categorico della resa portò alla scelta esaperata di ritardare nel tempo, quanto possibile, l’inevitabile esito della guerra per il Giappone: la sconfitta militare in uno scontro bellico con il nemico.
In quest’ottica deve essere vista la scelta dell’estremo scarficio dei piloti kamikaze giapponesi. Considerare i kamikaze solo dei fantatici è un approccio decisamente sbagliato. In sostanza possiamo considerare il loro scrificio un estremo gesto patriottico tipico di ogni soldato giapponese che con l’estremo scarificio della sua vita difendeva l’inviolabiltà non solo del suolo patrio ma anche la sacralità e la divinità del suo imperatore.
Il lettore ha di fronte una testimonianza unica ed eccezionale fuori dal comune. Con un linguaggio semplice e diretto l’autore illustra tutto il suo percorso non solo di addestramento ma anche emotivo e psicologico che l’ avrebbe dovuto portare alla tappa conclusiva del suo percorso personale ed professionale da soldato: la morte per la patria. Nel testo non ci sono giri di parole superflue , tutto è chiaro ed limpido, messo lì al posto giusto per illustrate la personalità di un pilota kamikaze. Che tipo di persona è un pilota del genere? Come considera il suo scarificio da soldato per la sua patria? Quali sono i suoi sentimenti per i propri cari? Come considera la morte? A queste domande risponde con semplicità ed estrema chiarezza l’autore. Il libro dunque si presta ad una scorrevole lettura che può suscitare interesse nei letteri appassionati di certi argomenti particolari di nicchia storica.
In conclusione un libro sicuramente da leggere con attezione per potere comprendere la mentalità di questi aviatori così determinati a difendere la propria patria e disposti a scarificare la propria vita con un gesto di estremo eroismo per fermare il nemico alle porte del Giappone in nome dell’amato imperatore e della patria.
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