Dettagli Recensione
Prezzolini prega per noi italiani!
Ci ha insegnato che l’Italia è stupenda e ingessata, che bisogna essere colti ma corsari, che la cultura è una faccenda per chi ha i controcosi. Grazie a una biografia ne rileggiamo le opere e i giorni
Se è vero, come diceva Bertolt Brecht, che Cesare aveva conquistato le Gallie, ma non certo da solo, e che quindi, fuori di metafora, i grandi uomini non fanno la storia, senza l’apporto delle migliaia di comuni esseri umani, o che, come diceva Tolstoj, fra i grandi personaggi e gli eventi storici c’è lo stesso rapporto che c’è fra l’etichetta sul barattolo e il contenuto del barattolo stesso, è però anche vero che ci sono, nella storia, dei personaggi che riescono ad imporre la loro visione del mondo, sia perché godono di favorevoli situazioni storiche, sia perché si trovano nel posto giusto al momento giusto, sia perché sono dotati di un carattere più forte degli altri, in grado d’indirizzare, almeno in parte, gli eventi.
Giuseppe Prezzolini fu una di queste persone, e il suo influsso sulla cultura e sulla storia italiane è notevole e duraturo. Lui, con un po’ di autocompiacimento, si definì più volte l’inventore del personaggio Mussolini, e forse esagerava, ma è anche vero che al futuro dittatore, in un momento particolarmente oscuro della sua storia, un percorso di vita fu tracciato proprio da Prezzolini, dall’uomo, cioè, che con La voce aveva creato la prima grande rivista culturale italiana, riuscendo a svecchiare una cultura storicamente troppo accademica ed elitaria. Prezzolini poi fu uno dei pochi, se non dei pochissimi, a non sfruttare i benefici accumulati con un Mussolini divenuto “Duce”, emigrando verso gli Stati Uniti d’America, in un esilio volontario che per l’Italia dalla schiena sempre troppo flessibile rappresentò una vera rarità. Prezzolini, anche, fu il primo a sostenere l’“anti-italianità”, non per disprezzo nei confronti di una nazione che amava tantissimo, ma per rimarcare agl’Italiani quanti e quali fossero i loro difetti, che impedivano alla sua patria di ottenere quel posto di preminenza che l’arte, la cultura, il sapere italiani avrebbero meritato.
La vita, questione di stile
Di Prezzolini si occupa ora Gennaro Sangiuliano (è stato vicedirettore di Libero, ed è ora caporedattore in Rai), in un’ampia biografia, Giuseppe Prezzolini. L’anarchico conservatore (Mursia, Milano 2008, pp.502, e24,00). Il rischio delle biografie, soprattutto di personaggi assai impegnati nella storia e nella cultura, è quello di sfociare nel “colore”, termine assai noto a chi si occupa di giornalismo, tendenza a trasformare fatti e persone in aneddoti e macchiette, sottolineando magari episodi curiosi e trascurando l’analisi dei fatti e dei tempi. Fortunatamente, questo rischio non si corre col libro di Sangiuliano, che utilizza uno stile giornalistico nel senso migliore del termine, adoperando un italiano pulito ed essenziale, facilmente comprensibile ma non banale – come d’altronde faceva lo stesso Prezzolini – e soprattutto non si limita a raccontare la lunga ed operosa vita del grande giornalista, che giunse lucido e attivo al traguardo, nel 1982, dei cento anni di vita, ma analizza in modo critico il suo mondo, confrontando le riflessioni prezzoliniane con quelle del suo tempo, nel confronto-scontro con altri personaggi importanti, e lanciando delle idee destinate a sopravvivere alla lettura del libro stesso.
Dal punto di vista formale, lo spazio maggiore è dedicato agli anni giovanili di Prezzolini: ben quindici capitoli si occupano degli anni della giovinezza e della maturità, tre degli anni “americani” (dagli anni Trenta agli anni Sessanta), e due per la parte finale della vita di Prezzolini. Risulta così compressa una grande parte della vita del protagonista, ma bisogna anche riconoscere che, altrimenti, non sarebbe stato pubblicato un volume, ma un’enciclopedia, e che l’opera è già più che meritevole così com’è: in particolare, è lodevole l’iniziativa di dare ampio risalto alle riflessioni filosofico-culturali, destinate ad avere grande importanza nella storia culturale italiana, ed ancora oggi di notevole interesse. Ad esempio, nel capitolo sedicesimo, si racconta dell’esilio volontario di Prezzolini e del suo studio su Machiavelli, l’opera sua destinata ad avere maggior successo di pubblico.
Vediamone alcune righe. «[Prezzolini] rievocherà lo stato d’animo delle giornate trascorse in biblioteca a Parigi per le ricerche preparatorie sul libro: “Mi sentivo tutt’uno col povero Machiavelli che aveva capito troppe cose del mondo e solo se n’era rimasto in esilio”. Negli anni futuri questa biografia, tradotta in varie lingue, diventerà un grande successo editoriale, ristampata per decenni, anche postuma e venduta in decine di migliaia di copie. Giuseppe adopera volutamente un linguaggio “incisivo, arguto, chiaro e ricco di allusioni”, che farà storcere il naso agli studiosi di Machiavelli, ma ne determinerà la fortuna editoriale. In questo libro inventa un nuovo modo di raccontare la storia. “Girolamo Savonarola e i suoi seguaci detti Piagnoni erano una specie di democristiani in anticipazione”, scrive a proposito del predicatore, che si distingue per il suo “pacifismo belante”». Come si vede bene da questo passo, la narrazione di Sangiuliano è chiara e precisa, evidenziando così anche i legami fra Prezzolini e Montanelli, creatosi suo discepolo soprattutto nella grande opera editoriale della Storia d’Italia, realizzata da Montanelli con la collaborazione di Roberto Gervaso e di Mario Cervi, ma chiaramente ispirata dalla biografia di Machiavelli fatta da Prezzolini: il dettaglio modernizzante, come i Piagnoni “democristiani”, infatti, si troverà in tutte le opere storiche di Montanelli.
Cristo o Machiavelli?
Quello che mancò invece al giornalista di Fucecchio fu il rovello filosofico che permea tutta la produzione di Prezzolini. Esemplare, al riguardo, è Cristo e/o Machiavelli, uno dei testi più densi di tutta l’opera prezzoliniana, in cui il rapporto fra cristianità e laicità viene inizialmente visto come di irriducibile alterità, salvo poi recuperare, attraverso S. Agostino (un autore che Prezzolini studiò accuratamente), un possibile punto di contatto: un realismo pessimista. «Si può – scrive Prezzolini – essere cristiani e volere una guerra; ma non goderne». Allo stesso tempo Prezzolini, mostrando davvero di essere in grado di antivedere il futuro, sottolinea la pericolosità, per la Chiesa, di occuparsi troppo del sociale, perché così facendo rischierà di lasciarsi coinvolgere dalla «vendita all’incanto delle promesse politiche».
Anche in questi collegamenti con la più stringente attualità si mostra con chiarezza l’importanza, non solo storica, ma culturale nel più ampio senso, di Giuseppe Prezzolini, riportato in piena luce da questa bella biografia.
Paolo Turroni
"Il Domenicale"
5 luglio 2008
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