Dettagli Recensione
3096 giorni
I libri non si leggono mai per caso: essi rispondono ad una necessità profonda, un desiderio che spazia dallo svago alla riflessione più profonda; in questo caso, per me, questa semi-biografia è stata una sfida, una dura prova che ho cercato di vinecere. Ci sono, spesso, delle circostanze in cui esprimere il proprio dolore, piangere, diviene un imperativo, un mezzo per sentirsi come gli altri, per condividere le sofferenze; tuttavia, quando qualcuno non esplicita i propri sentimenti, viene definito "apatico", parola che spesso viene pronunciata quasi con disprezzo. Ebbene, forse i lettori di questa recensione non hanno capito cosa c'entra questo con il libro e propabilmente sono un po' confusi, ma questa premessa è indispensabile per capire ciò che questo scritto abbia sgnificato per me. Volevo capire se fossi veramente insensibile, distaccato sino a sembrare indifferente: è per questo che ho lettoo il libro, per vedere se fossi stato in grado di capire il dolore e di metabolizzarlo; è stato inevitabile. Perché la Kampusch si è confessata, in uno sfogo per capire e superare il passato. 3096 giorni è una storia dolorosa, dalla quale stracolma sia sofferenza sia liberazione una confessione necessaria e sofferta. Segregata, umiliata, picchiata e abusata, ma mai sconfitta o completamente sottomessa. Natascha non ha mai perso la sua dignità, non si è mai umiliata, a costo di essere quasi uccisa e letteralmente sfigurata. Nel leggere la storia della sua prigionia, qualsiasi distacco, qualsiasi atteggiamento anaffettivo scompare: subentrano rabbia, paura, incredulità e perfino terrore. Questo libro è molto peggiore di un trhiller, nemmeno nella mia più fervida immaginazione avrei potuto concepire scene di tale crudeltà. Ad un certo punto della lettura ho pensato" BASTA!, SMETTI DI RACCONTARE" (come se potessi bloccare le pagine e aver già finito il libro). Ma il male esiste, ci circonda, si concretizza ini un'inquietante normalità. Nonostante l' abbia terminato da poco, la mia mente ha già dimenticato le scene più crude, si è già protetta in un oblio sempre più denso. Durante la lettura mi sono visto estremamente debole, la mia volontà (in confronto a quella di Natascha) appare completamente annichilita. La Kampusch invece ricorda ancora tutto, nei dettagli, perchè il passato si supera, ma non scompare, le sue tracce si marchiano indelebilmente su di noi. Il libro può apparire inorganico in alcuni tratti, ma proprio perché è uno sfogo liberatorio, un flusso di coscienza che rompe gli schemi letterari e ci si pone spietatamente di fronte. Non si deve pensare, però, che il libro parli soltanto dei maltrattamenti: racconta anche le impressioni dell'autrice sulle azioni del rapitore (un'analisi psicologica quasi terrorizzante), i suoi appigli alla vita (i film, i libri, la radio) in un percorso drammatico necessario per non soccombere al rapitore. Poi Natascha racconta la fuga, l'apparente libertà e l'incomprensione della gente nei suoi confronti, senza però dimenticare il rapporto unico, oscillante tra affetto e rabbia, nei confronti del rapitore. Affetto, vi chiederete? Sì, perchè non si può "odiare colui che ti dà da mangiare". 3096 giorni scuote l'anima, la coscienza e ci fa un grande regalo: il dolore dell'autrice. Grazie ad esso possiamo riflettere e confrontarci con la realtà, possiamo aprirci e condividere emozioni e sentimenti. Forse questo commento può apparire un poco sconclusionato, ma anche quasto è uno sfogo, un fiume di riflessioni necessarie a metabolizzare il libro. Forse ciò che mi rimarrà di questa lettura, è il mio volto allibito, quando, dopo averlo terminato, ho sentito qualcuno lamentarsi perchè la cena ritardava di qualche minuto. Natascha è sopravvissuta senza cibo (o con qualche carota) interi giorni.
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Commenti
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L'ho letto non molto tempo fa e attraverso la tua recensione mi è sembrato di rivivere lo stordimento che ho provato in quei momenti.
Complimenti.....davvero.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti gli altri che mi erano probabilmente sfuggito
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