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3096 giorni 2012-07-17 16:17:59 Marghe Cri
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Marghe Cri Opinione inserita da Marghe Cri    17 Luglio, 2012
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Drammaticamente reale

Rapimento, isolamento, sevizie, violenza psicologica. Da affrontare da sola, a nove anni. Per un tempo infinito: otto anni e mezzo.
Sopravvivere contando solo sulle proprie forze e riuscire a conquistare la libertà da sola, dopo aver inutilmente atteso l'intervento della polizia ed aver perso ogni speranza di aiuto dall'esterno.
È successo davvero a Natascha Kampusch e la vicenda ha avuto molta visibilità su tutti i media per l'eccezionalità della storia conclusasi nel 2006 con la fuga della ragazza in un momento (il primo) di distrazione del suo carceriere.
Un rapimento anomalo, non a scopo di uso sessuale o di riscatto, ma indirizzato a creare soggezione psicologica fino al plagio totale: praticamente un tentativo di riduzione in schiavitù.
Per tutti quegli anni Natascha ha avuto la forza di mantenere lucidamente la propria identità, anche sotto minaccia di sevizie inaudite, trovando in sé la forza di “perdonare” al proprio rapitore ogni attimo di sofferenza, per non farsi divorare viva dall'odio.
Il racconto lucidissimo di quegli anni di formazione - la fine dell'infanzia, l'adolescenza e l'ingresso nell'età adulta, con il suo aguzzino come unica compagnia, unico essere umano con cui condividere tempo pensieri e addirittura abbracci – è il contenuto di questo libro, che Natascha ha voluto scrivere per mettere fine alle tante illazioni più o meno fantasiose inventate dai cronisti per sfruttare una storia quasi incredibile finita bene al di là di ogni aspettativa.
Il libro è scritto in modo semplice e forse talvolta un po' ripetitivo nei concetti, ma credo si tratti soprattutto di un voler sottolineare, da parte dell'autrice, la propria verità contro le speculazioni della stampa che metteva in dubbio le modalità della prigionia e della liberazione, tirando in causa la “Sindrome di Stoccolma” per giustificare alcune dichiarazioni di Natascha.
Sorprende il distacco con il quale racconta le sevizie subite, quasi si tratti della lista della spesa al supermercato: forse l'unico modo per mettere fra sé e l'orrore il distacco necessario per sopravvivere.
Nel chiudere definitivamente il libro resta la meraviglia per l'incredibile forza d'animo e per il coraggio di questa bimba cresciuta attingendo energia solo da se stessa e grande rispetto, privo di compassione, che è proprio quello di cui Natascha sente il bisogno.
Le righe che seguono sono inserite nel libro, copiate da un diario che Natascha ha tenuto durante la prigionia.


[...]
“Mi ha presa a calci e picchiata più volte, anche sulla testa. Mi ha colpito sulle labbra a sangue, e una volta sul labbro inferiore si è formato un gonfiore grande come un pisello (leggermente bluastro). Un'altra volta mi ha picchiata fino a quando si è formata una tumefazione raggrinzita a destra, sotto la bocca. Inoltre ho anche un taglio (non ricordo più causato da cosa) sulla guancia destra. Una volta mi ha gettato una valigetta degli attrezzi sui piedi, la conseguenza sono stati degli ematomi estesi, verde pastello. Mi ha colpito più volte sul dorso delle mani con la chiave a forchetta o simili. Ho due ematomi simmetrici e nerastri sotto entrambe le scapole e lungo la spina dorsale.
Oggi mi ha dato un pugno sull'occhio destro, così che ho visto i lampi, e uno sull'orecchio destro, allora ho avvertito un dolore penetrante, un suono e uno scricchiolio. Poi ha continuato a colpirmi sulla testa.”
[...]

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