Dettagli Recensione
Breve ma intenso
Questo testo mi ha veramente coinvolto e colpito.
Da sempre sono stato un appassionato della Grande Guerra, non perche sia un guerrafondaio, o un fanatico nazista, semplicemente perché è stato un po’ il punto di svolta per la geografia politica dell’ Europa . La fine di un epoca, dove il valore e il coraggio, l’onore e la gloria, gli ideali e le speranze stavano lentamente lasciando il posto all’opportunismo, all’arrivismo, e soprattutto all’inizio di una nuova era.
Peccato però ci siano volute 24.000.000 VENTIQUATTROMILIONI di vite umane, vittime provenienti da tutto il mondo che tra: stenti, tormenti, agonie, paura, pulci, cimici,colera, geloni, polmoniti,ecc ecc…. per capire che erano bambini che giocavano con un fuoco troppo grande per fare un falò sulla spiaggia.
Emilio Lussu, quest’ufficiale di complemento si trova su uno dei fronti più logoranti di tutta la linea del fronte italiano: che si snodava per centinaia di chilometri lungo tutta la dorsale alpina nord occidentale terminando lungo l’Isonzo. L’altopiano d’Asiago
Questo cofanetto di ricordi ci porta indietro di quasi cento anni, mostrandoci con semplicità linguistica e una nota intensa di polemica, il più grande massacro generazionale che ebbe luogo sull’altopiano all’ombra del monte Fumo e delle vette circostanti.
Devo dire che mi ha impressionato la noncuranza con cui parla della morte dei commilitoni, della quasi apatia, sono rimasto indignato da quanto idioti e chiaramente impediti fossero i generali dei due schieramenti. Si sente con chiarezza come gli alti ufficiali e l’alto comando in primis, non desse peso alla morte di un soldato. Leggendo sembrava quasi che queste menti eccelse del gioco della guerra non avessero mai sentito dire che il tutto si riduceva in una vittoria di Pirro.
Un anno sull’altipiano è scritto come un diario, non scende mai nel dettaglio tecnico assfissiante di nessuno dei particolari, ed è quindi gradevole e scorrevole, ma è una chiara denuncia al inettitudine di chi promise vittoria e portò morte . In alcune pagine si percepisce un tono di ammirazione per questi ragazzi poco piu che ventenni che si lanciavano ignoranti, ubriachi e fieri verso le pallottole nemiche .
Un memoriale vero, anche se fu declassato a romanzo memoriale per alcune incongruenze, ma se potessi riassumere il tutto oserei citare il Professore Roberto Vecchioni “Che l'uomo è grande, l'uomo è vivo, l'uomo non è guerra. Ma i generali gli rispondono che l'uomo è vino. Combatte bene e muore meglio solo quando è pieno”
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