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Per fare chiarezza
Dall'archivio del Corriere della Sera
Bilanci Una biografia per i novant' anni dell' autore di «Arcipelago Gulag» fa discutere in patria
Solgenitsin, il grande ripudiato
Dopo lager ed esilio, i russi dimenticano lo scrittore che appoggia Putin
MOSCA - Coscienza della Russia, implacabile accusatore del regime comunista e di quello degli oligarchi e di Boris Eltsin, che lui definiva pseudo-democratico. E adesso sostenitore convinto della «democrazia guidata» appena trasmessa da Vladimir Putin a Dmitrij Medvedev. Aleksandr Solgenitsin, il grande scrittore premio Nobel per la letteratura, sta per compiere novant' anni e su di lui si pubblica la prima monumentale biografia (quasi mille pagine) letta e approvata dallo stesso ex recluso nei campi di lavoro e dall' inseparabile seconda moglie Natalia. Lui è malato, quasi non può camminare e da cinque anni non esce di casa. Ma scrive tutti i giorni, cura la pubblicazione della sua Opera omnia e, soprattutto, continua a sparare bordate contro l' Occidente, l' America di George W. Bush e coloro che criticano la politica del governo russo. Da dissidente a supporter del «suo» presidente e del «suo» primo ministro. Tanto da arrivare a difendere persino il passato nel Kgb di Vladimir Putin e a sostenere, lui che per anni è stato vittima dei servizi segreti, che «servire nello spionaggio estero non è una cosa che viene vista negativamente in molti Paesi». La biografia scritta da Lyudmila Saraskina - per le edizioni Molodaya Gvardiya - è stata appena pubblicata a Mosca, proprio in vista del compleanno dello scrittore (che sarà celebrato l' 11 dicembre). Novant' anni che coprono quasi per intero il «secolo breve», dalla nascita in una famiglia di ex proprietari terrieri subito dopo la rivoluzione (e in casa non si doveva mai parlare del nonno ufficiale zarista), alla partecipazione alla guerra come comandante di una compagnia di artiglieria. Il giovane Aleksandr era un comunista convinto, ma in una lettera privata criticò Stalin e finì nelle grinfie dell' Nkvd, predecessore del Kgb. Otto anni di campo di lavoro e poi il confino. Dalla sua esperienza in Kazakistan e in altri luoghi di «espiazione» nacquero i grandi capolavori. Una giornata di Ivan Denisovich, che raccontava la quotidianità dei lager, venne pubblicato durante il breve disgelo kruscioviano nel 1962 e fece un immenso scalpore. Giubilato Kruscev, il nuovo potere sovietico impedì a Solgenitsin di pubblicare alcunché e alla fine lo cacciò dall' Unione Sovietica. Dopo che uscì all' estero Arcipelago Gulag, la dettagliata analisi del mondo della repressione nata con Lenin e proseguita con Stalin, i tentativi di persecuzione continuarono, come sappiamo oggi. «Contromisure attive», come le chiamavano i ragazzi degli «Organi» repressivi. La sua biografa ci racconta che Jurij Andropov, allora direttore del Kgb, era ossessionato dallo scrittore. Fece pubblicare in Italia e in Giappone un libro denigratorio scritto della ex moglie di Solgenitsin. Poi fece uscire sull' Unità, l' 11 luglio del 1975, una lettera della figlia del direttore di Novy Mir, la rivista che aveva pubblicato Una giornata di Ivan Denisovich. «Provvedimento per screditare Solgenitsin e i suoi scritti antisovietici», annotò soddisfatto Andropov. Dopo lo scioglimento dell' Urss, il Vate riebbe la cittadinanza russa e poté tornare a casa dal Vermont, dove si era stabilito. Giunse in Estremo Oriente nel 1994 e attraversò tutto il Paese in treno, con migliaia di persone alle stazioni. Ma ben presto il feeling con il Paese venne meno, anche a causa delle sue opinioni assai particolari. Profondamente antidemocratiche, le hanno definite i suoi critici. Anatolij Chubais, uno dei più brillanti tra i giovani riformisti degli anni Novanta (e tra i più criticati) ha detto: «Un odio simile verso la Russia moderna non l' ho visto nemmeno nei comunisti di Ziuganov». Per un po' l' ideale di Solgenitsin è stato il ritorno a una Russia agraria e religiosa. Poi, più recentemente, ha sposato la «democrazia guidata» di Vladimir Putin. Ha appoggiato le sue campagne contro l' ingresso nel Paese della Chiesa cattolica e delle sette protestanti; se l' è presa con l' Ucraina che ha accettato «l' abbraccio mortale dell' Occidente e della Nato», che vogliono solo «accerchiare totalmente la Russia e farle perdere la sua sovranità». In patria è poco seguito, tanto che un suo programma televisivo venne cancellato ai tempi di Eltsin con il pretesto della bassa popolarità. Le grandi opere, compreso quello che lui ritiene il lavoro più importante, la storia della rivoluzione russa (La Ruota Rossa), vendono poco. Adesso stanno uscendo in una raccolta di trenta volumi che non si sa bene da chi sia stata finanziata. Un altro libro scritto in questi anni sul rapporto tra russi ed ebrei (Duecento anni assieme) ha scatenato molte polemiche, in particolare per il richiamo rivolto ad ognuno di «rispondere moralmente» delle proprie responsabilità (quella degli ebrei sarebbe la partecipazione alla rivoluzione e al bolscevismo). Ma ancora più discussioni hanno provocato, come abbiamo visto, il suo anti-occidentalismo e il suo ripetere gli slogan del Cremlino. Una recente intervista della moglie spiega almeno da dove il grande scrittore riceva le informazioni su quello che avviene in Russia, Paese nel quale le stazioni televisive trasmettono solo ciò che vuole il vertice. «Non usiamo Internet - ha dichiarato Natalia Solgenitsina - guardiamo solo il telegiornale la sera. E niente altro».
Dragosei Fabrizio
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Certi elementi della biografia di S. mi ricordano la storia del protagonista di Buio a mezzogiorno, ispirato dalla figura di Bucharin.
Grazie per aver pubblicato questo interessante articolo!